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Democrazia Futura. Tregue di quattro ore per esodo e aiuti, assedio al cuore di Gaza City

di Giampiero Gramaglia, giornalista, co-fondatore di Democrazia futura, già corrispondente a Washington e a Bruxelles |

Tra immagini di scenari apocalittici e speranze di risultati nei negoziati, il punto sul conflitto israelo-palestinese di Giampiero Gramaglia.

Giampiero Gramaglia

Nel quarto contributo “Tregue di quattro ore per esodo e aiuti, assedio al cuore di Gaza City[1]”, datato 11 novembre, Giampiero Gramaglia “Tra immagini di scenari apocalittici e speranze di risultati nei negoziati” descrive le misure per consentire l’evacuazione dei civili e facilitare il flusso degli aiuti umanitari “Restano invece senza sbocco, almeno per il momento, i negoziati in corso, su tavoli e con mediatori diversi, per la liberazione degli ostaggi o almeno d’una parte di essi, in cambio d’un cessate-il-fuoco o del rilascio di detenuti palestinesi. Sul terreno, continuano bombardamenti e combattimenti. A Gaza City, l’esercito israeliano – continua Gramaglia prosegue l’opera di individuazione e distruzione dei tunnel dove si rifugiano comandanti e miliziani di Hamas, anche intorno e sotto le strutture sanitarie”. L’articolo prosegue cercando di chiarire “Perché il fattore tempo gioca contro Israele… malgrado l’esercito israeliano progetti di restare a Gaza per almeno un anno”.  Al riguardo l’ex direttore dell’Ansa osserva come “il premier d’Israele pensa ad assumere il controllo della Striscia, almeno per un certo tempo; il presidente degli Stati Uniti vorrebbe affidarne la gestione all’Autorità nazionale palestinese (Anp), che già governa i Territori. Numerosi osservatori non considerano né l’una né l’altra una buona soluzione”.

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Israele accetta di rispettare tregue di quattro ore ogni giorno nel nord della Striscia di Gaza: devono consentire l’evacuazione di civili, che a decine di migliaia fuggono dalla zona dei combattimenti e muovono a sud, molti in attesa di varcare il varco di Rafah, e facilitare il flusso di aiuti umanitari. Nella sola giornata di giovedì 9 novembre, 80 mila persone avrebbero profittato di un corridoio d’evacuazione dal Nord al Sud della Striscia – erano state 50 mila la vigilia-. Sono cifre di fonte palestinese, che non possono essere verificate in modo indipendente. Ma le immagini delle tv internazionali mostrano fiumane di gente in cammino da nord a sud in scenari apocalittici.

L’annuncio, dato dalla Casa Bianca, non trova però riscontro alla lettera nei comunicati israeliani, dove, comunque, c’è il via libera a pause nei combattimenti e all’incremento degli aiuti alla popolazione della Striscia, dove continuano a scarseggiare viveri e medicinali, oltre che l’energia.

Restano invece senza sbocco, almeno per il momento, i negoziati in corso, su tavoli e con mediatori diversi, per la liberazione degli ostaggi o almeno d’una parte di essi, in cambio d’un cessate-il-fuoco o del rilascio di detenuti palestinesi.

Sul terreno, continuano bombardamenti e combattimenti. A Gaza City, l’esercito israeliano prosegue l’opera di individuazione e distruzione dei tunnel dove si rifugiano comandanti e miliziani di Hamas, anche intorno e sotto le strutture sanitarie: “Accerchiamo il cuore del nemico”, dicono fonti militari citate dalla Cnn.

Gli scontri sono cruenti: un raid israeliano vicino alla scuola Al-Buraq di Gaza City avrebbe fatto 50 morti civili. L’ospedale di al-Shifa è un epicentro delle operazioni: per Israele, Hamas, che vi avrebbe il suo comando centrale, impedisce l’evacuazione dei ricoverati, che invece sta avvenendo in altri ospedali. Uno dei terroristi catturati il 7 ottobre avrebbe detto che nei sotterranei di al-Shifa si nascondono “il leader di Hamas Yahya Sinwar e altri comandanti senior, sia militari che politici”.

La CisGiordania e il confine con il Libano restano teatro di incidenti e scaramucce. E il bilancio delle vittime ineluttabilmente s’aggrava, supera nella Striscia le 11 mila, specie donne e bambini.

E, intanto, lontano dagli occhi dei media, ‘distratti ‘ dal conflitto in Medio Oriente, in quella che è ormai divenuta “l’altra guerra”, l’Ucraina prova a ripartire all’offensiva contro le truppe russe e colpisce nel Mar Nero, mentre il presidente russo Vladimir Putin, impegnato a esibire sicurezza e sicumera, visita Paesi dell’ex Unione Sovietica e va al quartier generale delle forze russe impegnate in Ucraina, a Rostov-sul-Don.

Perché il fattore tempo gioca contro Israele …

Analisti americani osservano che, con la guerra giunta alla fine della quinta settimana, il tempo gioca contro Israele, specie contro il premier Benjamin Netanyahu: una parte dell’opinione pubblica israeliana si aspettava che la vittoria su Hamas fosse più rapida; un’altra parte dà, invece, priorità alla liberazione degli ostaggi, che non è ancora avvenuta.

Anche sul piano internazionale, il tempo gioca contro Israele, perché logora il ricordo dell’orrore degli attacchi terroristici di Hamas contro i civili israeliani il 7 ottobre – 1400 circa le vittime, riduce la tolleranza per le modalità di reazione indiscriminate israeliane, ferma restando la condanna della barbarie di Hamas e aumenta il rischio di contagio nella Regione.

In visita in India, il segretario di Stato statunitense Antony Blinken dice:

“Troppi palestinesi sono stati uccisi, troppi hanno sofferto in queste ultime settimane”.

E l’Iran dà per scontata una guerra più vasta tra Israele e Paesi islamici.

L’aspetto solo punitivo dell’azione israeliana è criticato, sia politicamente che militarmente, mentre le Nazioni Unite e altri organismi internazionali denunciano le violazioni del diritto internazionale implicite nei bombardamenti israeliani, che secondo alcuni possono configurare crimini di guerra.

…. malgrado l’esercito israeliano progetti di restare a Gaza per almeno un anno

Ma fonti di stampa israeliane dicono che le forze armate israeliano progettano di combattere a Gaza per un anno: Times of Israel, che cita Channel 12, riferisce indiscrezioni secondo cui l’esercito si sta

“preparando a un periodo di un anno di combattimenti… in diverse aree… con metodi diversi…, per arrivare alla quarta fase di questa guerra: l’insediamento a Gaza di un nuovo governo che non sia Hamas e non sia sostenuto dagli iraniani”.

Anche questa quarta fase, però, è oggetto di contrasti fra Netanyahu e Joe Biden: il premier d’Israele pensa ad assumere il controllo della Striscia, almeno per un certo tempo; il presidente degli Stati Uniti vorrebbe affidarne la gestione all’Autorità nazionale palestinese (Anp), che già governa i Territori. Numerosi osservatori non considerano né l’una né l’altra una buona soluzione.

Il presidente Anp Abu Mazen rivendica un ruolo:

“Gaza è parte integrante dello Stato di Palestina e ci assumeremo le nostre responsabilità in una soluzione politica globale per CisGiordania, Striscia, Gerusalemme est”.

Netanyahu dice: “Non ci affideremo a forze internazionali”.

Gli aiuti umanitari

Neppure il via libera alle pause umanitarie, tra l’altro non concordate su base di reciprocità, ma unilaterali e quindi di dubbia utilità, non azzera i dissensi tra Amministrazione statunitense e governo israeliano, mentre la diplomazia mondiale, più che sul fronte della pace, è impegnata su quello della riduzione delle sofferenze dei civili.

Dopo la riunione di coordinamento degli interventi umanitari, svoltasi giovedì a Parigi su input della Francia, a Riad, per iniziativa dell’Arabia saudita, la Lega araba si incontra con le organizzazioni umanitarie del mondo islamico.

L’Unione europea continua a lavorare 24 ore su 24 per convogliare verso Gaza assistenza umanitaria. Altri sei voli del ponte aereo umanitario europeo sono partiti da Brindisi con 55 tonnellate di articoli donati dall’Unione europea al Programma alimentare mondiale. Il carico comprende, fra l’altro, un’unità mobile di stoccaggio, forniture della catena del freddo e altri articoli che aumenteranno la capacità delle organizzazioni umanitarie di garantire un intervento più efficiente a favore della popolazione palestinese.

Altri tre voli dovrebbero partire a metà novembre da Bucarest con materiale per alloggi d’emergenza, come tende e materassi, donati dalla Romania. Il sesto volo partirà da Ostenda verso la fine del mese di novembre, con forniture donate dalle agenzie delle Nazioni Unite e da altri partner umanitari.

Tenui speranze diplomatiche si appuntano sul Vertice dell’Apec organizzato a San Francisco dal 12 al 18 novembre nel corso del quale è previsto un incontro tra Joe Biden e il presidente cinese Xi Jinping. Ma non è detto si parli di Israele e di Hamas.


[1] Scritto per The Watcher Post , 11 novembre 2023. Cf. https://www.giampierogramaglia.eu/2023/11/11/israele-hamas-tregue-assedio/.

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