Primarie

Democrazia Futura. Nel Michigan vincono Biden e Trump, ma entrambi avvertono scricchiolii

di Giampiero Gramaglia, giornalista, co-fondatore di Democrazia futura, già corrispondente a Washington e a Bruxelles |

Il commento di Giampiero Gramaglia sulle elezioni primarie in Michigan sia per il Partito democratico, sia per quello repubblicano.

Giampiero Gramaglia

Come previsto commentando il risultato nel South Carolina anche nelle primarie svoltesi martedi 27 febbraio, in uno degli Stati che può risultare decisivo il 5 novembre a Usa 2024, “Nel Michigan vincono Biden e Trump, ma entrambi avvertono scricchiolii[1]“. “Joe Biden e Donald Trump vincono a mani levate le rispettive primarie nel Michigan, ma entrambi individuano, nei risultati, segnali di allarme – scrive l’ex direttore dell’Ansa -. Il presidente in carica, candidato alla nomination per un secondo mandato, supera l’80 per cento dei suffragi, ma una frangia di oltre il 13 per cento dei votanti preferisce barrare la casella ‘uncommitted’, piuttosto che quella di Biden. Il resto dei suffragi va ai candidati marginali Marianne Williamson e Dean Phillips, entrambi intorno al 3 per cento. L’ex presidente repubblicano, candidato alla terza nomination consecutiva per il suo partito, va, invece, oltre il 68 per cento delle preferenze, contro il 26 per cento alla sua unica rivale Nikki Haley. C’è, qui, un piccolo nucleo di ‘uncommitted’ e di voti dispersi. Gli ‘uncommitted’ democratici – precisa Gramaglia  aderiscono al boicottaggio anti-Biden organizzato dalla comunità degli arabo-americani del Michigan, percentualmente la più numerosa dell’Unione, che contestano la posizione filo-israeliana dell’Amministrazione democratica nella guerra tra Israele e Hamas, nonostante le prese di distanza di Biden dal premier israeliano Benjamin Netanyahu e le pressioni – per altro, senza effetto – esercitate su di lui perché moderi l’impiego della forza contro i civili nella Striscia di Gaza […]. In campo repubblicano, il voto del 27 febbraio 2024 testimonia che c’è sempre e comunque almeno un terzo degli elettori repubblicani che non accetta il magnate come candidato. Su questo punto insistono quanti sostengono che Trump può ottenere la nomination, ma non può vincere le elezioni, come avvenuto nel 2022, al voto di midterm, ai suoi candidati negli Stati cruciali”.

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Martedì 27 febbraio si sono svolte le elezioni primarie in Michigan sia in campo democratico sia in campo repubblicano Il Michigan è uno degli Stati che può risultare decisivo il 5 novembre a Usa 2024. Nel 2016, Trump lo vinse per soli 11 mila voti; nel 2020, Biden ebbe un margine più largo; ad oggi, lo Stato appare molto incerto e potenzialmente determinante.

Biden e il boicottaggio arabo-americano nel Michigan[2]

Alla vigilia delle primarie thrilling nel Michigan [—] in campo repubblicano, ci si chiedeva fin quando potrà restare in lizza Nikki Haley, ora che ha perso anche il sostegno finanziario della potente rete dei fratelli Koch, l’American For Prosperity Action. E, invece, in campo democratico, ci s’interroga sull’impatto del boicottaggio a Biden organizzato dagli elettori arabo-americani – nello Stato, vive la comunità percentualmente più importante dell’Unione -. Gli arabo-americani criticano l’atteggiamento pro-israeliano del presidente nella guerra tra Israele e Hamas 

nella Striscia di Gaza. Leader della comunità, fra cui la deputata democratica del Michigan Rashida Tlaib, aveva chiesto agli elettori di non votare per Biden, ma di mettere una croce nella colonna “uncommitted”, che lascia i delegati liberi di fare la loro scelta.

Le conferme degli scricchiolii avvertiti nella campagna elettorale in questo Stato chiave

I timori della vigilia si sono rivelati fondati. Joe Biden e Donald Trump vincono a mani levate le rispettive primarie nel Michigan, ma entrambi individuano, nei risultati, segnali di allarme.

Il presidente in carica, candidato alla nomination per un secondo mandato, supera l’80 per cento dei suffragi, ma una frangia di oltre il 13 per cento dei votanti preferisce barrare la casella ‘uncommitted’, piuttosto che quella di Biden. Il resto dei suffragi va ai candidati marginali Marianne Williamson e Dean Phillips, entrambi intorno al 3 per cento. L’ex presidente repubblicano, candidato alla terza nomination consecutiva per il suo partito, va, invece, oltre il 68 per cento delle preferenze, contro il 26 per cento alla sua unica rivale Nikki Haley. C’è, qui, un piccolo nucleo di ‘uncommitted’ e di voti dispersi.

Gli ‘uncommitted’ democratici aderiscono al boicottaggio anti-Biden organizzato dalla comunità degli arabo-americani del Michigan, percentualmente la più numerosa dell’Unione, che contestano la posizione filo-israeliana dell’Amministrazione democratica nella guerra tra Israele e Hamas, nonostante le prese di distanza di Biden dal premier israeliano Benjamin Netanyahu e le pressioni – per altro, senza effetto – esercitate su di lui perché moderi l’impiego della forza contro i civili nella Striscia di Gaza.

Il boicottaggio arabo-americano trova consensi pure fra i progressisti e i giovani. Abbas Alaeih,
portavoce di Listen to Michigan, dice:

“E’ un grande successo per i pro-palestinesi dell’Unione e per il movimento anti-guerra”.

In campo repubblicano, il voto del 27 febbraio 2024 testimonia che c’è sempre e comunque almeno un terzo degli elettori repubblicani che non accetta il magnate come candidato. Su questo punto insistono quanti sostengono che Trump può ottenere la nomination, ma non può vincere le elezioni, come avvenuto nel 2022, al voto di midterm, ai suoi candidati negli Stati cruciali. Se i segnali del Michigan trovassero conferma nelle presidenziali del 5 novembre, ammesso che
Biden e Trump vi giungano come candidati dei rispettivi partiti, ciò significherebbe che Biden
perderebbe il Michigan, uno Stato in bilico chiave sia nel 2016, quando lo vinse Trump per soli
11 mila voti, che nel 2020, quando lo vinse Biden con un margine di quasi il 3 per cento, e probabilmente determinante anche in questo 2024
; e che Trump perderebbe le elezioni, perché non ce la può fare con un terzo di repubblicani in meno e senza gli indipendenti moderati (a meno che i democratici non disertino le urne).

Intanto, Nikki Haley conferma di volere restare in lizza almeno fino al Super-Martedì del 5 marzo,
quando si voterà in una quindicina di Stati
.

“Siamo su una barca e possiamo affondare con lei e guardare il Paese andare verso la sinistra socialista. Oppure, possiamo prendere il gommone di salvataggio e andare in un’altra direzione”,

dice Haley usando una metafora in un’intervista alla Cnn.

La campagna dell’ex governatrice della South Carolina continua a ostentare ottimismo, convinta
che i voti ad Haley sono la dimostrazione che i repubblicani, con Trump candidato, possono perdere a novembre anche di fronte a un candidato democratico debole come Biden.

Biden lavora con Congresso per ottenere aiuti ad Ucraina e sventare shutdown

L’ombra dello shutdown, cioè di una parziale serrata dei servizi federali, torna ad allungarsi,
com’è già successo, sulla campagna elettorale, mentre il presidente Biden si sforza di convincere
il Congresso a sbloccare gli aiuti militari all’Ucraina – circa 60 miliardi di dollari – e a Israele,
che i repubblicani teoricamente subordinano a interventi contro l’immigrazione clandestina, ma che in realtà non vogliono avallare per non darla vinta ai democratici.

Martedì 27 febbraio un incontro del presidente coi leader del Congresso ha toccato tutti questi temi. Il pacchetto di interventi in questione (Ucraina, Israele, migranti) è di 95 miliardi di dollari: c’è già stato l’ok del Senato, 70 a 29, quindi con molte adesioni repubblicane, ma la misura è ferma alla Camera, dove i repubblicani hanno una risicata maggioranza.

Lo speaker della Camera, il repubblicano ‘trumpiano’ Mike Johnson, non intende mettere ai voti
il pacchetto, con la motivazione che le misure anti-migranti non sono sufficienti, ma in realtà
perché teme che vi siano defezioni nel suo gruppo – ne bastano tre a rovesciare l’esito -.
I fondi a disposizione dell’Amministrazione per la spesa corrente si esauriranno venerdì 1 marzo
e i preparativi per un progressivo shutdown sono già iniziati
: circa il 20 per cento della spesa federale potrebbe non essere più coperto, con i riflessi negativi maggiori sui dipartimenti dell’agricoltura, dell’energia, dei trasporti, della casa e dei veterani.

L’eventualità di uno shutdown, che si è presentata più volte, ma è sempre stata sventata con provvedimenti tampone, preoccupa pure molti deputati repubblicani, perché devono affrontare a novembre, quando sarà rinnovata tutta la Camera, il giudizio degli elettori, che potrebbero loro attribuire la responsabilità dei disagi subiti.


[1] Scritto il 28 febbraio per The Watcher Post. Cf. https://www.thewatcherpost.it/usa/usa-2024-250-michigan-vincono-biden-e-trump-ma-entrambi-avvertono-scricchiolii/.

[2]Breve paragrafo estratto dall’articolo Scritto il giorno delle primarie, il 27 febbraio 2024 per The Watcher Post. Cf. https://www.giampierogramaglia.eu/2024/02/27/usa-2024-251-michigan/.

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