In chiusura del fascicolo numero cinque della rivista trimestrale si spiegano ai lettori le ragioni per le quali il periodico esce in grave ritardo, sottolineando il dibattito interno e le aspre discussioni emerse intorno alle cause e alle responsabilità che hanno portato all’invasione russa dell’Ucraina e presentando una modesta proposta contenente alcune linee-guida per avviare una soluzione del conflitto.
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Cari lettori,
prima di presentarvi questo numero 5 di Democrazia futura, sesto fascicolo della rivista e primo del 2022 sono necessarie alcune precisazioni. Questo numero – datato gennaio-marzo 2022 – esce con grave ritardo, ma quantitativamente doppio rispetto alla consuetudine, per varie ragioni
La guerra calda alle porte dell’Europa con l’invasione russa dell’Ucraina ci ha costretto a cambiare l’impianto generale del numero in corso d’opera. A ciò si sono aggiunti gli effetti del Covid-19 che ha colpito chi vi scrive ma soprattutto hanno pesato le divisioni interne emerse sin dall’inizio in seno alla nostra redazione sia sulle ragioni che hanno indotto Vladimir Putin ad invadere l’Ucraina sia sulle soluzioni che più convenientemente potrebbero porre fine ad un conflitto a poche ore da casa nostra.
Il fascicolo si trova così nelle sue prime tre parti quasi interamente dedicato al conflitto con poco spazio riservato al quadro politico europeo e nazionale fatta eccezione per alcuni importanti appuntamenti elettorali a cominciare dalle elezioni presidenziali in Francia.
È rimasta fuori l’analisi del quadro politico italiano e dell’operato di Draghi alle prese con i crescenti malumori della sua maggioranza in questa fase finale della Diciottesima Legislatura ma anche per tenere in ordine i conti di fronte alla riduzione delle previsioni di aumento del Pil e di crescita dell’inflazione, con le richieste di Bruxelles di realizzare quelle riforme di strutture a cominciare da quelle fiscali e sulla concorrenza che l’Unione europea giudica necessarie per procedere nell’erogazione delle prossime tranche dei fondi per il PNRR e soprattutto siamo stati costretti a rinviare ai prossimi numeri la riflessione sulla tenuta della democrazia, i rischi di una sua sospensione in assenza della normale dialettica politica fra i partiti, e le ricette per restituire loro quella funzione vitale sancita dalla Costituzione.
La rivista nei prossimi numeri da qui alle elezioni del 2023 affronterà il tema delle politiche per la transizione nell’ottica di un’autentica democrazia futura e non di una democrazia bloccata anzi peggio ormai sospesa secondo alcuni d noi essendo sottoposta alla dittatura dei tecnici e ai loro soprusi ma anche e soprattutto di un gran numero di corporazioni ostili a qualsiasi apertura e cessione di sovranità, in primis la magistratura, impegnate appunto ad impedire queste riforme strutturali. A cominciare da quella della giustizia. Con una serie di importanti quesiti referendari che rischiano di passare sotto silenzio avendo poche probabilità di raggiungere il quorum necessario per renderne valida l’imminente consultazione.
Sull’invasione dell’Ucraina – sulla quale si è discusso nel webinar promosso da Democrazia futura, Infocivica e Key4biz il 5 maggio[1] – è emersa nei fatti la spaccatura nel Paese in merito alle ragioni che hanno spinto Vladimir Putin a decidere di invadere uno Stato sovrano e le responsabilità di tutti gli attori e di talune forze occidentali a cominciare dagli Stati Uniti, che starebbero tentando di umiliare la Russia usando strumentalmente la legittima resistenza del popolo ucraino per spingere, a trentatré anni dalla caduta del muro di Berlino verso un universo geopolitico dove esercitare la propria egemonia in un quadro unilaterale anzichè riconoscere uno scacchiere politico multilaterale nel quale possano liberamente convivere Oriente e Occidente, Cina e Russia con Giappone, India, da un lato, Medio Oriente Africa e paesi emergenti e quelli che all’Onu sono tornati ad essere definiti come paesi non allineati in mezzo, e, Unione Europea, Stati Uniti, Regno Unito, America Latina e Australia, dall’altro lato.
Come abbiamo detto presentando il Numero Zero della rivista facciamo nostra la definizione di Norberto Bobbio “Democrazia vuol dire dissenso” e quindi la nostra piccola neo Congregazione degli Apoti, pur non “bevendo” qualsivoglia posizione manichea, ha il piacere in questa occasione (come lo ha peraltro già avuto in altre) di ospitare “pareri in dissenso”. Il che non significa rinunciare ad avere una posizione chiara di denuncia senza se e senza ma della violazione perpetrata dalla Russia del diritto internazionale e di piena solidarietà e di assistenza al popolo ucraino secondo i termini e gli impegni sanciti dall’Unione europea.
Una modesta proposta su cui intendiamo aprire una discussione
Nel breve termine va chiesto un cessate il fuoco e l’avvio di nuovi negoziati di pace intorno a pochi punti:
- la ricerca di una mediazione per favorire un compromesso fra le due parti senza vincitori né vinti, evitando un effetto “Sarajevo” e lo scoppio di una terza guerra mondiale, salvaguardando al contempo l’unità territoriale dell’Ucraina, il diritto all’autodeterminazione previa consultazione referendaria delle repubbliche secessioniste, uno statuto speciale per la Crimea in attesa di una Conferenza di Pace che ridefinisca aree presenze militari della Nato e di altri organismi di difesa in fase di costituzione in previsione di una difesa comune europea in gradi operare autonomamente al fianco del Patto dell’Atlantico del Nord
Nel medio termine ovvero entro sei mesi dal cessate il fuoco :
- il diritto della Russia a beneficiare ai propri confini di aree di sicurezza neutrali in cambio della rinuncia a qualsiasi ulteriore invasione di territori appartenenti a paesi terzi e/o di nuove forme di russificazione o di finlandizzazione e di asservimento (bielorussizzazione) da parte delle popolazioni confinanti. Il mantenimento del riconoscimento della Russia come potenza di primo rango vincitrice della seconda guerra mondiale e che come tale non deve subire processi di umiliazione ed aggressione da parte di qualsivoglia entità statuale occidentale, e in particolare dagli Stati Uniti;
- il diritto per tutti questi paesi e della Russia medesima di chiedere se lo desiderano l’associazione ad una nuova Comunità politica europea e laddove ne rispettino i requisiti anche l’adesione all’Unione europea e/o ad altri organismi internazionali, fatta eccezione per la Nato, con come corollario l’obiettivo strategico di evitare di trasformare la Russia in futuro in un vassallo della Cina favorendo, al contrario quanto segue.
Nel lungo termine, ovvero nei prossimi cinque dieci anni:
- la realizzazione di una Comunità politica Europea a fianco dell’Unione europea in prospettiva della costruzione di una Casa Comune europea riconosciuta come entità politica su tutti il suo territorio geografico ovvero dall’Atlantico agli Urali. All’interno delle nuove entità in costruzione andrebbero introdotti meccanismi di incentivo per favorire specifiche aree a statuto speciale comprendenti l’esistenza di uno a o numerose minoranze etniche all’interno delle entità statuali in esse associate;
- il rispetto di tutti i principi sottoscritti nel giugno 1975 da parte della Conferenza di Helsinki e il conferimento ad una seconda conferenza sulla sicurezza e la cooperazione internazionale del compito di ridefinire 80 anni dopo la Conferenza di Yalta le aree di influenza delle singole potenze nell’ambito di una concezione multipolare dello scacchiere geo politico internazionale;
- l’estensione del telefono rosso di consultazione in caso di situazione di crisi oltre alla Russia e agli Stati Uniti, all’Unione Europea e alla Cina;
- una nuova Organizzazione delle Nazioni Unite con un rinnovato Consiglio di Sicurezza in grado di favorire la realizzazione di regole del gioco sul piano globale e di decisioni strategiche di rilevanza planetaria a cominciare dal governo di una nuova internet e di tutti gli sviluppi nel campo dell’intelligenza artificiale sotto il segno del bene comune, scoraggiando anche sotto forma di bonus e incentivi ad esempio fiscali., in tema di proliferazione di armi e strumenti militari sia offensivi sia difensivi, ogni nuova forma di corsa agli armamenti ivi compreso nel campo della disinformazione
L’Unione europea – e nel suo seno certamente i suoi Paesi fondatori possono e devono costituire l’avanguardia di questo ambizioso programma politico per un nuovo equilibrato e composito scacchiere geopolitico fondato sul multilateralismo e sulla difesa dei principi sanciti dalla Dichiarazione di Helsinki.
Su quest’elenco sommario di proposte Democrazia futura aprirà la discussione con alcuni esperti nei prossimi mesi.
[1] Potete rivedere l’intero seminario moderato da Giampiero Gramaglia, con interventi di Raffaele Barberio, Guido Barlozzetti, Massimo De Angelis, Michele Mezza, Giacomo Mazzone, Pieraugusto Pozzi, Carlo Rognoni, Stefano Rolando e Bruno Somalvico collegandovi al seguente link: https://www.key4biz.it/infocivica-democrazia-futura-e-key4biz-presentano-il-webinar-geopolitica-media-e-disinformazione-nella-guerra-in-ucraina-un-bilancio-provvisorio/401550/.