Memorie

Democrazia Futura. Ricordo di un collega e amico schivo e discreto, un saluto a Sebastiano Di Paola

di Bruno Somalvico, funzionario presso la direzione Relazioni istituzionali Rai e direttore editoriale Democrazia futura |

Il direttore editoriale Bruno Somalvico conclude questo numero di Democrazia Futura rievocando un collega programmista a Rai Uno, Sebastiano Di Paola.

Bruno Somalvico

Bruno Somalvico conclude questo numero rievocando un collega programmista a Rai Uno, Sebastiano Di Paola di cui ha appreso la scomparsa solo a sette mesi dal decesso, al quale dobbiamo il restauro delle prime produzioni sperimentali realizzate in alta definizione dalla Rai nell’ambito dell’Unità Operativa per i Nuovi Servizi istituita negli anni Ottanta da Massimo Fichera.

Sebastiano Di Paola

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Fra le cose più spiacevoli vissute in questi ultimi due anni di pandemia spiccano insieme ai dati quotidiani sul Covid -19 le morti invisibili di amici e colleghi e soprattutto quelle non pervenute tempestivamente a causa del nostro confinamento a casa in smart working. Sin dall’avvio delle pubblicazioni delle anticipazioni online su Key4biz dei numeri della rivista nell’ottobre 2020 avevo iniziato ad inviare quotidianamente ad alcuni di loro su Whats App il link ai singoli pezzi oltre a segnalarli sulla pagina Facebook “Amici di Infocivica”. Ricordo i complimenti particolarmente graditi ricevuti da Sebastiano Di Paola un collega programmista di Rai Uno che veniva regolarmente a rendermi visita nel mio ufficio al quinto piano di Viale Mazzini.

Non posso dire che lo conoscevo bene ma provavo una forte simpatia in quanto un giorno incrociandolo ad un ascensore del palazzo gli chiesi se fosse figlio di Alessandro Di Paola un giornalista siciliano che frequentava spesso la segreteria e lo staff di Massimo Fichera e in particolare il suo assistente Antonino Cascino. Persona mite, gentile garbata nei modi quanto sanguigna nei rimpianti e tagliente nei giudizi politici. Un’altra Rai quella della fine degli anni Ottanta. “Si sono io” mi disse. Di qui la nostra frequentazione.

Sebastiano gestiva una fascia della programmazione notturna della prima rete ma aveva soprattutto una  grande passione. Quella per il restauro dei filmati. E in particolare quelli prodotti dall’Unità Operativa per i Nuovi Servizi dove Francesco Pinto e Gaetano Stucchi sotto la Direzione di Fichera avevano avviato le prime produzioni sperimentali realizzate in Alta Definizione sin dalla prima metà degli anni Ottanta con il sistema giapponese Hi Vision e gli apparati della Sony destinati ad essere trasmessi dal 1986 con il sistema analogico Muse a 1125 righe e 60 semiquadri al secondo, poi a partire dal 1990 anche con il sistema europeo promosso su impulso della Rai di TeleSpazio e di altre aziende nazionali dal CISAE Consorzio Italiano per la promozione dell’Alta Definizione Europea destinato ad irradiare i propri programmi nel corso dei Mondiali di Calcio di Italia ‘90 sia nello standard analogico europeo HD MAC a 1250 righe e 50 semiquadri al secondo sia nel primo standard digitale sperimentato in quell’occasione grazie ad un  progetto promosso in collaborazione con la Telettra  che mostrava la superiorità del digitale, oltre che la sua flessibilità. Ne ho già parlato abbondantemente ne La Fine della Comunicazione di massa

Ancora nel 2019 suggerii a Sebastiano di verificare con Giacomo Mazzone segretario generale di Eurovisioni, di proporre alla Rai di realizzare una rassegna di tutta la produzione sperimentale realizzata dall’Unità Operativa per i Nuovi Servizi, in collaborazione con il Centro Ricerche di Torino e Rai Teche, ivi comprese le due produzioni che seguii fra ottobre 1988 e primavera 1989 ovvero il documentario industriale realizzato presso la Fiat di Cassino Incontrando robot con la regia di Silvio Maestranzi e lo speciale del TG2 Il Cielo in una Stanza, realizzato dallo stesso Giacomo Mazzone nella primavera 1989 come reportage sulla televisione del futuro con la regia di un altro caro amico, Claudio Sestieri, destinato ad essere proiettato in anteprima a metà maggio al 45esimo congresso socialista tenutosi a Milano nell’ex stabilimento dell’Ansaldo con la celebre coreografia di Filippo Panseca. Speciale del TG2 che verrà poi regolarmente mandato in onda nell’autunno 1989 pochi giorni prima della caduta del Muro di Merlino, alla vigilia delle Assise Europee dell’Audiovisivo promosse a Parigi dal Presidente della Repubblica socialista francese Francois Mitterrand e dal suo Ministro della Cultura Jack Lang con l’obiettivo di contrastare l’egemonia nippo-americana, ovvero di impedire un futuro che vedesse un incontrastato dominio di prodotti audiovisivi americani fruiti su televisori giapponesi. Altri tempi. Non esistevano ancora i Gafa, i social network e le grandi piattaforme che dominano oggi incontrastate. Il Giappone con Sony e altre aziende tentavano in quegli anni di conquistare alcuni studios hollywoodiani e la Cina ci sembrava ancora molto lontana.

Il valore di quella sperimentazione e la nostra gratitudine verso Sebastiano per l’opera di restauro

Ciò detto ribadisco che la Rassegna della quale suggerii a Sebastiano Di Paola di fasi promotore rimaneva e rimane di grande interesse non solo storico. E’ evidente l’impronta olivettiana voluta da Massimo Fichera già stretto collaboratore di Adriano e primo segretario della Fondazione Olivetti . Vi troviamo  i nomi di Michelangelo Antonioni, Giuliano Montaldo, Giuseppe Rotunno, e quello di Peter Del Monte recentemente scomparso: salvo Il Mistero di Oberwald di Antonioni – primo film girato in video nel 1980 quando Fichera si apprestava a lasciare Rai 2 – furono allora realizzati per la Rai di Fichera i primi film e le prime produzioni interamente girate in elettronica ad alta definizione e poi riversate su pellicola per essere proiettate in sala  come nel caso di Julia e Julia.

Il Covid 19 impedì di realizzare nel 2020 e nel 2021 qualsiasi proiezione dal vivo a Villa Medici e il progetto di Rassegna non potette essere portato avanti da Sebastiano. Pensai peraltro di tornare alla carica con lui dopo la scomparsa nella tarda primavera del 2021 di Peter Del Monte. Non ricordo se provai a cercarlo al telefono o gli mandai una mail che non ritrovo oggi. Da un po’ di mesi non avevo sue notizie. Riprovai in autunno via mail per invitarlo ad intervenire – superando le sue ritrosie a parlare –  alla nuova edizione “da remoto” di Eurovisioni anche quest’anno destinata a tenersi sotto forma di webinar, modalità nella quale avevamo presentato Democrazia futura  nel 2020.

Perché non mi risponde? – mi chiesi. Forse perché sono stato troppo insistente. Ricordo che venne ad una riunione di Infocivica tenutasi a Viale Mazzini nel 2019 dove l’avevo inviato per parlare proprio del progetto di Rassegna e fece quasi scena muta. Timidezza? Ritrosia certamente. Sebastiano era una persona molto schiva e riservata. Forse poteva essere infastidito un anno dopo da questa mia nuova insistenza. Forse anche lui in smart working  leggeva con meno attenzione le mail non attinenti strettamente al suo lavoro quotidiano in Rai. Decisi allora di scrivergli su Whatts App dopo avergli spedito il link all’ennesimo articolo uscito a fin settembre. “Ciao Sebastiano ho provato invano a scriverTi sulla mail Rai. Forse qui ho più successo”. Due giorni dopo ricevo un triste messaggino: “Buongiorno, sono la sorella di Sebastiano purtroppo lui non c’è più”. Trovo infine conferma dei messaggi lasciati da alcuni suoi amici sulla sua pagina di Facebook. Per una maledetta ironia della sorte scopro poi parlando telefonicamente con la sorella che Sebastiano ci ha lasciati l’11 marzo 2021 ovvero il giorno del mio compleanno. Sono passati sette mesi. La rabbia si somma al rammarico per non aver potuto rendergli un estremo saluto che una persona schiva com’era si meritava assolutamente.

Lo faccio ora a conclusione di questo numero autunnale della rivista con il rammarico di non aver potuto ricostruirne la biografia dalla metà degli anni Novanta come collaboratore alla rivista Telema della Fondazione Ugo Bordoni (su cui mi ha scritto un suo amico di quegli anni Fabrizio Forte che ringrazio) alla sua carriera come programmista in Rai. Mi auguro che con la fine della pandemia la Rai possa ricordarlo come faremo certamente ad Eurovisioni realizzando questa rassegna delle produzioni di cui aveva assicurato il restauro e per le quali gli dobbiamo noi tutti, amici e discepoli di Massimo Fichera, essere grati.

Ciao Sebastiano Che la Terra Ti sia Lieve!

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