L’avvento delle piattaforme digitali abilita ciascuno di noi ad attingere informazioni da una moltitudine sterminata di fonti diverse. Tuttavia all’ampliamento dei canali e dei dispositivi comunicativi, non corrisponde un adeguato grado di informazione, di approfondimento e, in definitiva, di comprensione delle tematiche di attualità. In realtà quello che è cambiato negli ultimi anni non è soltanto la modalità ma soprattutto il nostro grado di attenzione alle informazioni a seguito dell’affermarsi dei social network che hanno trasformato la navigazione in Rete. Il web ha infatti cambiato pelle, passando da “accessibile” ad “inclusivo”; l’utente preferisce limitare la sua esperienza su Internet all’interno di uno spazio – quello dei social – ben circoscritto dal quale non ha più motivo e voglia di uscire.
Ma tra la moltitudine di mezzi di comunicazione di massa qual è quello che l’utente utilizza maggiormente? E tra questi da dove preferisce attingere informazioni? Per comprendere più a fondo tale fenomeno, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha effettuato un’analisi sui modelli di accesso all’informazione.
In particolare, l’Agcom ha compiuto un approfondito studio sul percorso che conduce il cittadino ad acquisire effettivamente l’informazione divulgata dai mezzi di comunicazione, indagando i moderni modelli di accesso e consumo dell’informazione, nonché i fattori che si rilevano capaci di incidere sugli stili di consumo.
Lo studio effettuato – che prende il nome di “Rapporto sul consumo di informazione” (disponibile su www.agcom.it) – è stato svolto sulla base dei risultati di un’indagine condotta nel 2017 da Gfk Italia per l’Autorità su un campione di oltre 14.000 individui rappresentativo della popolazione italiana.
Dal rapporto emerge che nel 2017, nella classifica dei mezzi di comunicazione più usati, la televisione appare ancora saldamente al primo posto raggiungendo, nel giorno medio, il 91,3% della popolazione. Segue la radio, che, con il 51,8% si colloca prima sia di internet che, comunque, presenta una frequenza di accesso pari al 49,7%, sia dei quotidiani (28,5%).
Da un’analisi più dettagliata nei vari momenti del giorno medio, emergono differenti modelli di fruizione del comportamento della popolazione rispetto all’esposizione ai mezzi di comunicazione (registrando un consumo medio giornaliero di 245 minuti). La televisione si trova quasi sempre al di sopra degli altri mezzi con picchi in determinate fasce orarie. Tale evidenza è più marcata nelle ore meridiane, tra le 12 e le 15 (con un valore massimo tra le 13 e le 14) e nelle ore serali, tra le 19 e le 23 (con il culmine tra le 21 e le 22). Di contro nella fascia mattutina, tra le 9 e le 12, la tv lascia il posto ad internet.
Il dato più interessante della ricerca rileva che la quasi totalità della popolazione italiana accede ai mezzi di comunicazione e oltre l’80% dei cittadini fruisce tutti i giorni dei media.
Tuttavia, l’accesso costituisce soltanto un “prerequisito” per approvvigionarsi di informazione. Affinché questa possa raggiungere un individuo è indispensabile che egli compia la scelta ulteriore di fruire i contenuti informativi messi a disposizione da tv, radio, quotidiani e internet, ossia che acceda ai media allo scopo di informarsi. Ebbene dal rapporto emerge che tra i vari mezzi è sempre la televisione ad avere il primato informativo (con 68,8%). Ma il dato più interessante è rappresentato dal secondo posto occupato da internet (41,8%) che distacca, e di tanto, sia la radio (24.6%) che i quotidiani (17.3%).
Un passaggio rilevante dello studio consiste nella riflessione e verifica della qualità dell’informazione; essa può essere riferita a parametri più semplici quali l’utilizzo effettivo dei contenuti, l’emergere di specifici modelli di fruizione, la crossmedialità e simultaneità delle piattaforme. Ebbene l’analisi Agcom su questo tema certifica che, da un lato, vi è un aumento dell’accesso dei cittadini alle fonti informative ma, dall’altro lato, accresce il rischio di un consumo superficiale e disattento.
Diventa quindi di centrale importanza difendere l’informazione attraverso una rinnovata capacità di analisi di dove si può cogliere oggi la gratificazione dei bisogni di news apparentemente disarticolata lungo il continuum comunicazione, rete, informazione. Senza una forte riflessione di questo genere, la crisi del giornalismo rischia di travolgere il fallimento degli studi sociali su come si trasforma il bisogno di informazione al tempo della transizione mainstream versus digitale. La vertenza è se oggi quel bene che in passato era percepito come sociale non cambi caratteristiche in un contesto ultraindividuale e non mediato.
In questo senso, l’Autorità ha di recente istituito un tavolo tecnico istituito con la (Delibera n. 423/17/CONS) con l’obiettivo di contrastare le strategie di disinformazione on-line attraverso il coinvolgimento di tutti gli stakeholders. L’intento, in quella sede, è quello di discutere e sperimentare forme di autoregolamentazione che riducano le patologie contemporanee come hate speech e le fake news, offrendo, dunque un percorso innovativo di attenzione alla qualità.