Concludiamo le anticipazioni su Key4biz del terzo numero estivo di Democrazia Futura con il Glossario alla fine di ogni fascicolo contenente “La parola chiave” “Semestre bianco” per capire la fase politica apertasi all’inizio di agosto, scritta da un giovane docente di Istituzioni di Diritto pubblico, Massimiliano Malvicini. “Con “semestre bianco” si indica il periodo di tempo nel quale il Presidente della Repubblica non può esercitare il potere di scioglimento delle Camere negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che esso coincida – in tutto o in parte – col termine di scadenza naturale della legislatura (art. 88, c. 2 Cost.). Il semestre bianco rappresenta una limitazione al potere di scioglimento delle Camere, con cui il Presidente risolve l’eventuale paralisi concernente la formazione del Governo mediante le elezioni anticipate. […]. “il semestre bianco – chiarisce subito il giovane studioso di diritto pubblico – risponde alla necessità di evitare che il Capo dello Stato possa essere tentato di sciogliere una o entrambe le Camere per favorire, in vario modo, la sua rielezione”. Analizzando poi il “ruolo del Presidente della Repubblica all’interno del nostro ordinamento costituzionale” Malvicini osserva come “ rispetto alle impostazioni del periodo costituente, contraddistinte dal timore di favorire il ritorno di figure monocratiche potenzialmente capaci di alterare l’equilibrio tra i poteri, il Presidente della Repubblica è oggi riconosciuto come una figura cardine del sistema politico-istituzionale che è dotata di un campo di azione elastico, che muta al variare della forza sistema partitico (secondo l’immagine di Giuliano Amato, e richiamata da Gianfranco Pasquino, il ruolo del Presidente della Repubblica è assimilabile a quello di una fisarmonica: maggiore è la forza dei partiti, minore è lo spazio per l’intervento presidenziale e viceversa). Così, anche alla luce dell’autorevolezza delle figure che si sono avvicendate al Quirinale e alla destrutturazione del sistema dei partiti,- aggiunge Malvicini – la flessibilità con cui ciascun Presidente può esercitare il suo ruolo di garanzia costituzionale, atteggiandosi a metronomo della dinamica tra Parlamento, Governo e forze politiche, è considerata un tassello fondamentale della nostra forma di governo”. Riprenderemo le pubblicazioni degli articoli di Democrazia futura il 2 settembre. Nel frattempo auguriamo a tutti i lettori serene vacanze.
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Con “semestre bianco” si indica il periodo di tempo nel quale il Presidente della Repubblica non può esercitare il potere di scioglimento delle Camere negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che esso coincida – in tutto o in parte – col termine di scadenza naturale della legislatura (art. 88, c. 2 Cost.).
Il semestre bianco rappresenta una limitazione al potere di scioglimento delle Camere, con cui il Presidente risolve l’eventuale paralisi concernente la formazione del Governo mediante le elezioni anticipate.
A differenza del dettato statutario, ove il potere di scioglimento era attributo al Re senza particolari limiti (cfr. art 9 dello Statuto Albertino «Il Re convoca in ogni anno le due Camere: può prorogarne le sessioni, e disciogliere quella dei Deputati; ma in quest’ultimo caso ne convoca un’altra nel termine di quattro mesi»), nella Costituzione repubblicana questa attribuzione è associata ad una serie di vincoli: la doverosità per il Capo dello Stato di acquisire il parere (non vincolante) dei presidenti delle due Camere prima di operare l’eventuale scioglimento; più in generale, la necessità che ogni atto presidenziale sia controfirmato da un membro del governo per essere valido.
Ciò premesso, il semestre bianco risponde alla necessità di evitare che il Capo dello Stato possa essere tentato di sciogliere una o entrambe le Camere per favorire, in vario modo, la sua rielezione.
Paradigmatico, in tal senso, il parere espresso dall’on. Renzo Laconi durante i lavori dell’Assemblea Costituente: «Se noi a questo punto non stabilissimo un certo limite nella facoltà del Presidente riguardo allo scioglimento delle Camere, il Presidente della Repubblica avrebbe la possibilità di fare un piccolo colpo di stato legale, e cioè potrebbe sciogliere le Camere per avere prorogati i poteri e avvalersi di questo potere prorogato per influenzare le nuove elezioni» (1).
Questa interpretazione ha permeato le numerose discussioni sulla possibilità di riformare il testo della nostra Carta fondamentale da un lato introducendo il principio della non immeditata rieleggibilità del Presidente della Repubblica e, dall’altro, eliminando proprio l’istituto ex art. 88, c. 2 Cost. Assai significativo, in tal senso, il messaggio alle Camere del 17 settembre 1963 del Presidente Antonio Segni (2): «La nostra Costituzione non ha creduto di stabilire il principio della non immediata rieleggibilità del Presidente della Repubblica, ma mi sembra opportuno che tale principio sia introdotto nella Costituzione, essendo il periodo di sette anni sufficiente a garantire una continuità nell’azione dello Stato. […] Una volta disposta la non rieleggibilità del Presidente, si potrà anche abrogare la disposizione dell’articolo 88 comma 2 della Costituzione»), al quale di recente si è richiamato anche il Presidente Sergio Mattarella (3).
Ad ogni modo, con il passare degli anni il semestre bianco è stato oggetto di alcuni orientamenti critici.
In primo luogo, limitandosi a stabilire che il Presidente non avrebbe potuto esercitare il suo potere di scioglimento «negli ultimi sei mesi del suo mandato», la versione originaria dell’art. 88, c. 2 Cost. è stata giudicata negativamente perché non avrebbe fornito alcuna coordinata interpretativa per far fronte ai casi in cui, in virtù della simultanea scadenza naturale della legislatura e dell’incarico del Capo dello Stato, ci si trova dinanzi all’impossibilità di sciogliere anticipatamente le Camere, neppure delle poche settimane necessarie a celebrare le elezioni nella usuale stagione primaverile e, del pari, alla necessità di prorogare l’incarico del Presidente della Repubblica sino oltre l’entrata in funzione del nuovo Parlamento (si tratta del cosiddetto “ingorgo istituzionale”, espressione che oggi viene utilizzata anche per richiamarsi alle incertezze di carattere procedurale derivanti dall’elezione del Presidente del Consiglio in carica a Presidente della Repubblica).
Così, per evitare la coincidenza tra la scadenza naturale della X legislatura (2 luglio 1992) e la scadenza del mandato del Presidente Francesco Cossiga (3 luglio 1992), nel 1991 è stata approvata la legge costituzionale n. 1 (4) -di iniziativa dell’on. Silvano Labriola – con la quale si è eliminato il limite al potere di scioglimento del Presidente nel caso in cui gli ultimi sei mesi del suo mandato coincidano, in tutto o in parte, con gli ultimi sei mesi della legislatura.
In secondo luogo, nonostante questo intervento (dal quale discende il testo vigente dell’art. 88 Cost.), il semestre bianco è stato valutato criticamente alla luce della necessità di permettere al Presidente della Repubblica di intervenire, anche negli ultimi sei mesi del suo mandato, per risolvere l’eventuale impasse derivante dalla progressiva incapacità dei partiti di trovare una convergenza finalizzata alla formazione di un Governo dotato di un minimo di coerenza programmatica.
Secondo questa lettura, l’art. 88, c. 2 Cost. precluderebbe al Capo dello Stato di risolvere questa tipologia di crisi politica mediante il ricorso alle urne, e lo obbligherebbe a far uso di altri strumenti meno consoni al principio di sovranità popolare (dalla cosiddetta “moral suasion” al conferimento dell’incarico di formare il governo ad una personalità esterna alle forze politiche, dall’invio di messaggi alle Camere alle dimissioni, e così via).
Al netto della genesi e delle ragioni che possono sostenere questo orientamento, esso fornisce una traccia delle traiettorie concernenti il più ampio dibattito sul ruolo del Presidente della Repubblica all’interno del nostro ordinamento costituzionale.
Il Presidente della Repubblica sotto il segno della flessibilità con un ruolo “a fisarmonica”
Infatti, rispetto alle impostazioni del periodo costituente, contraddistinte dal timore di favorire il ritorno di figure monocratiche potenzialmente capaci di alterare l’equilibrio tra i poteri, il Presidente della Repubblica è oggi riconosciuto come una figura cardine del sistema politico-istituzionale che è dotata di un campo di azione elastico, che muta al variare della forza sistema partitico (secondo l’immagine di Giuliano Amato, e richiamata da Gianfranco Pasquino, il ruolo del Presidente della Repubblica è assimilabile a quello di una fisarmonica: maggiore è la forza dei partiti, minore è lo spazio per l’intervento presidenziale e viceversa). Così, anche alla luce dell’autorevolezza delle figure che si sono avvicendate al Quirinale e alla destrutturazione del sistema dei partiti, la flessibilità con cui ciascun Presidente può esercitare il suo ruolo di garanzia costituzionale, atteggiandosi a metronomo della dinamica tra Parlamento, Governo e forze politiche, è considerata un tassello fondamentale della nostra forma di governo.
Rispetto a questo scenario, non stupisce che l’art. 88, c. 2 Cost. sia letto criticamente.
In questo senso, la distanza rispetto ai progetti di riforma costituzionale degli anni Sessanta e Settanta è massima: non solo il Presidente può essere rieletto (e, forse, in alcuni casi è opportuno che lo sia), ma non deve mai venir meno la possibilità che nei casi di crisi politica possa disporre le elezioni anticipate (sul punto però i presidenti della “Transizione”, da Oscar Luigi Scalfaro a Mattarella, pur con forme e modi diversi, hanno sempre valorizzato gli istituti della tradizione parlamentare, anche nella prospettiva di garantire la funzionalità del Governo in alcune fasi cruciali della governance nazionale e sovranazionale (5)).
Ad ogni buon conto, alla domanda concernente l’attualità del semestre bianco non si può rispondere in modo univoco. Del resto, tra l’orientamento che lo inquadra tra gli istituti di garanzia del nostro ordinamento e quello che ne critica la portata applicativa corre una differenza di carattere assiologico (che, a sua volta, delinea l’area di dibattito relativo alla legittimazione di questo istituto): da un lato vi è la preoccupazione circa l’emersione di un Presidente troppo “forte” che possa ergersi a custode di un ordine politico e giuridico la cui cifra identificativa è, in realtà, il pluralismo istituzionale e valoriale pur all’interno della cornice dei principi sanciti dalla nostra Carta fondamentale; dall’altro, vi è l’interesse affinché, indipendentemente dalla scadenza dell’incarico presidenziale, si possa sopperire in qualsiasi frangente ai periodi di impasse politico-istituzionale richiamando gli elettori alle urne.
Note al testo
(1) Atti Assemblea Costituente Seduta pomeridiana del 24 ottobre 1947, p. 1545.
(2) Messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica (A norma dell’articolo 87, secondo comma, della Costituzione) trasmesso alla Presidenza il 17 settembre 1963, in Atti parlamentari, IV legislatura, Doc. XII n. 1
(3) Si veda sul sito del Quirinale la Dichiarazione del Presidente Mattarella in occasione dei 130 anni dalla nascita di Antonio Segni; ma si veda altresì il messaggio alle Camere del Presidente Leone del 14 ottobre 1975 cfr. Segretariato generale della Repubblica, Discorsi e messaggi del Presidente della Repubblica Giovanni Leone, a cura di Roberto Gallinari, Roma, Quaderni di Documentazione. Nuova serie, n. 17, 2009, p. 71.
(4) Legge Costituzionale del 4 novembre 1991, n. 1. Modifica dell’articolo 88, secondo comma, della Costituzione, Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n. 262 dell’8 novembre 1991, entrata in vigore della legge il 23 novembre 1991
(5)Si veda ad esempio sul sito del Quirinale la Dichiarazione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al termine dell’incontro con il Presidente della Camera Roberto Fico del 2 febbraio 2021).