«Leggeremo sviluppi ogni giorno per le prossime due settimane», diceva il 20 aprile alla CNBC James Walton, responsabile della divisione dei business sportivi di Deloitte, a proposito della Superlega europea di calcio. Non sono passati nemmeno dieci giorni e la stessa Superlega – sfaldatasi solo poche ore dopo la dichiarazione di Walton – è quasi sparita dai giornali, tenuta in vita da voci di punizioni esemplari per questo o quello dei dodici team che l’avevano proposta, clausole in cui si impegna a non partecipare più a iniziative del genere pena la mancata iscrizione alle leghe nazionali, dichiarazioni un po’ tardive da parte di allenatori e calciatori. Poi più nulla, in quello che è stato uno degli episodi potenzialmente più sconvolgenti e al tempo stesso uno dei fallimenti più clamorosi del calcio moderno.
Gli artefici del mancato golpe al calcio
Ricapitoliamo: dopo che nella giornata del 18 aprile si erano diffuse le voci di un annuncio imminente di una Superlega privata dei top club europei, con 15 partecipanti fissi (12 già decisi, ovvero Real Madrid, Barcellona, Atletico Madrid, Juventus, Inter, Milan, Manchester City, Manchester United, Liverpool, Arsenal, Chelsea e Tottenham, e tre da trovare) e 5 a inviti ogni anno, sulle prime grazie a un accordo di tv streaming con DAZN, il comunicato è effettivamente arrivato in tarda serata. Un torneo parallelo alla Champions League, non alternativo – almeno nelle intenzioni dei fondatori – alle leghe nazionali (che però, secondo molti, si sarebbero svuotate di significato, con le squadre della SL molto più potenti delle altre dal punto di vista finanziario e al tempo stesso pronte a concentrare i loro sforzi soprattutto nel nuovo torneo) e in grado di porre rimedio ai bilanci sofferenti delle principali squadre d’Europa, mesi ancora più a dura prova dal Covid-19(ma nella maggior parte dei casi in rosso già da prima).
Il dietrofront
Immediata la reazione dell’UEFA e della FIFA, che hanno dichiarato inammissibile l’iniziativa, minacciato il divieto per i giocatori di squadre della SL di partecipare a competizione con le loro nazionali nonché paventato alle stesse squadre l’esclusione da Champions League ed Europa League, e infine incoraggiato le leghe dei vari Paesi europei a fare altrettanto, impedendo l’accesso ai campionati. Immediatamente il fronte delle squadre della Superlega ha cominciato a barcollare, e dopo una fortissima reazione negativa sia di molti tifosi che di media e istituzioni, una dopo l’altra – a partire dal Manchester City – si sono sfilate dal progetto lasciandolo di fatto un guscio vuoto (formalmente però ancora in piedi, in attesa di sviluppare eventuali nuove formule).
Le potenzialità del calcio in tv
Il flop ha fatto il giro del mondo e si sono sprecate le ironie su un progetto che aveva in Florentino Perez, presidente del Real Madrid, e Andrea Agnelli, sua controparte alla Juventus, i suoi principali ideatori e portavoce, e che evidentemente è stato assemblato con eccessiva fretta (forse per anticipare i piani, non a caso accelerati, di presentazione della nuova formula della Champions League da parte della UEFA) e senza coinvolgere né tifosi né allenatori né giocatori. Il dato di fondo, però, rimane: secondo i 12 club (e in molti, come il presidente del Barcellona Laporta, hanno continuato a dichiarare inevitabile una riforma del calcio europeo), la massima competizione d’Europa permette alle squadre di monetizzare assai poco rispetto al suo potenziale, e un torneo con solo club d’élite e partite di cartello ogni settimana attrarrebbe molti più spettatori, in particolare nell’ampio bacino di chi non è interessato più di tanto al calcio “minore” e/o proviene dai mercati più appetibili, come quelli asiatici. Il tutto senza contare che secondo i club della Superlega la UEFA, organo regolamentatore ma anche organizzatore, si prende una fetta troppo grande della torta.
Il valore dei diritti tv del calcio europeo
Insomma, i diritti televisivi (oltre all’inevitabile rafforzamento del brand e all’incremento connesso dei fatturati) appaiono ancora al centro della questione. Poche settimane dopo l’assegnazione a DAZN (che ha immediatamente dichiarato la sua estraneità alla Superlega, seguita da Amazon) dei diritti per la Serie A, un duro colpo per Sky, il calcio in tv è stato di nuovo protagonista. Inevitabile, dopo un anno e più di Covid e stadi vuoti, che ha obbligato i tifosi a seguire i propri beniamini solo sullo schermo (su SOSTariffe.it è sempre possibile scoprire le varie offerte attualmente disponibili per guardare le partite).
Progetto solo rimandato?
Ma di quanti soldi si parla? Il business, a guardare solo le cifre, appare fiorente, anche se per molti analisti il rapporto tra fatturato e tifosi mondiali non è paragonabile a quello di altri tornei in diversi sport, come NBA e NFL (non a caso leghe chiuse). Per la trasmissione delle partite di Champions League in Inghilterra, di gran lunga il mercato più ricco, BT Sportpaga 2,2 miliardi di dollari in tre anni, mentre come sappiamo DAZN ha pagato 3 miliardi per i diritti della Serie A – campionato sicuramente meno attraente della massima competizione europea – per lo stesso periodo di tempo; 5 miliardi per 5 anni è invece l’ammontare dei diritti per la Liga spagnola. Per molti, insomma, i soldi della Champions League sono pochi (2,4 miliardi di dollari l’anno) a fronte di quanto potrebbe fruttare la SuperLega, che aveva già strappato un congruo finanziamento da JP Morgan (che a sua volta si è poi dissociata dal progetto). Soprattutto è sufficiente un’annata storta in cui non ci si qualifica per peggiorare i bilanci in modo forse irrimediabile. Una lega chiusa, senza quindi rischi di retrocessione, come la NFL frutta invece la cifra di 10,3 miliardi di dollari ogni anno, più di quattro volte tanto, e sicuramente – per quanto l’appeal di eventi come il Superbowl sia enorme – i tifosi del football americano, al mondo, sono di meno di quelli di calcio.
Una simile iniezione di denaro, per i sostenitori del nuovo torneo, anche con l’aiuto di un salary cap per gli stipendi dei calciatori sanerebbe le casse in difficoltà per quella sorta di “corsa agli armamenti” perennemente in atto per accaparrarsi i grandi campioni; per gli oppositori, sarebbe invece solo un facile modo per rimediare a investimenti sbagliati e passi più lunghi della gamba, con l’esclusione di realtà considerate minori e che hanno però mostrato di poter mettere in crisi anche le grandi (si pensi alle ultime tre stagioni dell’Atalanta, o alla Premier vinta dal Leicester). In attesa di vedere se spunterà un nuovo progetto – la nuova formula della Champions League, effettivamente sulla carta piuttosto complessa, non ha suscitato grandi entusiasmi, almeno per ora – ci sono pochi dubbi sul fatto che un potenziale aumento del fatturato di questa portata smetterà di fare gola.
Fonti:
https://qz.com/1998582/how-much-tv-money-could-the-european-super-league-command/
https://www.statista.com/chart/15013/football-team-values-in-europe/