il vertice

Democrazia Futura. Opposizioni parallelamente indispensabili

di Riccardo Cristiano, giornalista, collaboratore di Reset |

Riccardo Cristiano racconta per Democrazia Futura il vertice congiunto della Lega araba e dell'Organizzazione per la cooperazione islamica a Riyad.

Riccardo Cristiano

Riccardo Cristiano commentando Il vertice congiunto della Lega araba e e dell’Organizzazione per la cooperazione islamica a Riyad, a proposito di Arabia saudita e Iran, parla di “Opposizioni parallelamente indispensabili” ben riconoscibili: “il vertice arabo islamico – scrive Cristiano –  è stato di nuovo la commedia degli inganni, perché ognuno ha pensato a regolare i conti interni più che a trovare un ordine per il futuro. Suppongo: ricevendo per la prima volta dopo la lunga interruzione delle relazioni bilaterali il presidente iraniano, il giovane principe di Riyad Moḥammad bin Salmān Āl Saʿūd ha inteso esibire un credito che dovrebbe a suo avviso preservarlo da attacchi delle milizie filo iraniane sparse nel Medio Oriente. Recandosi nella tana di bin Salman il presidente iraniano da parte sua ha ritenuto di incassare un credito che dovrebbe proteggerlo da attacchi diretti sull’Iran.

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Tutto questo però con la questione sul tavolo [ovvero la guerra in corso fra Israele e Hamas] c’entra poco. E c’entra ancor meno l’Islam”.

La teoria politica più nota nell’Italia della Prima Repubblica, quella della “convergenze parallele”, non è mai stata apprezzata né capita. Quella che emerge dal Medio Oriente in guerra si chiama “opposizioni parallelamente indispensabili” ed è molto più lineare e facilmente riconoscibile.

Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, dice di essere determinato a combattere fino a estirpare Hamas. Questa posizione è radicale, e comporta un attacco che coinvolge i civili di Gaza, che – secondo un sondaggio realizzato dal 27 settembre al 6 ottobre da Arab Barometerhanno preso nettamente le distanze da Hamas, riconoscendole una percentuale bassa di consenso.

Lo sradicamento di Hamas (che come idea si stava sradicando da sé essendo folle e forse è per questo che ha dovuto compiere la sua più criminale azione della storia configurabile come crimine contro l’umanità) ha indotto molti Paesi arabi a esprimere disgusto per la ferocia di Israele, tra questi la Siria di Bashar Al-Assad. Questa Siria, dello stesso Assad, ha appena finito di estirpare Hamas dalla Siria (i suoi leader sono stati però solo espulsi), con più virulenta ferocia contro i palestinesi.

Basterà ricordare quanto accaduto al campo profughi palestinese di Yarmouk, 150 mila persone all’origine ora 18 mila, sottoposto per anni ad assedio totale da Assad, l’odierno indignato per la ferocia israeliana. Assad ha capitanato il fronte della fermezza che ha fatto fallire il vertice arabo, poi diluito nel più ampio vertice della Conferenza per la Cooperazione Islamica, al quale è intervenuto il suo padrino politico, il presidente iraniano Ebrahim Raisi. Dal palco ha sostenuto che lo Stato palestinese deve andare dal Mediterraneo al fiume Giordano. Proprio quello che alcuni accusano i ministri più estremisti del governo Netanyahu di voler fare con il movimento dei coloni che mirerebbe a un’annessione di fatto della Cisgiordania, dove secondo fonti palestinesi sarebbe stati uccisi 185 a partire dal 7 ottobre.

Torniamo al vertice: chi ha avuto la cinica e spietata onestà di dire le cose con chiarezza è stato, come sempre, il leader di Hezbollah, Hasan Nasrallah, che ha voluto parlare proprio nelle ore del vertice svoltosi in Arabia Saudita come per dire che a quel vertice c’era anche lui. E cosa ha detto nel suo discorso da Beirut? Ha detto che, dal suo punto di vista, la guerra del fronte della resistenza va benissimo. Il mondo è scandalizzato dalla ferocia di Israele, ha sottolineato, e le manifestazioni di condanna si moltiplicano. Dunque Nasrallah ha avuto la spietata onestà di dire che il suo campo politico è avvantaggiato dalla linea israeliana e che per lui i morti di Gaza, stimati in 11 mila, sono un vantaggio politico. I palestinesi di Gaza non penso che siano d’accordo, ma Hamas probabilmente sì, visto che usa l’ospedale di Gaza come scudo.

Tutto questo non dà ai leader arabi moderati una visione, che al vertice hanno dimostrato di non avere. Quando il fronte della fermezza ha chiesto di usare il prezzo del petrolio come arma di ricatto col mondo per tentare di nuovo “la grande minaccia” del petrolio alle stelle, loro non hanno saputo chiedere se l’Iran avrebbe fatto lo stesso con il petrolio che vende alla Cina per ottenerne maggiore fermezza contro Israele. 

Ecco allora che il vertice arabo islamico è stato di nuovo la commedia degli inganni, perché ognuno ha pensato a regolare i conti interni più che a trovare un ordine per il futuro. Suppongo: ricevendo per la prima volta dopo la lunga interruzione delle relazioni bilaterali il presidente iraniano, il giovane principe di Riyad Moḥammad bin Salmān Āl Saʿūd ha inteso esibire un credito che dovrebbe a suo avviso preservarlo da attacchi delle milizie filo iraniane sparse nel Medio Oriente. Recandosi nella tana di bin Salman il presidente iraniano da parte sua ha ritenuto di incassare un credito che dovrebbe proteggerlo da attacchi diretti sull’Iran.

Tutto questo però con la questione sul tavolo c’entra poco. E c’entra ancor meno l’Islam.

Ai musulmani però ha parlato accuratamente, ancora una volta, Hasan Nasrallah, che ha capito quale fosse il punto debole del suo campo e ha negato che Hamas abbia ucciso donne e bambini, dicendo che sarebbero state uccise dal fuoco di reazione israeliano il 7 ottobre.

Non avrebbe potuto essere bin Salman, il custode dei luoghi Santi dell’islam, a dire che uccidere donne, vecchie e bambini è proibito dai testi dell’islam classico nei tempi di guerra? Non sarebbe stato più logico? Ma bin Salman c’entra molto poco con l’islam, lui stesso non lo nasconde e probabilmente non si preoccupa neanche di chiedere a qualche consigliere musulmano cosa potrebbe dire al mondo religioso, credente. I suoi codici potrebbero a volte apparire pre-islamici, e il delitto perpetrato nel 2018 contro il giornalista Jamal Khashoggi potrebbe per alcuni confermarlo.

Così mi sovviene, dalla storia, una figura ormai dimenticata, quella del segretario di stato britannico per la guerra, tra il 1914 e il 1916: Horatio Herbert Kitchener.  A differenza dei suoi connazionali lui non credeva opportuno colonizzare il mondo arabo dopo il crollo ormai imminente dell’impero ottomano. La sua idea era fare dell’emiro che governava sui luoghi santi di La Mecca e Medina una sorta di papa islamico”, al quale affidare la guida spirituale di quei luoghi in accordo con la corona britannica. Pensò di proporgli il titolo di Califfo, posto che lo stesso sultano ottomano si era dimenticato, ormai da secoli, di essere anche Califfo, cioè reggente della comunità dei fedeli musulmani. Ciò che non aveva valutato era quanto fosse frastagliata, divisa, complessa, la famiglia islamica”. Quel progetto, pensato in maniera affrettata, fu accantonato, lasciando emergere una colonizzazione occidentale che creò Stati inventati” con tratti d’inchiostro a tagliare le mappe del deserto e un islam ufficiale da subito a ranghi completi di gran mufti e giudici islamici, città per città, indispensabile ai colonizzatori.

Si volevano Stati moderni, ma solo in teoria. Presto così riemerse il potere dei potentati reali, con i loro poteri reali ma anche i loro meccanismi di funzionamento, le tribù. Per quanto riguarda la figura del Califfo, a cui britannici rinunciarono come interlocutore da trasferire in Arabia, è scomparsa dallo stesso immaginario islamico, pochi ne hanno nostalgia a un secolo esatto dalla sua abolizione (correva l’anno 1924 quando fu abolito).

La matassa dei poteri reali e presunti però non è stata sbrogliata, anche per quanto riguarda l’islam, che rimane un potente troppo diviso e disaggregato.

Un sincero riformatore islamico, che crede sinceramente nell’islam spirituale, mi ha ripetuto, proprio in queste ore: «all’Islam servirebbe un Vaticano».

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