Dialogo

Democrazia Futura. Una settimana di fuoco (19-25 giugno 2023). Seconda parte

di Giampiero Gramaglia, giornalista, co-fondatore di Democrazia futura, già corrispondente a Washington e a Bruxelles |

La guerra fra propositi di contro- offensive, tentativi di mediazione e di marce su Mosca.

Giampiero Gramaglia

Nel secondo pezzo, sempre datato martedì 20 giugno, Gramaglia analizza la visita del segretario di Stato americano a Pechino: “Cina – Usa: Blinken a Pechino, prove di disgelo, ma nodi irrisolti”. “Cina e Stati Uniti d’America avviano prove di disgelo e di dialogo, se non ancora di intesa e di cooperazione, mesi dopo che la crisi del pallone sonda – o spia – cinese intercettato nei cieli dell’America del Nord all’inizio di febbraio 2023 aveva provocato una sorta di paralisi nei rapporti fra le Super-Potenze del XXI Secolo. La visita a Pechino del segretario di Stato statunitense Antony Blinken non ha risolto nessuno dei problemi sul tavolo, ma potrebbe rivelarsi un passo cruciale nel ripristinare relazioni corrette fra Washington e Pechino” – osserva il giornalista di Saluzzo. Alla vigilia della visita di Antony Blinken, il cui esito non era scontato – l’incontro con Xi Jinping non era neppure stato annunciato -, sia Washington che Pechino avevano smorzato le attese di passi avanti decisivi [,,,] Lo sforzo di allentare le tensioni e di “stabilizzare” le relazioni è comunque evidente; così come l’incertezza sull’esito del tentativo. Blinken era stato accolto dai media cinesi con espressioni di mancanza di fiducia verso gli Stati Uniti, accusati di essere gli unici responsabili del peggioramento dei rapporti bilaterali. Una schiarita sull’orizzonte Usa-Cina – conclude Gramaglia – può anche essere utile a Joe Biden in vista della campagna elettorale del 2024: i vantaggi di potenziali cooperazioni su temi globali, come il riscaldamento del clima, sono evidenti.

2. Cina – Usa: Blinken a Pechino, prove di disgelo, ma nodi irrisolti[1]

CIna e Stati Uniti d’America avviano prove di disgelo e di dialogo, se non ancora di intesa e di cooperazione, mesi dopo che la crisi del pallone sonda – o spia – cinese intercettato nei cieli dell’America del Nord all’inizio di febbraio 2023 aveva provocato una sorta di paralisi nei rapporti fra le Super-Potenze del XXI Secolo[2].

La visita a Pechino del segretario di Stato statunitense Antony Blinken non ha risolto nessuno dei problemi sul tavolo, ma potrebbe rivelarsi un passo cruciale nel ripristinare relazioni corrette fra Washington e Pechino. Nella sintesi del Washington Post, i rapporti Usa – Cina non sono più “in caduta libera”, ma quella che resta da percorrere “è una strada accidentata”.

Tra il 18 e il 19 giugno 2023, Blinken, il maggiore esponente dell’attuale Amministrazione americana a giungere in Cina, ha incontrato in successione tutto il gotha degli affari esteri cinesi, dal ministro Qin Gang al capo della diplomazia del Partito comunista Wang Yi al presidente Xi Jinping.

In un tweet, a fine visita, il segretario di Stato americano ha scritto:

“Ho avuto un colloquio franco, sostanziale e costruttivo con il presidente Xi… Abbiamo discusso di questioni importanti, inclusa la necessità di gestire i nostri rapporti in modo responsabile”.

Da Washington, gli fa eco il presidente Joe Biden:

Blinken in Cina “ha fatto un grande lavoro”; “Siamo sulla strada giusta”, pur se una svolta non c’è ancora stata – solo qualche piccola concessione reciproca -.

Un segretario di Stato statunitense mancava da Pechino da cinque anni: l’ultimo era stato Mike Pompeo, ‘falco’ trumpiano.

Nel lustro trascorso, il livello di confronto fra Stati Uniti e Cina s’è inasprito, su una gamma di temi: economia e commercio, tecnologia e sicurezza, Taiwan[3] e Ucraina, diritti umani e influenza geo-politica.

La crisi del pallone aveva portato i rapporti fra i due Paesi al punto più basso da parecchio tempi in qua – per alcuni, dallo stabilimento delle relazioni diplomatiche nel 1979 -: quasi ai ferri corti sulla conclamata amicizia tra Pechino e Mosca, anche dopo l’invasione dell’Ucraina, nonostante Xi Jinping abbia avviato un abbozzo di mediazione; come sull’ipotesi d’annessione con la forza di Taiwan e sugli sforzi di Washington di limitare la vendita di tecnologie d’avanguardia alla Cina.

Alla vigilia della visita di Antony Blinken, il cui esito non era scontato – l’incontro con Xi Jinping non era neppure stato annunciato -, sia Washington che Pechino avevano smorzato le attese di passi avanti decisivi. E resta da vedere se le relazioni decisamente fredde fra i due Paesi ne escano davvero ‘intiepidite’: un segnale potrebbe essere lo svolgimento, in un prossimo futuro, di un vertice fra i presidenti Xi Jinping e Biden, che finora si sono fisicamente visti solo a margine del G20 di Bali in Indonesia nel novembre 2022 (in quell’occasione, prospettarono un maggiore dialogo fra i due Paesi, che poi però non c’è stato)[4].

Lo sforzo di allentare le tensioni e di “stabilizzare” le relazioni è comunque evidente; così come l’incertezza sull’esito del tentativo. Blinken era stato accolto dai media cinesi con espressioni di mancanza di fiducia verso gli Stati Uniti, accusati di essere gli unici responsabili del peggioramento dei rapporti bilaterali.

Una schiarita sull’orizzonte Usa-Cina può anche essere utile a Joe Biden in vista della campagna elettorale del 2024: i vantaggi di potenziali cooperazioni su temi globali, come il riscaldamento del clima, sono evidenti.

55 ore a Pechino: i nodi che restano da sciogliere

Con assonanza cinematografica, qualcuno ha parlato delle 55 ore di Blinken a Pechino: un richiamo alla Rivolta dei Boxer del 1900, portata sullo schermo da Charlton Heston e David Niven. Blinken è stato accolto da Xi Jinping con tutti gli onori nella Grande Sala del Popolo in piazza Tienanmen, di solito riservata ai ricevimenti dei capi di Stato.

Concluso il colloquio, durato meno d’un’ora, Xi Jinping ha parlato di “progressi” e di “terreno comune”, auspicando una “stabilizzazione” dei rapporti.

Dal canto suo, Antony Blinken ha rilevato che “la diplomazia diretta” è il modo migliore per “difendere i propri interessi” e gestire “la concorrenza in modo responsabile”.

Ma nodi restano da sciogliere, anche perché

“non si può risolvere tutto con una sola conversazione. I progressi – ha chiarito Blinken – sono difficili, richiedono tempo”.

Washington auspica altri incontri strategici Fra Stati Uniti e Cina, protagoniste le segretarie al Tesoro Janet Yellen e al Commercio Gina Raimondo; con l’ambizione di pianificare entro la fine del 2023 un vertice tra Joe Biden e Xi Jinping, a margine, forse, del G20 in India in settembre o del vertice dell’Apec a San Francisco in novembre. Biden si dice ansioso di

“parlare delle legittime differenze che abbiamo, ma anche di come andare d’accordo”, gettando acqua sul fuoco di quello che aveva già definito “uno stupido pallone”: “Non credo che la dirigenza cinese sapesse dov’era, e che cosa c’era dentro … Penso che sia stato più imbarazzante che intenzionale”.

XI Jinping, dal canto suo, venerdì 16 aveva ricevuto da “vecchio amico”, e con tutti gli onori, il fondatore di Microsoft Bill Gates in quanto presidente dell’omonima fondazione filantropica.

Intanto, c’è il sì del ministro Qin a recarsi a Washington. Il ministro degli Esteri cinese ha avuto molte attenzioni per il suo omologo statunitense: tappeto rosso nella villa statale riccamente decorata negli antichi Giardini Diaoyutai di Pechino; fastoso ricevimento, stretta di mano davanti alle rispettive bandiere, senza però dichiarazioni ai reporter.

Questi alcuni dei nodi irrisolti.

Ucraina

Secondo Blinken, la Cina assicura che “non sta fornendo e non fornirà” armi alla Russia.

Tuttavia, Xi Jinping non condanna l’invasione dell’Ucraina operata dal presidente russo Vladimir Putin e c’è sempre il rischio che equipaggiamenti possano arrivare alle forze di Mosca da aziende private cinesi.

Taiwan

La posizione di Pechino resta che non c’è spazio per “compromessi o concessioni” sull’appartenenza dell’isola alla Cina. Washington, che ribadisce la politica dell’Unica Cina e conferma di “non appoggiare l’indipendenza dell’isola”, ma si oppone a cambiamenti “unilaterali dello status quo”. Gli Stati Uniti continuano a monitorare con preoccupazione le “azioni provocatorie cinesi nello Stretto” di Formosa.

Comunicazione militare

Uno degli obiettivi della missione era riavviare la comunicazione diretta tra le forze armate dei due Paesi per evitare “errori di valutazione”, specie dopo gli incidenti sfiorati tra aerei e navi militari sopra il Mar Cinese meridionale e nello Stretto di Formosa.

La Cina ha però respinto al mittente la proposta, dicendo che le sanzioni degli Stati Uniti d’America sono un ostacolo alla riapertura del dialogo. Poco s’è mosso pure sui fronti del commercio e delle violazioni cinesi dei diritti umani nello Xinjiang, in Tibet e a Hong Kong.

S’è invece concordato di

“incoraggiare l’espansione degli scambi culturali ed educativi, di discutere attivamente l’aumento dei voli passeggeri tra la Cina e gli Stati Uniti”, accogliere “più studenti, accademici e uomini d’affari nei rispettivi Paesi e di fornire a tale scopo supporto e assistenza”.

Acqua fresca, ma che aiuta a raffreddare relazioni incandescenti.


[1] Scritto per The Watcher Post, 20 giugno 2023. Cf. https://www.giampierogramaglia.eu/2023/06/20/cina-usa-blinken-a-pechino-prove-disgelo-nodi-irrisolti/.

[2] Giampiero Gramaglia, “Usa e Cina nel pallone: sorvolo e abbattimento inaspriscono tensioni”, Il Fatto Quotidiano, 5 febbraio 2023. Cf. https://www.giampierogramaglia.eu/2023/02/05/pallone-usa-cina-sorvolo-abbattimento/.

[3] Giampiero Gramaglia, “Usa-Cina: Biden in Asia sfida Xi su Taiwan, lancia Ipef, ‘carica’ Quad”, The Watcher Post, 26 maggio 2022. https://www.giampierogramaglia.eu/2022/05/26/usa-cina-biden-asia-taiwan-ipef-quad/.

[4] Giampiero Gramaglia, “L’escalation della guerra domina i lavori del G 20 di Bali”, Democrazia futura, II (8), ottobre-dicembre 2022, pp. 1013-1017. Cf. https://www.giampierogramaglia.eu/2022/11/17/g20-escalation-guerra-ucraina-domina-lavori/.

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