L'intervista

Democrazia Futura. Rifiutare le teorie complottiste e il sensazionalismo veicolato dai media

di Salvatore Sechi, docente universitario di storia contemporanea |

A proposito de I nemici della repubblica. Storia degli anni di piombo. Salvatore Sechi intervista Vladimiro Satta.

Salvatore Sechi

Tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Ottanta del XX secolo una serie di attacchi (provenienti da sinistra e soprattutto da destra) colpirono la stabilità, se non la stessa esistenza, della democrazia italiana. Il periodo è stato sintetizzato con la formula lessicale “anni di piombo”, cioè trame golpiste, attentati, iniziative e gruppi clandestini impegnati in episodi di lotta anche armata.
Vladimiro Satta è un documentarista del Senato che si è avvalso, per il suo lavoro di storico, della ricca documentazione resa disponibile dagli archivi pubblici (organi giudiziari, Camera e Senato, Archivio centrale dello Stato eccetera), per cercare di rispondere a due domande sulla realtà dello stragismo fascista e in generale dell’eversione di estrema sinistra:

1.quale fu la reazione dell’opinione pubblica di fronte alla ferocia di carneficine, aggressioni, assalti a sedi di partito e istituzioni della repubblica, esecuzioni sommarie e intimidazioni pesanti?

2. in che modo è stata fatta giustizia punendo i responsabili?

Le domande sono state rese difficili dalla volontà di Satta di non soggiacere a narrazioni di comodo, alle quali erano interessati partiti, associazioni e enti di destra e di sinistra. Grazie al fatto di potersi avvalere esclusivamente di documenti, egli ha demolito molti dei luoghi comuni fioriti sulla natura dello stragismo fascista e in generale dell’eversione di formazioni di estrema sinistra come le Brigate rosse, attraverso l’esame ravvicinato del sequestro e del successivo assassinio di Aldo Moro (di cui è uno dei maggiori studiosi).
L’autore non ha lasciato senza una risposta le intese notizie tra il governo italiano e le organizzazioni arabo-palestinesi (il cosiddetto lodo Moro”) fino alla strage del 2 agosto 1980 presso la stazione ferroviaria di Bologna.
Il suo capolavoro (I Nemici della Repubblica. Storia degli anni di piombo, edito con un’aggiunta consistente, da Rizzoli a Milano) costituisce il più importante e autorevole risultato di una ricerca storica condotta all’insegna dell’autonomia da ogni potere e del massimo rigore.
Ad avviso del suo autore gruppi e protagonisti di estrema sinistra ed estrema destra sono stati sconfitti. il che vuol dire che, seppure con enormi ritardi e sofferenze di ogni tipo per quanti sono stati accusati ingiustamente, lo Stato e i suoi cittadini sono stati difesi.

Intervista – conversazione con Vladimiro Satta

Salvatore Sechi Si sta sempre più diffondendo l’idea che tra la mafia e il sovversivismo neo-fascista ci sia stata una saldatura. Non organica e permanente, ma anche non solo occasionale. Mi riferisco a quanto rilevò il capo della polizia Vincenzo Parisi e lo stesso presidente del Consiglio Giuliano Amato di fronte alla strage di Capaci. Non si era mai visto prima e non si vedrà dopo che la mafia per un delitto – per quanto importante avendo per vittima il giudice Giovanni Falcone, e la moglie – usasse mezza tonnellata di tritolo e smantellasse mezzo chilometro dell’autostrada che portava dall’aeroporto Punta Raisi a Palermo. Erano, questi, metodi propri del terrorismo colombiano, palestinese o della Serbia allora in guerra. Narrazioni di qualche magistrato come alcune parti delle motivazioni sulla strage di Bologna riecheggiano, e danno man forte, a questa impostazione. Nella nuova edizione, arricchita di una cinquantina di pagine del tuo saggio I nemici della Repubblica. Storia degli anni di piombo (976 pagine, però al modico prezzo di 18 Euro, edito da Rizzoli), tu manifesti un’opinione molto cauta. Come mai?

Vladimiro Satta. Con la sola parziale eccezione della strage di Natale del 1984, si può dire che non ci fu saldatura tra eversione neofascista e mafia negli anni di cui si occupa il mio libro, vale a dire dalla fine dei Sessanta alla fine degli Ottanta. Dubito che vi sia stata negli anni Novanta, che comunque sono un’altra epoca.  Mi pare priva di fondamento la tesi che nel 1947, a Portella della Ginestra, sia iniziata una strategia della tensione andata avanti fino alla fine della cosiddetta Prima Repubblica di inizio anni Novanta.

Salvatore Sechi Intendi dire che quell’eccidio ebbe una dimensione circoscritta, e non segnò il primo atto di una campagna eversiva che progressivamente si estese sul piano nazionale?

Vladimiro Satta Portella della Ginestra fu una vicenda siciliana, che si svolse quando in Sicilia era ancora attivo il separatismo e Salvatore Giuliano era ancora vivo. Le bombe neofasciste e le trame eversive arrivarono dopo oltre venti anni, tra il 1969 e il 1974, ed ebbero una dimensione nazionale. Il loro teatro ed epicentro fu piuttosto il nostro settentrione e la capitale Roma.

Salvatore Sechi Per alcuni nostri colleghi, alcuni magistrati e direi l’opinione pubblica di sinistra la strage del 2 agosto 1980 a Bologna completava tensioni e diciamo pure disegni eversivi che avevano avuto come epicentro politico e contesto sociale proprio gli anni 1969-1974.

Vladimiro Satta È un’interpretazione priva di qualunque fondamento. Neo-fascismo e pulsioni eversiveebbero come teatro la crisi dei governi del centro-sinistra e gli strascichi dell’intenso ciclo di protesta studentesca e operaia del biennio 1968-1969. Vale la pena di ricordare che allora, direi per giunta, lo Stato aveva finalmente avuto la forza di reagire con efficacia, sciogliendo a fine 1973 la più bellicosa organizzazione di estrema destra, Ordine Nuovo (stessa sorte toccò nel 1976 ad Avanguardia Nazionale).

Salvatore Sechi Non mi pare che gli ultimi giudici che si sono pronunciati sulla strage del 2 agosto abbiano mostrato qualche interesse a scorgere le differenze, cioè a concepire l’attentato alla stazione di Bologna alla stregua di un tentativo di rilancio dello stragismo.

Vladimiro Satta Anche sul piano di un ipotetico movente, tutto ciò risulta anacronistico e persino surreale. L’Italia del 1980 nel frattempo era passata attraverso le epocali elezioni politiche del 1979 e la fine della conflittualità sociale del “lungo Sessantotto”. Si ricordi altresì che alla data del 2 agosto 1980 in seno a Cosa Nostra non si era neppure combattuta la guerra interna che avrebbe portato ad una vittoria dei corleonesi, la fazione più aggressiva rispetto a quella di Stefano Bontate e Gaetano Badalamenti.

Salvatore Sechi Fino all’inverno del 1980 Giulio Andreotti e i maggiori esponenti siciliani della sua corrente hanno scambi e rapporti non solo di amorosi sensi con questa leadership mafiosa. Ma dopo questa data, proprio col governo presieduto da Andreotti, grazie all’attività del ministro della Giustizia, il socialista Claudio Martelli (che agiva in rappresentanza del governo e del suo premier) si ebbe l’avvio di una campagna di resistenza e anzi di un forte attacco ai presidi di Cosa Nostra. Per questa ragione bisogna chiedersi che senso avesse nella notte tra il 3 e 4 agosto 1984 la bomba collocata sul treno Italicus.

Vladimiro Satta La bomba sul treno fu voluta dalla mafia in funzione di diversivo delle attività investigative. Vi fu una collaborazione con una manovalanza fascista di basso profilo per quanto concerne l’esecuzione dei delitti. Non si può parlare, e non parlerei, di una strategia comune tra neofascisti ed esponenti mafiosi.

Salvatore Sechi A dire il vero era stata ipotizzata nell’istruttoria giudiziaria.

Vladimiro Satta Ma non resse al vaglio del tribunale, puntualizzato altresì che i neo-fascisti Gilberto Cavallini e Giusva Fioravanti furono assolti in tutti i gradi di giudizio dall’imputazione di omicidio nei confronti di Piersanti Mattarella, presidente della Regione Siciliana. E debbo dire che è del tutto assurda l’affermazione che i delitti Moro (1978) e Mattarella (1980) avrebbero avuto entrambi lo scopo di “chiudere definitivamente con il passato resistenziale del nostro Paese”.

Salvatore Sechi Essa purtroppo ridonda nelle motivazioni della sentenza di primo grado del processo “mandanti” (o processo Bellini) relativo alla strage di Bologna.

Vladimiro Satta Per completezza vanno ricordati contatti tra eversione di destra e Cosa Nostra per traffico di armi e attività illecite a scopo di lucro. Nell’ottica dei fascisti servivano a scopo di finanziamento (ma qualcuno di loro usava i proventi anche per godersi qualche lusso). Non si trattava di progetti politici in comune, quindi.          

Salvatore Sechi Nella tua ricostruzione, passata al vaglio di moltissimi atti giudiziari, viene confermata l’esistenza di un filo nero che si dipana in tutte le vicende di attacco alla repubblica, cioè l’appartenenza al neo-fascismo delle operazioni eversive. In penombra, resta il legame coi MSI. Si può parlare di un piano unico sviluppato attraverso strutture e apparati autonomi? Detto diversamente, l’estrema destra italiana ha deciso di muoversi secondo una linea di   differenziazione organizzativa, cioè munendo di una sorta di delega (invece di una formale rappresentanza) associazioni giovanili o gruppi “spontaneistici”?

Vladimiro Satta Nelle stragi e nelle trame 1969-1974 è evidente l’ispirazione ideologica di fondo neofascista (o neonazista, se si preferisce), ma esse stesse ebbero motivazioni in parte diverse l’una dall’altra, poiché la situazione evolveva. Se prendiamo gli attentati, quello di Piazza Fontana a Milano il 12 dicembre 1969 mirava alla “disintegrazione del sistema” (per citare Franco Freda), mentre a Peteano nel 1972 si vollero colpire servitori dello Stato attirando una pattuglia di Carabinieri in una zona isolata. Nel 1973 quanto avvenne presso la Questura di Milano consente di dire che il bersaglio era il politico democristiano Mariano Rumor (il quale si salvò, a morire furono altri) e nel 1974 le bombe in Piazza della Loggia a Brescia e sul treno Italicus furono messe per rabbiosa reazione allo scioglimento di Ordine Nuovo, forse anche come ultimo disperato tentativo di sortire l’effetto di destabilizzare il sistema. Quest’ultimo, però, resse anche in tale occasione.

Salvatore Sechi Il MSI, tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta, sotto la guida di Giorgio Almirante, tentò di mostrare agli elettori un volto non dico bonario, ma relativamente moderato.

Vladimiro Satta L’immagine che si usava era quella dell’abito in doppio petto. Al tempo stesso va detto che il MSI manteneva rapporti con la destra extraparlamentare più estrema e pericolosa. Con questa politica ambigua che non voleva rinunciare a nulla, si ritrovò da un lato ad offrire nascostamente aiuto e protezione ad un suo militante friulano, Carlo Cicuttini, gravemente coinvolto nell’attentato di Peteano del maggio 1972 e nel tentato dirottamento aereo di Ronchi dei Legionari di pochi mesi più tardi, e dall’altro a dare altrettanto nascostamente notizie al governo e agli apparati statali sulle teste calde dell’estrema destra.

Salvatore Sechi Diciamo pure che il partito non riusciva a frenare e controllare. Vogliamo credere ad Arnaldo Forlani?

Vladimiro Satta Egli anni dopo ne diede atto a Giorgio Almirante.

Salvatore Sechi Quanto dobbiamo credereai suoi incontri segreti con i vertici del PCI, cioè dello stesso Enrico Berlinguer secondo la ricostruzione che ne ha fattoAntonio Padellaro?

Vladimiro Satta Si voleva fermare la spirale di violenze tra “neri” e “rossi”. L’ambiguità missina fu travolta il 12 aprile 1973 allorché extraparlamentari di destra che si erano uniti ad una manifestazione di piazza del partito a Milano si scatenarono, uccidendo un agente di polizia, Antonio Marino, e provocando numerosi feriti.

Salvatore Sechi Maa quel punto il MSI si dissociò dalle violenze.

Vladimiro Satta Fece di più, perché collaborò alle indagini e ruppe con gli estremisti, ma ormai il danno di immagine era fatto, e si rivelò irreversibile. In ogni caso, gli attentati stragisti non sono ascrivibili al MSI.                 

Salvatore Sechi Il sovversivismo neo-fascista è stato maggiore durante i governi di centro-sinistra o durante i successi elettorali del Pci?

Vladimiro Satta Decisamente durante i governi di centro-sinistra. Al tempo dei successi elettorali del PCI alle amministrative del 1975 e alle politiche del 1976, seguiti dall’astensione benevola 1976-1978 e dell’ingresso in maggioranza da marzo 1978 a inizio 1979, l’anno in cui invece i comunisti subirono un crollo elettorale e tornarono all’opposizione, non si registrarono né attentati stragisti, né tentativi di colpo di Stato.

Salvatore Sechi Tra il 1976 e il 1979 nella destra eversiva, che in grande misura era stata disarticolata dalle azioni repressive, nacquero gruppi giovanili del cosiddetto ‘spontaneismo armato’.

Vladimiro Satta Ad essere colpiti furono i servitori dello Stato come le forze di polizia e i magistrati. Non mi pare si possa parlare di un progetto di conquista del potere.

Salvatore Sechi Questi gruppi manifestavano così la loro radicale ostilità nei confronti delle istituzioni e indubbiamente si differenziavano profondamente dai predecessori. La precedente generazione venne guardata non di radocon sospetto. Non mancarono accuse di collusione con i servizi segreti che spesso aleggiarono su di essa. Finirono con l’assomigliare maggiormente ai gruppi armati dell’estrema sinistra, con la quale tuttavia non si allearono.

Vladimiro Satta Lo “spontaneismo armato” fu debellato nel corso degli anni Ottanta. In definitiva, la cronologia è addirittura antitetica rispetto alla teoria secondo cui l’eversione di destra non giocava in proprio bensì aveva principalmente la funzione di contrastare l’avanzata del PCI. A differenza della sinistra di altri paesi europei, invece di attestarsi come l’alternativa ovvero l’antagonista dei moderati, vi rinunciò.

Salvatore Sechi Direi che il Pci si era proposto quale loro alleato pur in condizioni di subalternità.

Vladimiro Satta Lasciami aggiungere che lo “spontaneismo armato” si afferma mentre il PCI è vicino alla DC e prosegue senza variazioni – fintanto che ne ha la forza – quando il PCI cambia rotta e torna all’opposizione. 

Salvatore Sechi Di che misura e in quale rapporto di continuità è stato il sostegno della Nato e soprattutto degli Stati Uniti alla campagna di destabilizzazione politica perseguita dal terrorismo nero?

Vladimiro Satta La NATO e gli Stati Uniti d’America non hanno mai sostenuto il terrorismo nero. Il comandante Junio Valerio Borghese sperò di portare gli Stati Uniti dalla sua parte al tempo dei preparativi del golpe poi tentato nella notte tra 7 e 8 dicembre 1970, ma non aderirono. Altrettanto fecero rispetto alle velleità della “Rosa dei Venti” e di Edgardo Sogno. Anzi, ebbero proficui contatti con il generale Enzo Marchesi, massima autorità militare dell’Italia di allora, il quale era un avversario dei pochi militari che partecipavano a trame eversive. Washington e la NATO puntavano invece sulla DC, che consideravano essenziale per la stabilità dell’Italia.   

Salvatore Sechi L’assassinio di Aldo Moro e la strage del 2 agosto a Bologna, a prescindere dagli esiti giudiziari, contengono elementi che legittimano l’attività di un sovversivismo “rosso”. Non intendo dire che abbia avuto il Pci come regista. Ma un suo ruolo si può negare nel senso di aver contribuito a orientare le indagini?

Vladimiro Satta Le indagini sull’assassinio di Aldo Moro si orientarono subito, correttamente, verso le Brigate Rosse, mentre quelle sulla strage di Bologna verso i neofascisti. Per quanto concerne Moro, la direzione era giusta e fu confermata sin dal primo dei processi Moro, che si concluse nel 1983, nonché dalla relazione di maggioranza della prima delle commissioni d’inchiesta che il Parlamento istituì in materia, la quale anch’essa giunse al traguardo nel 1983.

Salvatore Sechi Da allora, la versione giudiziaria della vicenda Moro non è cambiata.

Vladimiro Satta Direi che si è consolidata e arricchita attraverso i processi successivi che, naturalmente, hanno permesso di integrare l’opera di ricostruzione del quadro aggiungendovi ulteriori elementi. Il PCI, che nella Commissione parlamentare Moro-1 votò insieme alla DC, non fu determinante nelle indagini sul caso Moro, quindi.

Salvatore Sechi A partire dalla seconda metà degli anni Ottanta, un ex-parlamentare comunista, Sergio Flamigni, ebbe invece un ruolo importante nello sviluppo delle dietrologie sul caso Moro.

Vladimiro Satta La prima edizione del suo libro La tela del ragno risale al 1988, e divenne un fondamentale riferimento per i dietrologi. Infine Flamigni, non essendo in realtà riuscito né a demolire la versione giudiziaria né ad elaborarne un’altra in alternativa, ha finito per squalificare in blocco l’operato altrui criminalizzandolo addirittura, ovvero spacciandolo per un ‘patto di omertà’ tra Stato e Brigate Rosse.

Salvatore Sechi Nella nuova edizione de I nemici della Repubblica (e in altre sedi) hai illustrato le molteplici ragioni per le quali l’infamante teoria del patto di omertà non sta minimamente in piedi. Veniamo ora alla strage di Bologna del 1980, quando il PCI accusò subito i fascisti.

Vladimiro Satta Altrettanto fece il Presidente del Consiglio in carica, il democristiano Francesco Cossiga, e fecero quasi tutti. Nei confronti dell’estrema destra venne espresso un giudizio di colpevolezza prima di avere in mano qualcosa che non fosse un pregiudizio negativo. Era motivato semmai dalla matrice fascista delle stragi 1969-1974.

Salvatore Sechi Metteva in difficoltà la destra che, viceversa, la osteggiò. Perché?

Vladimiro Satta Prevalse la preoccupazione per le opportunità propagandistiche che essa offriva ai suoi avversari. Sarebbe stato, e sarebbe anche oggi, meglio se gli uni e gli altri non si facessero influenzare da calcoli politici. Purtroppo la ricostruzione della vicenda della strage di Bologna è tuttora assai controversa e problematica.

Salvatore Sechi In questa prospettiva, come valuti la posizione assunta il 2 agosto 2020 dalla presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati la quale, commemorando la strage, chiese “verità ad ogni costo” ed espresse preoccupazione affinché “non succeda che chiunque azzardi interrogativi o verifichi ipotesi possa essere tacciato di depistaggio”.

Vladimiro Satta A giudicare dalle reazioni incontrate, mi pare che purtroppo l’appello della presidente Casellati sia stato molto poco ascoltato. Mi riferisco alle commemorazioni nell’anno 2022 durante le quali invece risuonò un perento brio ammonimento a non osare riscrivere la storia della vicenda. Si intendeva non criticare le sentenze dei giudici bolognesi.

Salvatore Sechi È un caso che le sentenze relative alla carneficina presso la stazione ferroviaria di Bologna risultino le più controverse e opinabili? Non mi pare si sia voluta approfondire né l’eventuale legame con la minaccia del colonnello libico Mu’ammar Gheddafi per il ruolo avuto dall’Italia nella sua estromissione da Malta né con le minacce ripetute del terrorismo arabo-palestinese dopo la vicenda di Orton quando venne arrestato, per il trasporto di alcuni missili terra-aria di fabbricazione sovietica, insieme a Daniele Pifano e altri esponenti dell’Autonomia Operaia di Roma anche un esponente  del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, Abu Anzeh Saleh.

Vladimiro Satta Presumo che la grande maggioranza di coloro che hanno cooperato alle sentenze di condanna nei procedimenti giudiziari riguardanti la strage di Bologna siano in buona fede e altrettanto dicasi per gli osservatori che condividono il loro giudizio, sebbene io sia consapevole che al mondo esiste purtroppo anche la malafede, peraltro presente in tutti i campi, ivi compreso quello degli innocentisti.

Salvatore Sechi Di sicuro sono rimaste emarginate dai processi sia l’ipotesi di responsabilità di Gheddafi, sia la pista palestinese.

Vladimiro Satta Sono due ipotesi diverse. Dobbiamo fare due discorsi diversi, perciò. La pista Gheddafi si riduce alla testimonianza del sottosegretario agli Esteri Giuseppe Zamberletti. Ricordando la contrarietà libica all’accordo tra Italia e Malta preparato durante il 1980 e siglato proprio ad agosto di quell’anno, pensò che l’attentato di Bologna e anche il disastro aereo del 27 giugno 1980 nei cieli di Ustica potessero essere ritorsioni da parte di Gheddafi.

Salvatore Sechi Il prefetto Vincenzo Parisi, più tardi, condivise l’interpretazione di Zamberletti.

Vladimiro Satta Va precisato però che per adesso non si può andare al di là di questo, e che non si sono avuti progressi recenti in questa direzione, mentre le prese di posizione di Zamberletti e di Parisi risalgono a decenni fa.

Salvatore Sechi La sottovalutazione della pista libica indicata dall’onorevole Zamberletti mi sembra un fatto molto grave. È una vera e propria omissione. La pista palestinese, invece?

Vladimiro Satta Si ipotizza che l’attentato di Bologna – e forse l’episodio di Ustica, qualora si dimostrasse che l’aereo cadde a causa di una bomba a bordo e non di una battaglia aerea, il che è tuttora incerto – sia stato una ritorsione del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP). Il movente della strage di Bologna sarebbe allora la violazione da parte dell’Italia del “lodo Moro” avvenuta nel novembre del 1979 a Ortona e, soprattutto, protratta nel 1980 con il processo a carico dei responsabili del traffico di missili bloccato a Ortona, nonostante le proteste indirizzate dai palestinesi alle autorità italiane.

Salvatore Sechi Tali proteste dello FPLP precedono le date di Ustica e della strage di Bologna, e arrivarono a vere e proprie minacce di attentati.

Vladimiro Satta Da parte di Gheddafi, invece, non giunsero mai minacce equiparabili. Da notare che la pista palestinese ha cominciato ad emergere nel 2005, e da allora è stata ripetutamente consolidata da nuovi riscontri, tra i quali ultimamente le carte del colonnello Stefano Giovannone, capocentro SISMI a Beirut, che in precedenza erano state coperte da segreto di Stato.

Salvatore Sechi A tuo avviso quali delle due piste (quella libica e quella palestinese) è più probabile?

Vladimiro Satta La pista palestinese, a mio avviso, è più concreta rispetto all’ipotesi Gheddafi ed è in pieno sviluppo. Il tribunale di Bologna è ormai praticamente l’unica sede al mondo in cui si metta in discussione che il “lodo Moro” sia esistito, sia stato effettivamente in vigore quanto meno dalla fine del 1973 all’autunno 1979 e sia stato violato dall’Italia. Andò avanti nonostante le ormai note intimidazioni da parte dello FPLP.

Salvatore Sechi La pista palestinese, tuttavia, alcuni anni fa fu archiviata.

Vladimiro Satta Questa decisione fu assunta benché fosse stata riconosciuta dai magistrati la persistenza di un “grumo residuo di sospetto” e anche in seguito è stata tenuta fuori dai dibattimenti e menzionata solo nelle motivazioni di sentenze.

Salvatore Sechi Diciamo quando ormai queste ultime sono state emesse.

Vladimiro Satta Aggiungerei anche dove la pista palestinese stessa è illustrata non da chi la sostiene ma esclusiva mente da chi l’ha rigettata.

Salvatore Sechi L’ipotesi della responsabilità del colonnello Gheddafi è pressocché ignorata in ambito giudiziario.

Vladimiro Satta A mio parere, l’ostracismo nei confronti di questa ipotesi è in qualche misura comprensibile data la sua fragilità, mentre quello nei confronti della pista palestinese è un grave errore.

Salvatore Sechi Sempre più nei processi formali hanno esercitato una sensibile influenza due protagonisti: cioè le associazioni dei parenti delle vittime e quanto avveniva nei processi paralleli montati in televisione. Qual’è la tua opinione? 

Vladimiro Satta Le pressioni mediatiche sono palesi. In generale, i media tendono al sensazionalismo, e per questo sono stati tra i maggiori responsabili della diffusione di orientamenti complottistici, che solitamente nei tribunali e tra gli storici riscuotono molto meno successo. Molti politici si sono mostrati sensibili più agli orientamenti dei media – che si presume coincidano largamente con quelli della pubblica opinione, vale a dire degli elettori -, che alle risultanze giudiziarie e storiografiche.

Salvatore Sechi Quando contano le associazioni dei parenti delle vittime?

Vladimiro Satta Contano quando i media e soprattutto la politica decidono di sostenerle, altrimenti sono ininfluenti. In proposito, valga l’esempio della seconda associazione di familiari di vittime di Ustica, presieduta da Giuliana Cavazza. È in contrasto con la prima, presieduta da Daria Bonfietti. È stata molto trascurata, a differenza dell’altra, fino a quando ultimamente il quadro politico nazionale è cambiato.

Salvatore Sechi È un bene o un male che le associazioni dei familiari delle vittime influenzino l’andamento dei procedimenti giudiziari?

Vladimiro Satta Direi un bene fintanto che la loro azione è di stimolo, ma non lo è se si sforzano di condizionarne la direzione e gli esiti. Dunque, molto dipende da come le associazioni impiegano la loro forza. Nel 1987, l’allora presidente dell’Associazione familiari delle vittime della strage del 2 agosto 1980, Torquato Secci, dichiarò: “Non vogliamo dei colpevoli qualsiasi. Vogliamo verità e giustizia”.

Salvatore Sechi Quelle di Secci sono parole assolutamente condivisibili.

Vladimiro Satta C’è da chiedersi se il successore, Paolo Bolognesi, stia seguendo l’impostazione di Secci oppure se ne allontani, quando egli rigetta in maniera pregiudiziale e veemente la pista palestinese.

Salvatore Sechi Bisogna rendersi conto che se si imboccasse la pista palestinese si ripartirebbe da capo o quasi.

Vladimiro Satta Per di più non vi sarebbe certezza di come andrebbe a finire. Umanamente, è comprensibile il timore di rimanere senza colpevoli, a mani vuote. Tuttavia, questo sentimento non deve pregiudicare la ricerca della verità. I condannati, se lo sono a scapito della verità, non sono colpevoli, bensì capri espiatori.

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