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Digital Crime. File-sharing di materiale pedopornografico: profili di reato

file sharing

L’impiego, assai frequente, di programmi di file-sharing per scaricare materiale pedopornografico pone alcune questioni giuridiche in ordine all’eventuale reato da contestare al soggetto agente ovvero se sia configurabile il delitto di distribuzione e diffusione (art.600-ter, III comma c.p.) o di detenzione (art.600-quater c.p.).

Per comprendere la portata di tali questioni occorre preliminarmente chiarire il funzionamento del file-sharing e tracciare i confini delle due fattispecie incriminatrici.

La rubrica #DigitalCrime, a cura di Paolo Galdieri, Avvocato e Docente di Informatica giuridica, alla LUISS di Roma, si occupa del cybercrime dal punto di vista normativo e legale.

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Quanto al primo tema, si tratta di programmi che consentono la condivisione del file all’atto del download ed in particolare anche di frammenti di esso man mano che gli stessi vengono scaricati.

In relazione alle norme citate, si ricorda come il reato di distribuzione e diffusione si configura quando il soggetto volontariamente mette a disposizione di un numero indeterminato di soggetti materiale pedopornografico, mentre il delitto di detenzione sussiste allorché l’agente consapevolmente scarica nel proprio computer tale materiale ben conoscendone la natura.

Orbene alla luce di tali precisazioni l’impiego di programmi di file -sharing comporterebbe in una prima fase, quella che consente lo scaricamento dell’intero file, la detenzione e successivamente, nel momento in cui si condivide all’esterno, la diffusione.

Fintanto che il file non è visionabile all’esterno, perché non interamente scaricato, non dovrebbe sussistere il delitto di divulgazione, non potendosi la volontà di diffondere presumersi dall’aver utilizzato un determinato programma, ne potendosi basare esclusivamente sulle conoscenze tecniche dell’autore dello scaricamento.

L’impiego di un programma, che al momento dell’avvio condivide automaticamente tutti i file che sono posti in download, non implica, infatti, di per sé la sussistenza del dolo della condotta di divulgazione di cui all’art. 600 -ter, III comma, del codice penale ( Cass. Sez. III, sent. n. 45922 /2014), essendo necessario provare che il soggetto abbia avuto, non solo la volontà di procurarsi materiale pedopornografico, ma anche la specifica volontà di distribuirlo, divulgarlo, diffonderlo o pubblicizzarlo, desumibile da elementi specifici e ulteriori rispetto al mero uso di un programma di file-sharing (Cass. Sez.III, sentenza n. 25711/ 2014; Cass. Sez. III, sent. n. 47820/2013).  Parimenti la volontà di divulgare non potrebbe essere desunta dall’esperienza e competenza tecnica del soggetto, dovendosi, invece, valutare il concreto comportamento tenuto dallo stesso (Cass. Sez. III, sentenza n. 11169/ 2008).

In casi di questo tipo potrebbe sussistere invece il delitto di cui all’art.600 – quater c.p., che sanziona non solo la detenzione, ma anche il “procurarsi”, sempre che vi sia la prova che l’autore della condotta abbia preliminarmente visionato seppur parzialmente il file e ciononostante abbia continuato nel download. Tale situazione si verifica allorquando l’immagine o il video vengano scaricate attivando la modalità anteprima che consente la visione parziale del file.

Si è precisato a tal riguardo che qualora il soggetto detenga (per di più nella cartella dei file temporanei) solo singoli pezzetti del file che si trova ancora in fase di scaricamento da terzi (e ancora non si sa se potrà o meno essere completato) potrà, almeno di solito presumersi soltanto una volontà corrispondente al comportamento che il soggetto in concreto sta tenendo, ossia appunto una volontà del soggetto di scaricare, ossia di procurarsi il file (art. 600 quater c.p.) e non anche una volontà di diffonderlo (Cass. Sez. III, sentenza n. 11169/ 2008). La volontà di procurarsi e detenere un file non può quindi far presumere una volontà di diffondere, poiché tale volontà deve risultare in modo certo, e fondarsi su elementi sicuri ed inequivoci, che non possono consistere nel solo fatto che il soggetto si stava procurando il file con un certo tipo di programma (Cass. Sez. III, sentenza n. 11169/ 2008).

Ne consegue che anche quando si ritenesse possibile una diffusione prima che il file sia stato completato ed inserito nella cartella dei file condivisi, e cioè quando esso, pur essendo già parzialmente leggibile, sia ancora in fase di scaricamento, l’esistenza del dolo esigerebbe comunque la prova rigorosa che il soggetto era consapevole che il programma avrebbe iniziato automaticamente la condivisione al raggiungimento di una certa dimensione del file. Non sarebbe quindi sufficiente che il soggetto abbia dimestichezza con i computer o conosca genericamente il programma in questione, occorrendo elementi tali da poter presumere che lo stesso sia a conoscenza anche di questa specifica funzione di condivisione automatica ( Cass. Sez. III, sentenza n. 11169/ 2008).

Il fatto, invece, che il file consapevolmente scaricato e condiviso non sia a sua volta oggetto di download da parte di alcuno non dovrebbe essere sufficiente a negare la sussistenza delitto di cui all’art.600- ter, III, richiedendo tale norma esclusivamente la consapevolezza e volontà di porre a disposizione di un numero indeterminato di soggetti materiale di sicuro contenuto pedopornografico (Cass. Sez. III, sentenza n. 11169/ 2008).

Discorso differente va fatto allorquando al soggetto venga imputato esclusivamente di aver iniziato il download di un file a contenuto pedopornografico senza aver attivato la modalità anteprima e senza, quindi, potersi dimostrare la consapevolezza di scaricare e condividere materiale avente ad oggetto minori. In questo caso, in assenza della dimostrazione della natura pedopornografica del file, non dovrebbe sussistere neanche il delitto di detenzione.

In circostanze del genere si tende, infatti, ad escludere la configurabilità del reato di divulgazione poiché l’insieme di frammenti che costituiscono parte – ancora incompleta – del file in download, non possono considerarsi materiale pornografico minorile, oggetto del reato di cui all’art. 600 ter c.p. (Cass. Sez. III, sent. n. 45922 /2014).

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