In un commento per Democrazia futura Giampiero Gramaglia analizza le reazioni occidentali alla proposta di pace cinese sostenuta da Mosca dopo l’incontro fra i due leader. L’ordine di arresto per Putin per deportazione di bambini da parte della Corte Penale internazionale potrebbe divenire un elemento della trattativa di pace. Tutto questo mentre l’Occidente alza il tiro, esprimendo dubbi sulla Cina e inviando all’Ucraina aerei, carri, munizioni all’uranio impoverito.
___________
Vladimir Putin e Xi Jinping dicono parole di pace, ma Putin non smette di fare la guerra in Ucraina. E Biden non dà loro corda:
Non ho finora sentito nulla che induca a pensare che il conflitto in Ucraina possa finire presto”. Volodymyr Zelenskyj aspetta una telefonata da Xi Jinping, dopo che il presidente cinese ha trascorso due giorni a Mosca con il collega russo, e ripropone il suo mantra, ricevendo a Kiev il premier giapponese Fumio Kishida: “Libereremo l’Ucraina fino all’ultimo metro”.
Xi Jinping, fresco di conferma al vertice dello Stato e del partito, arriva al Cremlino per discutere dell’amicizia e della cooperazione fra Cina e Russia, ma soprattutto per cercare di trovare una via d’uscita dalla guerra in Ucraina – né lui né Putin la chiamano così – e tratteggiare così i contorni d’un nuovo ordine mondiale. E’ la sua prima missione a Mosca dopo l’invasione dell’Ucraina ed è la prima all’estero dopo la conferma a capo dello Stato.
Nell’analisi di Vittoria Mazzieri di China Files, la visita di Xi Jinping a Mosca dimensiona la politica estera cinese: una visione multipolare con Pechino centrale nello scacchiere internazionale. Se gli Stati Uniti d’America parlano di “matrimonio di convenienza” tra Cina e Russia, per Mazzieri “non c’è dubbio che Pechino “abbia rafforzato la pretesa di proporsi come ‘potenza responsabile’, capace di mediare tra attori terzi”. Lo ha già dimostrato rivendicando come un proprio successo diplomatico l’accordo tra Iran e Arabia Saudita.
La risposta americana è, come minimo, diffidente. Quella europea farisaica: i leader dei 27 chiedono chiarimenti e restano sulle loro, invece di andare a vedere se quello di Pechino è un bluff o un poker. Per Washington, la Cina non è imparziale sulla guerra in Ucraina.
Per svolgere un ruolo costruttivo, la Cina dovrebbe sollecitare la Russia a mettere fine all’invasione. Ma è un dato di fatto che Pechino, dopo la conferma di Xi Jinping alla presidenza per un terzo mandato di cinque anni, è uscita dal guscio e s’è resa diplomaticamente attiva, come Stati Uniti e Unione europea le chiedevano da oltre un anno, ed è diventata – riconosce all’unisono la stampa
Qualificata statunitense – un attore più ambizioso sulla scena mondiale, “globale”.
“Lo sfoggio di unità anti-occidentale” che Vladimir Putin e X Xi Jinping fanno nel loro vertice non maschera – secondo il Washington Post – “un certo disagio” fra i due leader, che, però, non emerge dai testi pubblicati. A meno che – come fa la Associated Press – non lo si voglia cercare nel fatto che Putin s’è attenuto al protocollo nel ricevere Xi Jinping al Cremlino, senza andare ad attenderlo sulla porta alla fine del tappeto rosso.
Un po’ poco per leggere freddezza dove nei comunicati ufficiali c’è “imperitura amicizia”. Putin, alla cena di Stato, brinda “alle prospettive illimitate di cooperazione” fra Russia e Cina, che “agiscono in coordinamento”, rafforzando “partenariato globale” e “cooperazione strategica”. Ed è difficile interpretare la presenza nel menu del banchetto del ‘borsch’, zuppa a base di barbabietole, che è una specialità ucraina: ‘occupazione’ gastronomica o segnale che ‘una zuppa, un popolo’?
L’Occidente resta scettico sul percorso verso la pace in Ucraina abbozzato dalla Cina e condiviso dalla Russia. E l’Amministrazione Biden considera l’incontro a Mosca tra Putin e Xi alla stregua d’una “copertura diplomatica”, 48 ore dopo che il leader russo è stato colpito da un mandato d’arresto della Corte penale internazionale (Cpi) dell’Aja.
Ma anche per gli Stati Uniti, quelli appena trascorsi, sono stati giorni imbarazzanti: lunedì 20 marzo 2023 era, infatti, il 20° anniversario dell’invasione dell’Iraq, un Paese aggredito senza mai avere attaccato gli Stati Uniti d’America e senza costituire una minaccia per Washington. Risultato: una guerra con centinaia di migliaia di vittime e che durò quasi 15 anni – le truppe occidentali completarono il loro ritiro nel 2017 -; moti d’insurrezione contro l’occupazione e scontri intestini fra sciiti e sunniti; orrori, come le torture nel carcere di Abu Ghraib; attentati in Europa; e la nascita dell’Isis. “Senza, peraltro, fare dell’Iraq – come ho scritto in un altro pezzo – una Svezia della Mesopotamia”. Per i paladini del rispetto del diritto internazionale, un precedente del genere è scomodo.
L’ordine di arresto per Putin per deportazione di bambini
La Corte dell’Aja ordina l’arresto di Vladimir Putin, presunto responsabile di deportazione illegale di bambini e trasferimento illegale di bambini dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia: crimini di guerra. Un ordine di arresto è stato spiccato anche nei confronti di Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini presso il Cremlino. I reati contestati sarebbero stati commessi nel territorio occupato ucraino a partire dal 24 febbraio 2022.
Il procuratore generale ucraino Andrij Kostin esprime “personale gratitudine” al procuratore dell’Aja Karim Khan: “Abbiamo condiviso oltre 40 volumi di fascicoli e 1000 pagine di prove”.
Gli inquirenti della Corte penale internazionale hanno
“fondati motivi per ritenere che Putin abbia la responsabilità penale individuale per i suddetti crimini, per averli direttamente commessi e per mancato controllo sui subordinati civili e militari che li hanno commessi”.
I mandati di cattura sono stati emessi dopo le istanze di accusa presentate il 22 febbraio 2023, a un anno esatto dall’inizio dell’invasione russa, e sono stati tenuti segreti fino al 17 marzo “per proteggere vittime e testimoni e tutelare le indagini”.
A parte l’impatto mediatico e l’imbarazzo diplomatico, è improbabile che l’iniziativa abbia a breve conseguenze concrete: il mandato della Corte penale internazionale, che non è riconosciuta né da Mosca né da Pechino, ma neppure da Washington e da Kiev, potrebbe forse divenire, a suo tempo, un elemento della trattativa di pace.
Forse anche in risposta al passo dell’Aja, Putin, sabato 19 e domenica 20 marzo 2023, alla vigilia della visita di Xi Jinping, va, per la prima volta, nel Donbass occupato e a Mariupol, per mostrare fiducia e sicurezza. Le poche immagini fornite suggeriscono, in realtà, cautela e circospezione: comparsate notturne, niente bagni di folla, incontri rarefatti.
Cina e Russia, partnership economico-energetica e per un nuovo ordine mondiale
Al termine del loro vertice, Putin e Xi firmano una dichiarazione congiunta “sull’approfondimento del partenariato strategico globale di coordinamento dei due Paesi per la nuova era”, cioè verso un ‘nuovo ordine mondiale’ che Mosca e Pechino auspicano non ‘a trazione americana’.
Se il faccia a faccia di lunedì 21 marzo è stato soprattutto centrato sulla crisi in Ucraina, le riunioni allargate di martedì 22 marzo sono state centrate sulla cooperazione economica tra i due Paesi, che comprende anche l’energia. E Xi Jinping ha invitato Putin a recarsi in Cina per partecipare al terzo Forum Belt and Road, la Nuova Via della Seta, per la cooperazione internazionale che si terrà entro fine 2023.
“Il piano di pace della Cina può essere preso come base per un accordo di pace in Ucraina quando l’Occidente e Kiev saranno pronti”, dice Vladimir Putin.
La Cina “favorisce la pace e il dialogo per risolvere il conflitto in Ucraina”, gli fa eco Xi Jinping.
Le parole dal Cremlino dei due leader grondano apertura e speranza, a quasi tredici mesi dall’inizio dell’invasione, ma restano vaghe e generiche.
La risposta di Kiev, sulla falsariga di quanto aveva già ‘suggerito’ Washington lunedì 21 marzo, è negativa: “L’Ucraina è contraria ad un cessate il fuoco perché ciò significherebbe protrarre il conflitto” – fa dire al suo portavoce Mikhailo Podolyak il presidente Volodymyr Zelenskyj -, perché “una tregua lascerebbe una guerra non finita bruciare nel cuore d’Europa”. John Kirby, portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, usa parole analoghe: una tregua “ratificherebbe le conquiste dei russi e darebbe loro tempo e modo di preparare” una nuova offensiva.
Il leader ucraino, in una conferenza stampa congiunta con il premier nipponico Fumio Kishida, dice di aver “invitato” la Cina al dialogo sulla base d’un suo piano di pace e d’aspettare “una risposta”: la telefonata di Xi Jinping a Volodymyr Zelenskyj è nell’aria.
“Abbiamo proposto a Pechino di diventare un partner nell’attuare la formula di pace … Abbiamo ricevuto segnali, ma niente di concreto…”.
Russia e Cina “si oppongono a sanzioni unilaterali non autorizzate dal Consiglio di Sicurezza Onu“, che non ne ha varate – le misure in atto sono decisioni sovrane di Stati Uniti d’America, Unione europea e altri Paesi -. La ricetta, ancora senza dettagli, per risolvere la crisi ucraina prevede di
“rispettare le legittime preoccupazioni di sicurezza di tutti i Paesi, prevenire scontri tra blocchi ed evitare di alimentare il fuoco”.
L’Occidente alza il tiro: dubbi su Cina, aerei, carri, munizioni all’uranio impoverito
La pace – chiosa la portavoce del Ministero degli Esteri cinese Hua Chunying –
“deve essere cercata con negoziati e un dialogo responsabile”, previo stop a tutte le mosse che portano tensioni e protraggono gli scontri, per evitare che “la crisi peggiori o addirittura vada fuori controllo”.
Invece, si va in direzione opposta.
Il New York Times documenta che la Cina ha venduto alla Russia droni e loro componenti per oltre 12 milioni di dollari dall’invasione dell’Ucraina: fra i fornitori cinesi di Mosca, c’è anche una società con una filiale in Italia.
“È difficile stabilire se i droni cinesi contengano tecnologie statunitensi che violerebbero le sanzioni o se siano legali”, scrive il giornale: le esportazioni “sono spesso effettuate tramite piccoli intermediari”.
Pechino ribadisce di non avere mai fornito armi a Mosca e ammonisce gli Stati Uniti d’America “a non puntare il dito”.
Washington, intanto, accelera le consegne all’Ucraina di tank Abrams, optando per gli M1A1, vecchio modello ricondizionato, che possono arrivare a Kiev in otto-dieci mesi. Il progetto iniziale era quello di inviare 31 nuovi M1A2, che avrebbero però richiesto uno o due anni tra assemblaggio e consegna. Gli M1A1 possono essere presi dalle scorte e per gli ucraini sarà più facile manovrarli.
La Germania, dal canto suo, consegnerà a Kiev carri armati Leopard e corazzati Marder entro fine marzo 2023, come promesso. Secondo il generale Christian Freuding, capo dello staff speciale per l’Ucraina presso il Ministero della Difesa tedesco, questi mezzi “faranno la differenza”: le forze di Kiev avranno la possibilità di “riprendere l’iniziativa” e lanciare una controffensiva, anche se non subito, ma “nei prossimi mesi”.
Quanto ai sistemi di difesa missilistica Patriot, due, uno americano e l’altro costruito in Germania, saranno installati in Ucraina nel corso di questa primavera 2023. 65 soldati ucraini stanno ultimando l’addestramento a Fort Skill, in Oklahoma, prima di un ulteriore training in Europa.
L’’escalation del coinvolgimento nel conflitto di Paesi Nato nel conflitto comprende la fornitura all’Ucraina di Mig-29 sovietici da parte della Slovacchia – 13 – e della Polonia – quattro -.
Gli Stati Uniti d’America hanno anche allestito un altro pacchetto – è il trentaquattresimo – di aiuti militari all’Ucraina per 350 milioni di dollari: vi sono munizioni per gli Himars e gli Howitzers già forniti da Washington a Kiev, così come munizioni per i veicoli di fanteria da combattimento Bradley, missili Harm, armi anticarro, imbarcazioni fluviali e altre attrezzature -. E l’Unione europea approva il piano per dare più munizioni all’Ucraina.
Poi, c’è la questione dei proiettili britannici a uranio impoverito, che salta fuori inopinatamente durante un battito alla Camera dei Lord: sono munizioni anticarro perforanti ad alto potenziale e saranno in dotazione ai carri armati Challenger 2 promessi a Kiev.
La reazione di Mosca è aspra: se sarà così, “non c’è dubbio che finirà male” per Londra, dice il ministro gli Esteri Sergej Lavrov.
“Gli occidentali hanno completamente perso il senso dell’orientamento riguardo alle loro azioni e al modo in cui minano la stabilità strategica in tutto il Mondo”.
Per il ministro della Difesa Sergej Shoigu, “lo scontro nucleare è a pochi passi”, anche se l’uranio impoverito non è un’arma nucleare.