Gianluca Veronesi – dopo Guido Barlozzetti – in “Re Giorgio. L’eccezionalità di un evento funebre dell’ultimo esponente di una classe dirigente colta e preparata” torna sulle esequie del Presidente emerito Napolitano: “A parte i presidenti che portano il saluto e l’omaggio delle Camere, gli altri oratori mettono insieme gli spicchi della personalità del defunto che sono però gli spicchi di un secolo di storia politica italiana”.
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Già dalle prime ore si era capito che eravamo di fronte ad uno spettacolo eccezionale.
Quando mai un Presidente della repubblica ha chiesto un funerale laico e di essere tumulato al cimitero “acattolico”?
E cosa succede come risposta? Che il Papa a sorpresa va a inaugurare la camera ardente senza benedire -per correttezza- la salma.
Già solo questo ti faceva capire quanto straordinario fosse il personaggio (e quanto è straordinaria la Chiesa).
Per la cerimonia di commemorazione la famiglia ha invitato a testimoniare un cast di stelle.
A parte i presidenti che portano il saluto e l’omaggio delle Camere, gli altri oratori mettono insieme gli spicchi della personalità del defunto che sono però gli spicchi di un secolo di storia politica italiana.
Tra gli illustri ospiti corrono inevitabilmente numerose tensioni: i presidenti Macron e Steinmeier cercano di raffreddare una generale rissa tra il nostro paese e i loro a proposito di flussi di migranti e di organizzazioni umanitarie e forse anche per questo sono presenti.
Il commissario Gentiloni è inviso a mezzo governo che gli è schierato di fronte.
Compito di Gentiloni è raccontare il Napolitano europeista ad oltranza.
Oggi pare scontato, non allora nell’era dei “blocchi”. Qui capisci la sua anomalia.
I suoi compagni studiano il russo a Mosca ed egli parla scorrevolmente l’inglese.
Viene invitato alle università americane: scandalo che egli accetti e chieda il visto e scandalo che gli Stati Uniti d’America lo concedano (solo a lui tra i comunisti).
Anna Finocchiaro è l’unica a ricordare che egli era orgogliosamente comunista (parola evitata praticamente da tutti) ma ti fa anche capire la fatica e i dispiaceri nella sua battaglia minoritaria all’interno del partito.
Il cardinal Ravasi porta testimonianze sulla cultura del presidente emerito, quando citava Thomas Mann in tedesco. Ma è un modo di parlarci della sua spiritualità, della sua perenne ricerca di una perfezione ultraterrena.
Invece il momento più terreno lo racconta Gianni Letta che accomuna la scomparsa di due grandi protagonisti ed avversari di un ventennio durante il quale l’oratore ha avuto in esclusiva il ruolo di ufficiale di collegamento.
Bella soddisfazione, davanti ai suoi che lo hanno sempre accusato di appeasement, ed “inciucio”, confermare come Berlusconi e Napolitano avessero chiaro la necessità di convivere ma come fosse difficile metterlo in pratica (e come fu indispensabile la sua presenza).
Ricorderete l’accusa a Napolitano di “interpretare” i suoi poteri.
Ma naturalmente il momento più toccante è stato il ricordo dei familiari.
Ti tratteggiano un padre o un nonno lavoratore indefesso ma pur sempre presente, severo ma aperto al confronto, anzi curioso e partecipe della vita dei giovani.
Insofferente del settarismo, della rissa politica e della violenza verbale.
Uno che assillato da un miliardo di impegni trova il tempo di guardare i cartoni animati per consigliare i più adatti ai nipotini che va a prendere a scuola e che porta a mangiare il gelato a Villa Borghese.
Un comunista amico della regina Elisabetta.
È vero! Dei morti si parla sempre bene (per le 48 ore dei funerali).
Ma diciamoci la verità: la classe dirigente di una volta era più preparata, a prescindere dalla appartenenza. Ci si arrivava dopo un lungo percorso.
Cattolici e comunisti avevano una fede e un obiettivo di salvezza per cui sacrificarsi e la voglia di condividere un ordine morale.
E noi?
Studiate, gente, studiate!