Il messaggio

Democrazia Futura. Parola di Giorgia

di Guido Barlozzetti, conduttore televisivo, critico cinematografico, esperto dei media e scrittore |

Un post su Facebook che assomma in sé aspetti diversi di un’epifania meloniana e del suo modo di rappresentarsi e comunicare. L'analisi di Guido Barlozzetti.

Guido Barlozzetti
Guido Barlozzetti

Guido Barlozzetti torna sul messaggio pubblicato il 20 ottobre sotto forma di post su Facebook in un mini saggio “Parola di Giorgia” esaminando “Un post che assume in sé aspetti diversi di un’epifania meloniana e del suo modo di rappresentarsi e comunicare”. Per il noto conduttore televisivo e critico cinematografico “Il benservito che la Presidente Giorgia ha annunciato nei confronti del compagno contiene, in questo senso, livelli di lettura diversi:  – una cartina al tornasole del mondo-Meloni, inteso come la sua visione delle cose e l’insieme dei valori a cui fa riferimento;
 – un caso emblematico di interferenza tra pubblico e privato;
 – un’espansione-soap della politica, che alimenta il discorso dei media con un racconto che riguarda la cronaca rosa e i programmi gossip;
  – un potenziale punto di crisi di una strategia di comunicazione, perché questa vicenda va a interferire direttamente con l’immagine stessa della Presidente.

___________

Ci sono momenti nel percorso di un leader che più di altri possono essere rivelatori, che dicono cioè qualcosa di più anche al di là delle intenzioni, perché, con la necessità della loro evidenza, costringono il Protagonista a eccedere rispetto alle routine che presiedono alla costruzione dell’immagine e alle quotidiane modalità del discorso.

Nel caso di Giorgia Meloni, questa circostanza che esce dal flusso quotidiano con cui si rappresenta – e con cui il complesso dei media la ripropone – è intervenuta con l’annuncio della fine del rapporto con il compagno Andrea Giambruno.

Inatteso, almeno per il pubblico dei media che costituisce buona parte della cittadinanza, è arrivato il giorno di Giorgia, uso il nome proprio perché in questa circostanza la componente personale del vissuto è entrata con prepotenza nel discorso, dunque complicando il profilo della Presidente del Consiglio con quello, appunto, della persona.

Cosa è successo e quale è il motivo di quella che ha rappresentato, se non una discontinuità, certamente un’emergenza a fronte della quale la Presidente Giorgia ha dovuto pronunciarsi e assumere decisioni che hanno finito per marcare un prima e un poi. Per questo ce ne occupiamo, e non tanto per la vicenda in sé – quanta gente si lascia, per non parlare delle efferatezze drammatiche che purtroppo continuano ad accompagnare le tortuose storie di coppia – quanto perché assomma in sé aspetti diversi di un’epifania meloniana e del suo modo di rappresentarsi e comunicare.

Il benservito che la Presidente Giorgia ha annunciato nei confronti del compagno contiene, in questo senso, livelli di lettura diversi:

  • una cartina al tornasole del mondo-Meloni, inteso come la sua visione delle cose e l’insieme dei valori a cui fa riferimento;
  • un caso emblematico di interferenza tra pubblico e privato;
  • un’espansione-soap della politica, che alimenta il discorso dei media con un racconto che riguarda la cronaca rosa e i programmi gossip;
  • un potenziale punto di crisi di una strategia di comunicazione, perché questa vicenda va a interferire direttamente con l’immagine stessa della Presidente.

Una strategia di comunicazione

Partiamo dal contesto e dallo stato dell’immagine che fino a quel momento – quando cioè Striscia la notizia trasmette i fuori onda di Giambruno – la Presidente aveva alimentato e quindi dalla linea di comunicazione che ha seguito nel primo anno del suo governo.

Sostanzialmente, l’obiettivo perseguito potremmo sintetizzarlo in stabilità, sicurezza e fedeltà, con un richiamo continuo al programma elettorale e dunque con la volontà di sottolineare la coerenza dell’azione del governo e l’attuazione in progress di un’agenda con cui la maggioranza si era presentata al Paese.

Si potrebbe ricordare che tutti i governi devono osservare questa bussola e che a tutti spetta di muoversi in una variabile composizione di continuità/ rinnovamento.

Nel caso di Meloni questa esigenza è stata influenzata da una serie di elementi potenzialmente destabilizzanti e dunque da ricondurre necessariamente a un equilibrio, pena ovviamente il rischio di un’immagine fuori controllo:

  • la diversità delle componenti della sua maggioranza e il fatto che il governo avesse la quota maggioritaria in un partito di destra – Fratelli d’Italia – e in uno populista/sovranista come la Lega di Salvini, con una parte minoritaria di centro-destra rappresentata da Forza italia: una maggioranza inedita nel cammino della Repubblica, che sul piano politico avvicina l’Italia a governi come quelli dell’Ungheria e della Polonia;
  • la variabile intensità delle posizioni espresse all’interno del suo stesso partito, che proprio per la sua collocazione valoriale e per il retaggio culturale politico che, regredendo e con fasi diverse, arriva al ventennio del Fascismo, conteneva – come si è dimostrato in alcuni casi – un potenziale di revanche ruvido e certamente antitetico a quel “politicamente corretto” su cui ha finito per arenarsi e consumarsi una certa sinistra, ultima traduzione della differenza comunista proclamata da Enrico Berlinguer. Insomma;
  • la collocazione internazionale e il quadro europeo che Meloni ha fatto suo (tattica? strategia? un rapporto che ha reputato ineludibile nel sentiero stretto in cui le condizioni economiche chiudono il Paese?) hanno sottoposto la premier a una sorta di ininterrotto  “esame di europeismo/atlantismo”, a fronte di due elementi asimmetrici: da un lato, la successione a un governo come quello presieduto da Mario Draghi, incardinato sia sulla fedeltà alla Nato, sia su una rigorosa prospettiva politica di unità del continente, dall’altro, una tradizione di  cultura politica fondata sul nazionalismo e su una forte idea della centralità dello Stato, quindi foriera di sospetti e potenziali ambiguità.

In queste condizioni, la comunicazione della Presidente si è costantemente indirizzata su alcune costanti:

  • rassicurare in ogni momento sulla solidità del governo e offrire un’immagine di stabilità: il governo procede sulla sua tabella di marcia, va avanti per realizzare il programma con cui si è presentato alle elezioni e le ha vinte. Meloni minimizza o addirittura glissa su incrinature, scontri e confronti interni alla maggioranza;
  • metterci sempre la faccia, assumere fino in fondo il ruolo di leader e, quando serve, fare da parafulmine e da pompiere: Meloni tira su una cortina rispetto al back, filtra le uscite sguaiate e abbassa i toni, disinnesca il potenziale eversivo di alcune vicende (le dichiarazioni no vax di un sottosegretario alla Salute, le intemperanze nostalgiche di La Russa, l’attacco di Donzelli ai parlamentari del PD in visita dall’anarchico Cospito, i turpiloqui di Vittorio Sgarbi al Maxxi…). Argomentazione di fondo: non siamo quello volete che siamo o che volete farci essere;
  • fa un esercizio di equilibrismo in cui prova a tenere insieme l’esigenza della governabilità e un’identità politico-culturale, puntando a marcare al tempo stesso una discontinuità con i governi precedenti, un aspetto decisivo di legittimazione della vittoria uscita dalle urne. Giorno dopo giorno Meloni esegue questo esercizio di aggiustamento continuo su un crinale ambiguo, su cui d’altronde si gioca anche il futuro di una prospettiva politica e cioè, da un lato, un’immagine inedita di neo-conservatorismo, tutta da verificare e sostanziare, dall’altro, un pragmatismo dettato dalle circostanze e dalla costrizione oggettiva dei parametri in cui muoversi e delle risorse disponibili. Un crinale scivoloso e un rischio che pende sull’avvenire stesso del governo e sulla tenuta di un’immagine (che ha con accortezza messo da parte l’esibizione clamorosa nel 2021 a Madrid con il tormentone “Yo soy Giorgia…” al raduno del partito di destra Vox, la cui eco peraltro resta inevitabilmente nell’aria pur nell’aggiustamento che passa tra lo stare all’opposizione e la responsabilità di governo);
  • l’equilibrismo che Meloni esercita anche a livello internazionale, dove però non si tratta di operare una svolta rispetto al passato – anche se delle componenti della sua maggioranza questo vorrebbero – quanto piuttosto di agire in continuità con una strada che fa tutt’uno con il cammino stesso della Repubblica e cioè la partecipazione al processo di unificazione europea, che ha visto l’Italia tra i paesi fondatori, e l’adesione all’Alleanza atlantica scritta nei trattati che hanno sancito la sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale. Dunque, un’oggettiva continuità rispetto alla quale Meloni si è sforzata di apparire come protagonista attiva, mai succube di diktat e prona alla cittadella di Bruxelles, proprio per accreditare un’immagine di sé in qualche modo coerente con le posizioni sovraniste presenti in un partito, Fratelli d’Italia, che la vede come indiscussa leader.

Se queste sono le intenzioni e le linee d’azione, la sfasatura che abbiamo sottolineato nella linea di condotta interna ed esterna del governo si è esplicitata in particolare su due questioni: il rapporto con Mario Draghi e il problema dei migranti:

  • Giorgia Meloni ha vissuto il suo predecessore come una sorta di convitato di pietra. Sparito sostanzialmente dalla scena politica, il fantasma di Draghi ha continuato ad essere presente e a innescare un confronto soprattutto per quanto riguarda il rapporto con l’Europa. La sua autorevolezza è diventata un peso che Meloni ha sentito su di sé e l’ha messa nella condizione di dover subire un esame in controluce, motivandola ancor più a quell’attivismo di cui abbiamo parlato in cui una rivendicata partecipazione all’Europa (se non altro sul PNRR e sul problema degli scostamenti del bilancio) si è accompagnata a gesti – per esempio sulla questione dei migranti – che hanno rischiato di isolare il Paese e di alimentare una politica estera pericolosamente divisiva.

E qui entra, appunto, l’altro elemento di fibrillazione ininterrotta, cioè l’atteggiamento nei confronti dei flussi dei migranti.

Meloni non ha mai smesso di fare la voce grossa nei confronti dell’Europa sorda e insensibile alle richieste di collaborazione italiane, con inevitabili paradossi: mentre stigmatizzava i partner indifferenti – tra cui anche quelli affini per cultura politica – ha cercato di coinvolgere quanto più possibile la Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen (si ricordi la visita  a Lampedusa e in Emilia Romagna, e il viaggio in Tunisia), per non parlare del contenzioso altalenante ora con la Francia ora con la Germania.

Una consequenzialità di sillogismi a effetto

Incertezze, oscillazioni, l’interesse nazionale messo avanti a tutto e insieme però impossibilità di rompere con l’Europa.

Ecco allora l’esercizio di equilibrismo di cui abbiamo parlato, sottoposto a strappi e tensioni, accompagnato in ogni caso da una modalità di discorso sempre autocentrata e caratterizzata da un’esibizione anche muscolare nei toni. Meloni, in questo senso, non dà mai l’impressione di una pausa di riflessione dubitativa, si affida alla consequenzialità di sillogismi a effetto in una comunicazione che sembra avere solo due alternative: l’annuncio di una decisione o la rivendicazione dei risultati ottenuti.

Unico destinatario, gli Italiani. È a loro che si rivolge, per loro si impegna, sono loro i mandanti della sua azione e del governo che presiede, gli Italiani, un’entità che acquista ancora più senso nei riferimenti al Popolo, alla Patria e alla Nazione che fanno parte intrinseca del patrimonio ideale della sua tradizione politica. Ciò che non impedisce di riferirsi continuamente agli Antagonisti che si frappongono al suo cammino, sottolineandone le contraddizioni e i cortocircuiti, la faziosità e i pregiudizi. In una parola, la Sinistra. Dunque mentre si rivolge agli Italiani, ne isola una parte, come a dire che gli Italiani non sono tutti… Italiani.

In sintesi, Giorgia Meloni ci appare come una formazione di compromesso.

Si presenta cioè con un’immagine che vuole essere solida e coerente, senza tentennamenti, nella determinazione che esibisce, nel tono spesso sbrigativo e spiccio, come in una conversazione in cui si ritiene di avere comunque ragione e se necessario si parla a brutto muso.  E, intanto, compie un’acrobazia no-stop nella quale tenere insieme l’Italia e l’Europa, il riflesso condizionato di una certa destra estrema e la stabilità di un governo di cui si è parte, il leaderismo e la collaborazione.

È sulla tenuta di questa formazione di compromesso chi si gioca la durata di Giorgia Meloni come Presidente del Consiglio.

In questo quadro, interviene brutalmente il nodo Giambruno.

Il post su Facebook

È il 20 ottobre 2023 quando Giorgia pubblica un post su Facebook:

“La mia relazione con Andrea Giambruno, durata quasi dieci anni, finisce qui. Lo ringrazio per gli anni splendidi che abbiamo trascorso insieme, per le difficoltà che abbiamo attraversato, e per avermi regalato la cosa più importante della mia vita, che è nostra figlia Ginevra.

Le nostre strade si sono divise da tempo, ed è arrivato il momento di prenderne atto.
Difenderò quello che siamo stati, difenderò la nostra amicizia, e difenderò, a ogni costo, una bambina di sette anni che ama la madre e ama il padre, come io non ho potuto amare il mio.

Non ho altro da dire su questo.

PS. Tutti quelli che hanno sperato di indebolirmi colpendomi in casa sappiano che per quanto la goccia possa sperare di scavare la pietra, la pietra rimane pietra e la goccia è solo acqua.”

Il canale di comunicazione

Giorgia Meloni non fa un comunicato stampa, né si presenta nella sala stampa di Palazzo Chigi, tantomeno rilascia una dichiarazione a questo o quel Telegiornale. Sceglie la modalità più popolare, meno istituzionale e più diretta: un post su un canale social, Facebook.

Dunque, evita ogni modalità istituzionale e si rivolge all’utenza larga e al tempo stesso personalizzata di una piattaforma, su cui tutti possono intervenire e, volendo, esprimere la propria opinione con un like di gradimento, oppure manifestando il proprio dissenso.

Senza nessun preannuncio, spedisce un messaggio che tocca una questione fortemente personale ma che per la sua posizione, per l’incarico che svolge non può restare nel chiuso delle stanze familiari.

Deve essere questa considerazione che determina la scelta social e una presa di posizione tranchante.

La rapidità

È un aspetto molto significativo, Giorgia non pone tempo in mezzo, non aspetta. Deve convincersi che far passare il tempo può aprire il varco a reazioni che potrebbero andare fuori controllo e far montare una spirale polemica dagli esiti imprevedibili.

Eppure si tratta di una questione he vorrebbe essere del tutto personale. Riguarda il suo compagno, Andrea Giambruno. Quello stesso che campeggia sul post in una foto che lo ritrae sorridente insieme a Giorgia alla figlia.

E tuttavia, come nelle storie che si rispettino, è intervenuto un evento esterno che ha fatto precipitare le cose e che obbliga la Presidente Giorgia ad affrontare la questione nello stesso ambito in cui quell’irruzione si è verificata, la dimensione aperta della comunicazione.

L’incidente

Il motore esterno che motiva il post è la messa in onda di fuori onda televisivi in cui il compagno si esibisce in comportamenti maschilisti, irriguardosi nei confronti delle colleghe. Andrea Giambruno viene colto in quella che agli occhi dello spettatore diventa una vera e propria performance di virilità durante gli intervalli delle riprese della trasmissione che conduce, il Diario del giorno su Rete Quattro.

Le riprese “rubate” vengono trasmesse nell’access prime time di Canale 5 durante Striscia la notizia, una trasmissione storica che usa la chiave dell’intrattenimento satirico e anticonformista.

Nessuna esitazione nel mandare in onda immagini che mettono a nudo un conduttore che è anche il compagno della Presidente del Consiglio. Chi manda in onda è pienamente consapevole della decisione e degli effetti che produrrà. Lo stesso Antonio Ricci, deus ex machina del programma, confermerà di averlo fatto nell’autonomia di una scelta editoriale, aggiungendo una coda cinicamente ironica (“Meloni un giorno scoprirà che le ho fatto un piacere”).

La reazione

Ad azione corrisponde reazione. Non si può dire che non sia nello stile di Giorgia Meloni e l’incipit del post non lascia dubbi: “La mia relazione con Andrea Giambruno, durata quasi dieci anni, finisce qui”.

Nessuna frase di circostanza, il messaggio è chiaro e diretto, non ammette interpretazioni. Una storia è finita e, semmai, l’aspirazione di chi scrive è che non abbia ulteriori code che potrebbero essere la pubblicazione di altri fuori onda e soprattutto la coda rischiosa dei commenti della politica, in un gioco che potrebbe intervenire sull’immagine stessa della Presidente e colpirne l’immagine e l’autorevolezza.

Chi parla

A scorrere il testo, Giorgia scrive il post in quanto compagna in una relazione di coppia di cui nell’arena social annuncia la fine. È in questo ruolo che avviene l’enunciazione del messaggio che dopo quell’inizio svolge alcune considerazioni sul rapporto con il compagno per poi chiudere con la stessa icasticità dell’inizio.

E però non finisce qui. Si aggiunge infatti un post scriptum nel quale viene lanciato un avvertimento che non riguarda la fine della storia ma richiama a un contesto diverso e al ruolo istituzionale di Giorgia Meloni. Nel codino conclusivo è la Presidente del Consiglio che parla e introduce un piano diverso che sposta dal melodramma di coppia al contenzioso politico.

Il messaggio

Abbiamo detto dell’incipit chiaro e distinto. Un telegramma senza appello.

Dopo di che nessun attacco, nessun accenno di irritazione, invece un ringraziamento pieno

“per gli anni splendidi che abbiamo trascorso insieme, per le difficoltà che abbiamo attraversato, e per avermi regalato la cosa più importante della mia vita, che è nostra figlia Ginevra”.

Meloni si lascia andare a una confessione, nessuna furia scomposta su un compagno che l’ha mette in difficoltà e con cui erano già intervenuti problemi, piuttosto il riconoscimento di un lungo tempo passato insieme, nella complessità delle vicende che hanno segnato una vita in comune, e poi la sottolineatura del legame con la figlia. E qui il ruolo della compagna lascia il posto a quello della mamma.

Segue una constatazione di fatto, una spiegazione sia pur sintetica di una decisione che rimanda a situazioni precedenti al vulnus di Striscia.

E poi tocca a un’orgogliosa rivendicazione in cui Giorgia nulla rinnega:

“Difenderò quello che siamo stati, difenderò la nostra amicizia” e apre anche a un lato doloroso della sua vita: “difenderò, a ogni costo, una bambina di sette anni che ama la madre e ama il padre, come io non ho potuto amare il mio”.

Dunque, compagna, madre e, lei stessa, figlia privata di una presenza paterna. Un’ammissione significativa, che dice di un sentimento e di un vuoto che ha certamente segnato chi scrive, una ferita che non si è mai rimarginata se lei ritiene di doverla citare in un momento così complicato.

Infine il Post Scriptum: Giorgia chiude la scena del privato e da Presidente del Consiglio si sposta sul retroscena: non fa nomi, parla del disegno di chi sfruttando la situazione – “colpendomi in casa”, dunque usando il privato per attaccare nel pubblico – ha pensato di indebolirla e lancia un vero e proprio avvertimento usando una metafora che aggiunge alla comunicazione una gravità simbolica, da massima a futura memoria, e per certi versi minacciosa:

“sappiano che per quanto la goccia possa sperare di scavare la pietra, la pietra rimane pietra e la goccia è solo acqua”.

È solo un post e però svela il volto complesso di una figura del potere.

Se l’immagine di un leader deve essere univoca e coerente, qui assistiamo a un lavoro di ricomposizione: una ferita si è aperta nel privato per un’interferenza pubblica – una trasmissione televisiva che ha delegittimato il compagno – Giorgia non si nasconde, la affronta e nella sintesi di un messaggio la sutura.

Stavolta il suo lavoro di equilibrista deve allargarsi all’ambito familiare e scongiurare le conseguenze sul ruolo istituzionale e sull’autorevolezza del governo. E il messaggio diventa anche un modo – sia pure trasversale e senza destinatari certi – per far sapere che lei sa e che è pronta ad affrontare e sostenere manovre ostili e attacchi, diretti e indiretti.

Da questo punto di vista, il Post Scriptum pone una questione: “la goccia” riguarda la trasmissione dei fuori onda e/o la strumentalizzazione da parte di “tutti quelli che hanno sperato di indebolirmi”?

È alla luce di questa domanda che va letto quanto succede dopo: la rivendicata autonomia decisionale del responsabile del programma, la presa di distanza dei vertici di Mediaset, la sospensione di Giambruno dalla conduzione del programma.

Ciò che non basta a far dileguare le ombre che la Presidente ha evocato. Non ha fatto i nomi e però ha manifestato una “sindrome dell’assedio” che proprio quella conclusione dovrebbe servire a denunciare e, con esplicita sottolineatura, a depotenziare.

Resta un’ammissione. Ciò che doveva restare nell’ambito riservato e privato tracima nella scena pubblica e interferisce comunque con l’immagine di una Presidente che non ha mai perso occasione per richiamare a una trinità di valori fondanti. Dio, Patria e Famiglia.

Non si tratta di essere semplicisticamente moralisti, qui si parla di comunicazione che se ha un’etica non è certamente quella della contrapposizione corriva a uso appunto della rappresentazione mediatica.

Semmai è da sottolineare la distonia che questa uscita-post di Giorgia su una lacerazione familiare comporta rispetto all’immagine di una Presidente che si riconosce nei valori della Destra.

E va anche rilevato l’accento materno e filiale che attraversa il messaggio, nonché la cura nell’evitare qualunque riferimento polemico nei confronti del compagno.

Giorgia parla da donna – compagna, madre, figlia – e si offre al pubblico dei social nel gesto definitivo di chi chiude una relazione, con il protagonismo pubblico che fa tutt’uno con il profilo al femminile di Presidente del consiglio. In questo dentro fuori, alla fine del post la donna Giorgia rientra nel ruolo istituzionale di Meloni Presidente e lancia un segnale agli Antagonisti.

La ricucitura finale

Passa un giorno e Meloni dal Cairo dove si trova per un summit internazionale sulla crisi in Medio Oriente tra Israele e Hamas, manda un video messaggio all’assemblea di Fratelli d’Italia, del suo partito, che celebra un anno di governo.

“Anch’io sono un essere umano”

Esordisce con un richiamo emozionale e personale che travalica il ruolo formale di Presidente e si sposta sul piano dei sentimenti: “Anch’io sono un essere umano”.

Non è solo una constatazione, nella situazione data, diventa una confidenziale captatio benevolentiae. Non dice “sono una donna”, ma “un essere umano”, la trasversalità di una condizione esistenziale in cui tutti si riconoscono, e questa identità dà il tono emotivo a tutto il messaggio.

Un anno di governo e una modalità di interlocuzione

Meloni passa subito al piano politico cominciando necessariamente dall’occasione – il compleanno dei governo – e ricorda il giorno storico dell’insediamento a Palazzo Chigi di cui sottolinea le novità: un governo espresso da una forza che mai vi era arrivata, “diretta espressione della volontà” degli Italiani, con una donna-Presidente e con un impegno contro la rassegnazione del Paese.

Siamo in un’occasione di partito, quindi è scontato il richiamo retorico alla compattezza, alla fiducia, al patto con gli Italiani, fa parte della logica dell’’embrassons-nous’, a rinforzare la quale Giorgia trova il modo anche di inserire ancora un riferimento personale:

“Sono sempre la stessa persona, ho sempre camminato a testa alta e non sono scesa a compromessi”.

Tutta la comunicazione assume a soggetto ora l’io, ora il noi, ora il voi: la prima persona del leader, la comunità che tutti riunisce e il rapporto confidenziale con chi guarda e ascolta.

La contrapposizione populista

La Presidente rivendica poi i risultati di un anno e sottolinea il perdurante “supporto e affetto degli Italiani” che riconduce alla natura stessa del governo e a una contrapposizione che fa parte sostanziale di un modo di porsi nei confronti della politica. Una cosa, dice, è la rappresentazione che “i giornaloni e i salotti tv” fanno del Paese, un’altra “l’Italia vera, dimenticata e umiliata dai governi della sinistra”.

Ne individua le categorie: “L’Italia del lavoro, del merito, dell’intraprendenza imprenditoriale, della famiglia”, contro “i furbi e i privilegiati”, quelli “con il giro giusto delle amicizie”. E contrappone l’Italia di chi non arriva alla fine del mese a chi sperpera miliardi, l’Italia chi era escluso “perché non aveva la tessera di partito giusta”. 

Insomma, Meloni da capo-partito e insieme Presidente riprende la chiave movimentista, populista e radicaleggiante che ha come contraltare non la politica in quanto tale ma quella che viene ricondotta all’occupazione del potere da parte di un’Antagonista connotato come remoto rispetto ai bisogni del Paese reale.

Ripropone quella che è stata la carta vincente delle elezioni. Orgoglio, riscatto, grandezza dell’Italia, “con la schiena dritta e lo sguardo fiero”.

“La cattiveria”

Nessun riferimento diretto alla vicenda personal-politica chiusa con il post, però una notazione sulla lotta che il governo ha intrapreso contro “le incrostazioni del potere” e “quelli che hanno bivaccato sulla pelle del Paese”, le consente di fare una precisazione significativa: è da lì che nasce

“la cattiveria verso di noi, i metodi che si utilizzano nelle tentare di indebolirci hanno raggiunto vette mai viste prima”.

Plausibile che nella cattiveria ci stia anche la trasmissione dei fuori onda del compagno e dunque il tentativo di sporcare la sua immagine personale coinvolgendo gli affetti familiari e la dimensione privata.

Giorgia ha chiuso con quella storia e la Presidente del consiglio riconferma la solidità impermeabile agli attacchi, la solidità che nel post era stata raffigurata nella pietra che resiste le gocce d’acqua che vorrebbero scavarla.

Si concede anche una chiusa psicoanalitica “noi siamo uno specchio della loro meschinità”. Uno specchio rovesciato che non riflette sé stessa ma la negatività dell’alterità antagonista.

Il ritorno del rimosso

La conclusione è affidata a una retorica che ricorda parole d’ordine care a quella della Destra, quasi che un linguaggio riemergesse e si facesse largo nel discorso della politica, come un rimosso che torna e finalmente si può esprimere, sia pure con una misura che non faccia del videomessaggio un balcone di antica memoria:

“Nessuna paura, testa dritta, sguardo rivolto verso l’alto, sorriso sul volto”,

poi una contrapposizione finale tra “il fango degli altri” e il “volare alto” e ancora il leader che non arretra e si conferma a guida:

“La nostra coscienza è a posto e con le spalle larghe”.

Leggi le altre notizie sull’home page di Key4biz