L'analisi

Democrazia Futura. Occidente e Occidenti

di Giulio Ferlazzo Ciano, dottore di ricerca in Storia contemporanea |

Glossario di geopolitica di Giulio Ferlazzo Ciano. L’Occidente va declinato al singolare o anche al plurale? Come definire questa parte di globo? Qual è il rapporto con l’altra parte del mondo?

Giulio Ferlazzo Ciano

Come definire oggi l’Occidente, chi ne fa parte e chi ne rimane escluso o dalla collocazione incerta, chi si trova a metà del guado. Ci viene in soccorso l’opposizione Occidente/progresso versus Oriente oscurantismo? o quella Occidenti al plurale? Secondo Giulio Ferlazzo Ciano “l’unica vera definizione non ambigua, chiara e incontrovertibile, ancorché non sintetica: «gli Stati Uniti d’America e i loro più stretti alleati fra le nazioni rette da solidi regimi liberal-democratici e con adeguati livelli di sviluppo economico»” rappresenta l’Occidente o gli Occidenti “Un circolo di privilegiati, insomma, che menano vanto di gloriose fonti d’ispirazione (l’antica Grecia con la democrazia ateniese e l’antica Roma repubblicana, assieme alle rivoluzioni americana e francese e il costituzionalismo inglese), ma che in fondo si distinguono solo in base al reddito e all’adesione a un certo modello costituzionale che determina anche specifici modelli di sviluppo economico e culturale oltre che l’adesione a un certo universo valoriale (che i nemici dell’Occidente definiscono decadente, depravato e immorale)”.

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Sembra facile, ma ragionare sul significato di Occidente (compresa la variante «Occidenti», politicamente corretta ma anche più confusa) non è cosa di poco conto.

Già questo è uno scoglio sul quale si rischia di naufragare. Sarebbe il caso allora di farla semplice, soprassedendo per incoscienza, come si è sempre fatto, sul significato da attribuire a un’apparentemente innocua espressione geografica che rappresenta la variabile longitudinale della porzione di mondo che si intende descrivere. Oppure, al contrario, sarebbe il caso di ammettere che il termine Occidente, nel linguaggio corrente, ha ben poco senso.

Innanzi tutto è un’eredità da Guerra Fredda, ovvero di una stagione storica ormai conclusa: c’era una cortina di ferro che si estendeva da Stettino a Trieste e ciò che stava a Occidente di questa linea era il mondo libero. Con molte eccezioni, soprattutto a Oriente (Giappone in primis), ma si trattava di una semplificazione efficace: Polonia? Russia? Cina? Est comunista. Francia? Regno Unito? Canada? Occidente. India? Terzo Mondo (né Occidente e neppure Est comunista).

Oggi, tuttavia, nel comune sentire, così come nelle più dotte dissertazioni di illustri studiosi e accademici, si tende a individuare (consciamente o inconsciamente) nel termine Occidente l’intero complesso storico-culturale-giuridico che pertiene all’Europa e alle sue gemmazioni d’Oltremare, queste ultime sostanzialmente individuabili nell’Anglosfera, l’unica realtà geografica fuori dall’Europa plasmata a immagine e somiglianza dell’Europa: la Francia nell’opera di plasmazione ha pressoché fallito, mentre la Spagna e il Portogallo ci sono solo parzialmente riuscite. Dunque Occidente come insieme di «Europa più Anglosfera».

Ancora una volta il cosiddetto “mondo libero”, retto su ordinamenti liberal-democratici che impongono per vie costituzionali la netta separazione dei poteri, la rule of law, la piena e completa libertà di espressione e la difesa della più ampia gamma di diritti umani. Ne fanno parte ad honorem, pur non essendo tecnicamente Occidente, Stati ormai pienamente integrati in tale espressione politica del mondo: Giappone, Corea (del Sud), Repubblica della Cina (Taiwan) e Israele (salvo l’approvazione di riforme che ne minerebbe l’integrità liberal-democratica).

Gli esclusi e gli incerti

Un Paese come l’Argentina, la cui identità nazionale è un insieme, tutto orgogliosamente europeo, di cultura ispanica, sangue italiano, grandeur francese e arroganza inglese, aspirerebbe a essere Occidente, ma il ricordo della peronista tercera posición ne fa semmai un’antesignana dei Brics.

E poi, infatti, ci sono i Brics: sommatoria di ex Terzo Mondo arricchito (ma non troppo), ex Est comunista arricchito (persino troppo), ex Est comunista non arricchito e revanscista ed ex Occidente bianco (che imbarazzava l’Occidente bianco) mutato in nazione arcobaleno.

Ne consegue a conti fatti che l’Occidente di inizio XXI secolo, così come lo intendiamo noi occidentali, è un complesso di Stati accomunati dall’unica vera caratteristica di guardare con deferenza e rispetto agli Stati Uniti d’America e al modello che quel Paese (pur in crisi) incarna. Per certi versi Occidente potrebbe pertanto essere la più sintetica definizione (impropria quanto si vuole, ma di indubbia efficacia) dell’impero americano, comprendente anche i suoi più fidati e rispettabili vassalli, soprattutto in Europa. E forse è proprio così che va considerato, senza altre discussioni.

Eppure, anche in questo caso non tutta Europa sarebbe Occidente.

Già di per sé la Russia, Paese con testa europea e corpo asiatico, si è orgogliosamente autoesclusa dall’essere parte dell’Occidente (sebbene, in termini puramente culturali e storici, si possa ragionevolmente dissentire).

E poi sarebbe da domandarsi se siano Occidente in senso stretto nazioni europee che, per ragioni storiche e culturali, nonché talvolta per simpatie geopolitiche, guardano più a Est che a Ovest. La Serbia, ad esempio, considerata a ragione la nazione europea più amica della non occidentale Russia; Serbia che, peraltro, è uno dei pochi Paesi europei non neutrali che ancora non aderisce alla NATO e non intende aderirvi. Possibile che Belgrado non sia in Occidente, ma Sofia o Bucarest sì? Ipotesi: la Serbia è Occidente ma non sa di esserlo.

E la Grecia, sulla cui identità occidentale nessuno dissentirebbe? Potrebbe non essere Occidente pur credendo di esserlo. Obiezione: è la culla del pensiero “occidentale” e vi è nata l’idea stessa di democrazia. Giusto, ma vogliamo credere che quasi cinquecento anni di dominazione ottomana e un millennio di dominazione bizantina ne abbiano fatto una realtà pienamente occidentale? La Grecia indipendente l’hanno creata in gran parte klèftes e armatolì che, ad un’osservazione pur distratta del loro abbigliamento e del loro stile di vita (per la gioia dei viaggiatori europei e filelleni di inizio Ottocento, intrisi di romanticismo e in cerca di esotismo), tutto sembravano fuorché occidentali. Semmai cristiani turchizzati a tutti gli effetti. Eppure la Grecia è considerata Occidente e ne prendiamo atto.

A metà del guado

Ma che dire di quelle nazioni che stanno a metà del guado?
La Turchia stessa, ad esempio? Terzo mondo (se ancora esiste e se mai è davvero esistito) non le si attaglia per nulla. Occidente tuttavia nemmeno, soprattutto dopo la cura neo-ottomana in salsa autoritaria degli ultimi anni.

E poi, ammettiamolo, potrebbe mai essere considerata la Turchia una nazione occidentale, anche se fosse un’entusiasta paladina della liberal-democrazia? Esistette infatti, fino a non molto tempo fa, un mondo occidentale, chiamiamolo pure un “piccolo mondo antico” occidentale, imperniato sul solo continente europeo (e neppure tutto) che si considerava il centro dell’universo e che, in quel particolare contesto politico e culturale, designava come sua antitesi un esotico e anche un po’ inquietante Oriente identificabile, giustappunto, con gli imperi ottomano e persiano.

Un mondo popolato da dispotici sultani, emiri e satrapi, in grado di imporre la loro tirannia unicamente per mezzo del terrore. Un mondo oscuro, per giunta maomettano, che si opponeva nettamente alla fulgida Europa del Rinascimento e dei lumi. E questa idea di Occidente sviluppato, contrapposto all’Oriente arretrato, sopravvisse addirittura fino agli inizi del secolo scorso, tanto che un viaggiatore europeo che a quel tempo avesse visitato i Balcani meridionali non avrebbe esitato a definire quella parte di mondo “Oriente”, vicino quanto si vuole (almeno rispetto alla Turchia, alla Persia, per non parlare di India, Cina e Giappone), ma di certo non Occidente.

In quest’ottica sarebbe da domandarsi quanto siamo realmente occidentali noi italiani, cui non sono mancati una lunga parentesi bizantina nel Mezzogiorno, il dominio islamico in Sicilia e una città-Stato che per quasi un millennio fece da ponte tra l’Occidente e l’Oriente.

Occidente/progresso versus Oriente oscurantismo

Ma per fare da ponte tra Occidente ed Oriente bisognava appunto chiarire cosa fosse Occidente e cosa Oriente. E un tempo era tutto più facile. Quando la carta del mondo conosciuto aveva come limiti estremi le colonne d’Ercole e il corso dell’Indo, rispettivamente ad ovest e a est, le terre degli iperborei a nord e degli etiopi a sud, bastava tirare una linea nord-sud che tagliasse il bacino del Mediterraneo in due parti per stabilire cosa fosse Occidente e cosa Oriente. Lo fece in modo definitivo l’imperatore Teodosio e l’operazione gli riuscì anche piuttosto bene. Occidente non era ancora un giudizio di merito, ma una mera espressione geografica, comprensibile a tutti, anche ai politologi, se a quell’epoca fossero esistiti. Poi, col passare del tempo, abbiamo iniziato a complicare le cose, come è tipico di noi occidentali. Ci siamo convinti che a Occidente stesse il progresso e a Oriente l’oscurantismo e così Occidente è finito per diventare un giudizio di merito a geometrie variabili che ignorava o si faceva persino beffe della geografia.

La Francia era Occidente, ma le terre del Maghreb, più a occidente della stessa Francia, come si desume dal significato arabo del nome (“estremo ovest”), non lo erano. Da quel momento, su per giù con l’emergere dell’età moderna, è diventato sempre più complicato orientarsi sul planisfero e comprendere con esattezza cosa sia Occidente e cosa non lo sia. Nel frattempo terre che non erano occidentali venivano promosse ad Occidente, altre venivano declassate, altre ancora rimanevano in sospeso o condannate a vita all’esclusione.

La variante Occidente al plurale: un circolo di privilegiati eredi del piccolo mondo antico?

Oggi, nell’anno del Signore 2023 (l’Occidente è anche quella parte di mondo che è riuscita ad imporre la datazione corrente a quasi tutto il resto del mondo), noi occidentali crediamo di capire cosa voglia dire Occidente, in termini politici e culturali, ma a scanso di equivoci (o perché abbiamo la coscienza sporca) proponiamo la variante inclusiva al plurale, che tuttavia ingarbuglia ancor più le cose.

Come se ne esce? Chi scrive propende per far tornare l’espressione “Occidente” a semplice terminologia geografica, senza giudizio di merito: rimarrebbe tuttavia la scelta (non facile) su dove porre oggi la linea di partizione fra i due emisferi. Infine dare a Occidente l’unica vera definizione non ambigua, chiara e incontrovertibile, ancorché non sintetica:

«gli Stati Uniti d’America e i loro più stretti alleati fra le nazioni rette da solidi regimi liberal-democratici e con adeguati livelli di sviluppo economico».

Un circolo di privilegiati, insomma, che menano vanto di gloriose fonti d’ispirazione (l’antica Grecia con la democrazia ateniese e l’antica Roma repubblicana, assieme alle rivoluzioni americana e francese e il costituzionalismo inglese), ma che in fondo si distinguono solo in base al reddito e all’adesione a un certo modello costituzionale che determina anche specifici modelli di sviluppo economico e culturale oltre che l’adesione a un certo universo valoriale (che i nemici dell’Occidente definiscono decadente, depravato e immorale).

Ne fanno parte prevalentemente, come si diceva, nazioni europee o fondate da europei, oltre a nazioni non europee ma fortemente europeizzate (ma è meglio dire “occidentalizzate”, per mascherare la matrice culturale), ovverosia che hanno plasmato i loro sistemi di governo, le loro economie e in parte le loro culture a immagine e somiglianza di quel piccolo mondo antico che, diversi secoli fa, cominciammo a chiamare con una certa arroganza Occidente.

Ne consegue che, finché nel mondo esisterà un Occidente, le cose andranno ancora bene per noi vetero-continentali. Che ciò ci basti, dunque, per parlare di Occidente senza porci troppi e ulteriori interrogativi ontologici.

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