Questo articolo fa parte di una serie di scritti su come difendersi nel processo rispetto alle contestazioni di determinati crimini digitali. Per consultare tutti gli articoli dedicati al tema clicca qui.
Quando viene rinvenuto materiale pedopornografico all’interno di un computer o su un dispositivo mobile viene contestato il delitto di cui all’art. 600- quater c.p. , che punisce chi, consapevolmente, si procura o detiene materiale pornografico realizzato utilizzando minori degli anni diciotto.
Di fronte a tale contestazione diversi sono i profili che devono essere valutati in ambito difensivo.
In primo luogo occorre verificare se vi è certezza del fatto che si tratti di materiale riguardanti minori e che sia pornografico. A tal riguardo è bene ricordare che spetta all’accusa l’onere di dimostrare la minore età (Cass., Sez. III, n.5397/01). Quanto alla natura pedopornografica, la stessa è ritenuta tale quando si tratta di “rappresentazione di minore degli anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore di anni diciotto per scopi sessuali” (definizione introdotta dall’art. 4 della Legge 1 ottobre 2012,n.172).
In secondo luogo occorre verificare se le immagini sono state effettivamente rinvenute nel computer, se sono state invece rintracciate con appositi programmi, in quanto precedentemente cancellate, o se viceversa risultano semplicemente visionate dall’indagato senza essere state volontariamente scaricate.
Nelle prime due ipotesi il delitto sul piano oggettivo si è sicuramente consumato, nel terzo caso la rilevanza penale della condotta può essere messa in discussione considerato che, stando ad un primo orientamento giurisprudenziale, non sussisterebbero gli estremi di tale delitto, presupponendo lo stesso l’avvenuto scaricamento delle immagini sul proprio computer (Cass., Sez III, n. 39282/05), mentre per altro indirizzo il delitto sussisterebbe anche nelle ipotesi di semplice visione delle immagini contenute in un sito internet (Cass., Sez. III, n. 41570/07; Cass., Sez. III, n. 639/11).
Qualora il materiale sia stato scaricato occorre verificare che ciò sia avvenuto con la consapevolezza della natura del materiale e della volontà di detenerlo. Si può, quindi, sostenere l’insussistenza del delitto quando: le immagini vengono rinvenute esclusivamente nella cartella dei files temporanei (Trib. Pen. Perugia sent. n. 313/03 dell’8/07/03); il materiale rinvenuto su pc costituisca la mera traccia di una trascorsa consultazione del web, creata dai sistemi di salvataggio automatico del personal computer (Trib. Brescia sent. n. 1619 del 22/04/04); le immagini siano contenute all’interno di un file zippato o protetto da password e non vi sia la prova che lo stesso sia stato aperto e quindi visionato (Trib. Brescia sent. n. 1619 del 22/04/04); il materiale consiste in files incompleti, corrotti e non visionabili o comunque potenzialmente non fruibili per mezzo degli ordinari strumenti e competenze informatiche (Cass., Sez. III, n. 10491/14).
Nel caso di uno scaricamento del materiale seguito da cancellazione si potrebbe sostenere che il fatto non costituisce reato per difetto di dolo, affermando che il soggetto ha scaricato il materiale inconsapevole della sua natura, cancellandolo appena si è accorto che aveva contenuto pedopornografico. A tal riguardo, tuttavia, è stato affermato che integra il delitto di detenzione di materiale pedopornografico la cancellazione di files pedopornografici, scaricati da internet, mediante l’allocazione nel cestino del sistema operativo del personal computer, in quanto gli stessi restano comunque disponibili mediante la semplice riattivazione dell’accesso al file. (Cass., Sez. III, n. 639/010).
Nell’ipotesi in cui venga contestato anche il delitto di cessione (art.600- ter , IV comma) si può sostenere l’irrilevanza penale della detenzione perché in questo caso la stessa costituirebbe un antefatto non punibile. (Cass., Sez. III, n. 36364/08), poiché è ovvio che si cede qualcosa che si ha.
E’ poi importante prestare attenzione alla data di prescrizione. Considerato che si tratta di reato permanente, la prescrizione decorre dal momento del sequestro se le immagini sono ancora presenti (Cass., Sez. III, n. 29721/10) o dal giorno della cancellazione, in caso di loro non rinvenimento.