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Democrazia Futura. Video-sharing platforms: il quadro di recepimento italiano

Giovanni De Gregorio

Due giovani giuristi italiani, Giovanni De Gregorio, Postdoctoral Researcher, Centre for Socio-legal Studies, Università di Oxford, e Marco Bassini, professore associato di diritto costituzionale all’Università Bocconi di Milano e Partner DigitalMediaLaws, affrontano poi il tema “Video-sharing platforms: il quadro di recepimento italiano” ovvero “La regolamentazione delle piattaforme di condivisione video nel nuovo Testo Unico”.  “Nel quadro della strategia del Mercato Unico Digitale, la revisione della Direttiva Media Audiovisivi (SMAV) nel 2018 ha imposto agli Stati Membri l’introduzione di norme che potessero estendere la regolamentazione alle c.d. video-sharing platforms. Il rivisitato quadro giuridico tende in particolare a fornire regole che proteggano i minori e il pubblico dai contenuti nocivi e dai discorsi di incitamento all’odio. Di conseguenza, la “responsabilizzazione” delle piattaforme per la diffusione di tali contenuti costituisce un punto centrale del settore audiovisivo europeo” Di qui la descrizione de “Il quadro normativo e la sua ratio”: “con l’inclusione delle video-sharing platforms nel terreno regolamentato si è voluto ridurre il gap regolamentare e prevedere che determinate regole che avevano senz’altro senso anche per i prestatori di servizi di condivisione video fossero loro estese. È pero fondamentale mantenere ferma la distinzione tra le due categorie in questione, che resiste anche alle modifiche di cui si discute in questa sede” osservano De Gregorio e Bassini.

Marco Bassini

Segue un’analisi del principio de “Il paese d’origine alla prova delle piattaforme di video-sharing” “e ciò che esso comporta rispetto alla natura transnazionale di questi soggetti.” I due giuristi osservano come “si ritrova nel nuovo testo una trasposizione pressoché letterale che riproduce lo stesso sforzo ma su una scala diversa, quella appunto nazionale, individuando quali soggetti debbano ritenersi stabiliti e quindi assoggettati alla giurisdizione italiana. Questo sforzo viene però compiuto con un limite intrinseco, che non dipende dalla formulazione testuale ma da un dato fattuale: le piattaforme di video-sharing platforms sono spesso radicate anche da un punto di vista giurisdizionale in altri paesi” lasciando la “possibilità per l’autorità di controllo (AGCOM) di limitare la libera circolazione di programmi e video generati dagli utenti che siano veicolati da una piattaforma per la condivisione video e siano diretti al pubblico italiano”. Segue la descrizione nel nuovo Testo Unico de “Gli obblighi imposti ai prestatori di servizi di piattaforma di condivisione video”, in materia di “disposizioni a tutela dei minori”, “meccanismi di risoluzione delle controversie attinenti ai rapporti tra utenti e piattaforme […] che – chiariscono – verranno “definiti da un regolamento che sarà adottato da AGCOM entro 180 giorni dall’entrata in vigore del decreto. La stessa regola è prevista per le controversie tra utenti e fornitori di servizi di media audiovisivi che si rivolgono al pubblico italiano, sempre sulla base di un regolamento”.  Concludono sottolineando “che l’effettività delle misure discusse dipenderà in larga parte dalla capacità delle autorità nazionali di predisporre meccanismi di enforcement che permettano di tutelare le posizioni di utenti e piattaforme”.

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L’evoluzione del mercato audiovisivo nell’era digitale ha spinto verso nuove opportunità per lo sviluppo del settore. Nel quadro della strategia del Mercato Unico Digitale, la revisione della Direttiva Media Audiovisivi (SMAV) nel 2018 ha quindi imposto agli Stati Membri l’introduzione di norme che potessero estendere la regolamentazione alle c.d. video-sharing platforms. Il rivisitato quadro giuridico tende in particolare a fornire regole che proteggano i minori e il pubblico dai contenuti nocivi e dai discorsi di incitamento all’odio. Di conseguenza, la “responsabilizzazione” delle piattaforme per la diffusione di tali contenuti costituisce un punto centrale del settore audiovisivo europeo.

Il quadro normativo e la sua ratio

In Italia, la trasposizione delle modifiche alla Direttiva SMAV si è tradotta in un quadro piuttosto aderente all’impostazione europea in materia di video-sharing platforms. È noto che la ratio sottesa a questo intervento legislativo è quella di favorire un level playing field sotto il profilo regolamentare, dato che è ormai divenuto chiaro che i desideri di consumo degli utenti possono essere appagati in modo sostanzialmente concorrente da piattaforme di condivisione video e servizi di media audiovisivi. Le piattaforme di condivisione video sono diventate un’alternativa ai servizi media regolamentati dalla Direttiva SMAV.

Tuttavia, in quest’ottica occorre guardarsi da un possibile equivoco e ritenere che ci si trovi di fronte a un’equiparazione tra servizi di media audiovisivi e servizi di piattaforma di condivisione video. Ciò non è invero accaduto: con l’inclusione delle video-sharing platforms nel terreno regolamentato si è voluto ridurre il gap regolamentare e prevedere che determinate regole che avevano senz’altro senso anche per i prestatori di servizi di condivisione video fossero loro estese. È pero fondamentale mantenere ferma la distinzione tra le due categorie in questione, che resiste anche alle modifiche di cui si discute in questa sede.

Il paese d’origine alla prova delle piattaforme di video-sharing

Merita anzitutto soffermarsi su quello che appare come la premessa per la rilevanza di queste figure nel rinnovato quadro normativo: ossia il principio del paese di origine e ciò che esso comporta rispetto alla natura transnazionale di questi soggetti. Se si guarda alla direttiva, infatti, l’art. 28-bis estende chiaramente il suo ambito di applicazione cercando di allargare la portata della regolamentazione a soggetti che, come noto, hanno una vocazione transnazionale e spesso sono stabiliti al di fuori dell’Unione europea. Tali soggetti, pertanto, dovevano essere attratti nelle maglie della regolamentazione.

Questa impostazione “a cascata”, che si riproduce nel contesto italiano, era stata tracciata dalla direttiva SMAV con l’obiettivo di far sì che le proprie regole risultassero efficaci e catturassero nelle maglie della disciplina europea soggetti variamente localizzati. Infatti, si ritrova nel nuovo testo una trasposizione pressoché letterale che riproduce lo stesso sforzo ma su una scala diversa, quella appunto nazionale, individuando quali soggetti debbano ritenersi stabiliti e quindi assoggettati alla giurisdizione italiana.

Questo sforzo viene però compiuto con un limite intrinseco, che non dipende dalla formulazione testuale ma da un dato fattuale: le piattaforme di video-sharing platforms sono spesso radicate anche da un punto di vista giurisdizionale in altri paesi. Peraltro, quella oggetto di trasposizione è una direttiva, non un regolamento. Il fatto che la direttiva e le disposizioni interne di recepimento mantengano uno schema abbastanza aperto potrebbe concretizzare quel per cui le autorità ad avere “diritto di parola” e a poter regolare la materia saranno perlopiù quelle di alcuni stati dove per prime si sono stabilite e per hanno mosso i primi passi in Europa queste società. Il tutto produce riflessi importanti rispetto alla disciplina di contenuti che sono sensibili al grado di tutela della libertà di espressione locale: si pensi ai discorsi da odio. Sono temi molto differenti che ricevono una considerazione altrettanto eterogenea.

Un indice di questa preoccupazione sembra del resto emergere – forse volontariamente – dall’art. 41, comma 7, del nuovo Testo Unico, dove si allude alla possibilità per l’autorità di controllo (AGCOM) di limitare la libera circolazione di programmi e video generati dagli utenti che siano veicolati da una piattaforma per la condivisione video e siano diretti al pubblico italiano.

Nulla di problematico in sé, ma forse una norma che esprime la preoccupazione che il legislatore e le autorità italiane non riescano a estendere il loro controllo. Pare, questa, infatti una applicazione particolare di quanto si prevede all’art. 13, comma 14, del nuovo Testo Unico, che fa riferimento alla possibilità che, in caso di violazione dei principi fondamentali del sistema di servizi media audiovisivi, AGCOM potrà sospendere la ricezione o ritrasmissione anche di contenuti riconducibili a piattaforme di condivisione video. I principi fondamentali menzionati dal testo sono proprio quelli legati alla tutela della libertà di espressione, al divieto di discriminazione e alla prevenzione dei discorsi d’odio.

Tutto questo, tra l’altro, non trova un’esplicita previsione per quanto riguarda i servizi di condivisione video da parte della direttiva. Si tratta di un rilievo a prima lettura, ma pare evidente la preoccupazione latente del legislatore italiano.

Gli obblighi imposti ai prestatori di servizi di piattaforma di condivisione video

Un altro punto di vista attiene al quadro di responsabilità delle video-sharing platforms introdotto dalla riforma della Direttiva SMAV. Le piattaforme in questione sono esonerate da responsabilità per i contenuti pubblicati dagli utenti secondo le norme previste dalla Direttiva E-Commerce, e in futuro dal Digital Services Act (DSA), ma a queste previsioni si aggiungono ora obblighi ulteriori per il contrasto ai discorsi d’odio e ai contenuti di stampo terroristico nonché per la tutela dei minori.

Proprio su questo punto è utile sottolineare una nota di carattere aggiuntivo del recepimento italiano che sembra spingere verso il riconoscimento vincolante del Codice di autoregolamentazione media e minori anche in relazione alle video-sharing platforms. In particolare, l’art. 37 del testo prevede che i fornitori di servizi di media diffusi tramite qualsiasi canale o piattaforma sono obbligati a osservare le disposizioni a tutela dei minori previste dal Codice di autoregolamentazione media e minori. Un tale approccio tende quindi a introdurre una tutela rafforzata trasformando uno strumento di autoregolamentazione in una fonte di impegni vincolanti per le piattaforme.

Un punto nevralgico dell’implementazione in sede nazionale è poi costituito dai meccanismi di risoluzione delle controversie attinenti ai rapporti tra utenti e piattaforme. La versione del testo da ultimo approvata prevede la facoltà di ricorrere a procedure alternative e stragiudiziali, con la possibilità in ogni caso di ricorrere all’autorità giudiziaria.

Tali meccanismi saranno definiti da un regolamento che sarà adottato da AGCOM entro 180 giorni dall’entrata in vigore del decreto.

La stessa regola è prevista per le controversie tra utenti e fornitori di servizi di media audiovisivi che si rivolgono al pubblico italiano, sempre sulla base di un regolamento. In questo caso viene fornito qualche maggiore dettaglio attinente ai criteri a cui aspirano le procedure, in particolare trasparenza, non discriminazione e facile accesso nonché la garanzia di un’equa e tempestiva risoluzione delle controversie inerenti alle condizioni contrattuali o all’esecuzione dei contratti stipulati prevedendo altresì, in caso di disservizio, un sistema di indennizzo.

Tuttavia, i sistemi risultano diversi quando si guarda agli Stati membri che hanno recepito le modifiche alla Direttiva SMAV.

Sembra anche utile menzionare il caso tedesco: nel 2017, la Germania ha adottato il NetzDG, che già prima delle modifiche alla Direttiva SMAV, aveva introdotto un sistema di risoluzione stragiudiziale delle controversie tra piattaforme e utenti.

L’Austria ha adottato un sistema basato su un collegio arbitrale, a patto che l’utente abbia preventivamente contattato il fornitore della piattaforma e che le parti in causa non siano state in grado di raggiungere un accordo della controversia.

Tra gli altri esempi, è utile menzionare la Lituania, che ha adottato un quadro legislativo sul punto riconoscendo alla Commissione radiotelevisiva lituana la possibilità di appellarsi al tribunale nel caso di controversie tra utenti e piattaforme.

Video-sharing platforms e prospettive nazionali

Il nuovo quadro giuridico applicabile alle video-sharing platforms, così come introdotto dalla riforma della Direttiva SMAV, costituisce un punto centrale nella strategia dell’Unione europea di responsabilizzare maggiormente le piattaforme per i contenuti degli utenti, specialmente per quanto riguarda i contenuti d’odio. L’implementazione in sede nazionale sembra seguire questo percorso. Tuttavia, è opportuno sottolineare che l’effettività delle misure discusse dipenderà in larga parte dalla capacità delle autorità nazionali di predisporre meccanismi di enforcement che permettano di tutelare le posizioni di utenti e piattaforme. Come si è sottolineato nei paragrafi che precedono, solo alla prova dei fatti sarà possibile cogliere la capacità dei regolatori nazionali di perseguire efficacemente, nella pratica, queste ambizioni.

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