Il ricordo

Democrazia Futura. Mario Rigoni Stern, le stagioni del recupero

di Silvana Palumbieri, autore e regista a Rai Teche, realizzatrice di documentari |

Nel centenario dalla nascita dello scrittore di Asiago, la regista Silvana Palumbieri rievoca la figura di “Mario Rigoni Stern”.

Silvana Palumbieri

Per la rubrica Almanacco d’Italia e degli italiani Silvana Palumbieri, autore e regista a Rai Teche realizzatrice di documentari, nel centenario dalla nascita dello scrittore di Asiago, rievoca la figura di “Mario Rigoni Stern. Le stagioni del recupero”. L’articolo racconta “La lunga gestazione de Il sergente nella neve, il romanzo scritto al suo rientro dalla Russia, una volta finita la prigionia a partire dal proprio diario scritto sotto forma di appunti dal ’38 alla ritirata di Russia. Palumbieri descrive poi la collaborazione negli anni Sessanta di Rigoni Stern con la Rai per la quale scrive una storia per il film per la televisione L’Incontro, quindi “La produzione degli anni della maturità” scrivendo sempre per la Rai nel 1968 Il bracconiere, e, infine “Gli ultimi anni tra le sue montagne” dove si spegnerà nel giugno del 2008.

Mario Rigoni Stern (1º novembre 1921 – 16 giugno 2008)

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Per un ragazzo di 18 anni nel settembre del 1939 la chiamata del destino è salire su un treno. Così si esprime Mario Rigoni Stern in un programma televisivo

 “Mi ricordo sul treno. Vedevi la tristezza… porta tanti giovani contadini e montanari tristi. Fin quando arrivammo sul col de la Seine vedevamo la Francia …un alpino mi disse che Mussolini aveva dichiarato guerra alla Francia. Poi venne l’Albania la guerra più brutta”, metà ottobre 1940.  

Dal 28  ottobre 1940 inizia la campagna contro la Grecia, mesi di guerra di posizione nelle montagne al confine tra Albania e Grecia.

Il quarto fronte per Rigoni Stern sono le rive del Don in Russia C’è arrivato con la divisione Tridentina del Corpo d’armata alpini. In settembre cominciano le prime battaglie, il 16 dicembre parte l’attacco russo alle postazioni italiane.

Gli alpini vengono bloccati nelle trincee, accerchiati, bombardati. Malgrado le vittorie russe il corpo di spedizione italiano riesce ad aprirsi un varco fra le linee sovietiche. Per alcuni mesi una lunga marcia disperata dei soldati italiani in mezzo alla neve a 40 gradi sottozero, costretti a lasciare tanti commilitoni assiderati ai bordi delle piste dove rimarranno per sempre. Poi ancora passo dopo passo, nel freddo glaciale della steppa dall’Ucraina ai confini della Polonia, in Russia bianca, metà febbraio arrivano a Gomel da dove partono le tradotte per riportali in Italia. “eravamo al Brennero dopo l’8 settembre, tentai di scappare, mi presero invece i tedeschi.”

Nei  venti mesi di prigionia nei lager tedeschi scrive su fogli di risulta

Il mio libro era fermo, legato con lo spago- ricorda in un’intervistatelevisiva – Avevo fatto un diario, gli appunti dal ‘38 alla ritirata di Russia. E un anno dopo non era più un diario. Era memoria fresca. Esisteva solo la ritirata di Russia e il ricordo dei miei compagni.”                                                           

Finita la prigionia, Rigoni Stern finalmente torna ad Asiago, e, avendo ancora in testa la guerra, non riesce ad ingranare, i paesani non riescono a percepire  quanto è successo. Allora infila la sua anima tra i monti, e i libri, passioni di sempre. Del 1945 viene assunto come “diurnista di terza categoria” al Catasto. È il periodo in cui approfondisce le letture di autori stranieri conosciuti durante il fascismo, Ernest Hemingway, Franz Kafka, Gabriel Garcia Lorca, Thomas Eliot, la storia naturale. Di sera scrive il suo romanzo.

La lunga gestazione de Il sergente nella neve

Il capufficio, ex milite fascista, lo fa trasferire ad Arzignano, da dove riesce a rientrare in paese solo dopo tre anni di sacrifici. Nell’inverno del 1948 tiene compagnia in ospedale all’amico, lo scultore Giovanni Paganin  a letto per una bronchite asmatica, e gli  legge quello che ha scritto. A Paganin il romanzo piace molto. Spinge Rigoni Stern a batterlo a  macchina  con la sua Remington, poi lo porta a Milano per consegnarlo a Elio Vittorini, grande scrittore, intellettuale prestigioso, editor per le due case editrici dirette da Valentino Bompiani e da Giulio Einaudi. Vittorini ritiene il romanzo di grande interesse, salvo apportare correzioni e tagli. Poi per due anni un’oscura sosta: Rigoni Stern e Paganin non ricevono più notizie. Nel 1951 alla trattoria Bagutta di Milano la singolare apparizione di Curzio Malaparte col dattiloscritto sottobraccio va a salutare Dino  Buzzati e gli dice “È nato un grande scrittore”. In ottobre di quell’anno, stanco di aspettare Rigoni Stern scrive direttamente a Giulio Einaudi dicendogli che se non è interessato al libro glielo restituisca. Einaudi gli risponde personalmente dichiarandogli che lo ritiene “di grandissimo interesse”.  Agli inizi del 1952 Vittorini invita a casa sua Rigoni Stern per concordare modifiche da apportare. Passa un altro anno dedicato alla revisione.  

Anche Italo Calvino interviene per suggerire alcuni titoli. Infine nella primavera del 1953 Giulio Einaudi decide di mandarlo alle stampe. col titolo Il sergente nella neve. Un successo improvviso, inaspettato, vetta delle vendite, tante ristampe.                    

Rigoni Stern torna ancora ai giorni del gennaio del 1943 quando scrive per la Rai una storia per un  film per la tv col titolo L’incontro(1964). Durante la disperata ritirata tre soldati italiani cercano riparo e vengono accolti nell’isba di un anziano contadino e della sua famiglia. Uno dei militari Marco scopre che il vecchio è in realtà suo padre che credeva morto. Si era rifugiato là durante la prima guerra mondiale e aveva deciso di restarvi. Marco invece continua con i compagni la ritirata e la via del ritorno.

In quegli anni continua il suo lavoro di impiegato, collabora con Il Giorno e con altre testate. Dal 1971 compirà diversi viaggi sui luoghi della campagna di Russia, dove affiorano ricordi che racconta in una serie di articoli che nel 1973 verranno raccolti nel libro Ritorno sul Don.                                                                                                                                                                          

La produzione degli anni della maturità

Otto anni di pausa, poi nel 1962 Italo Calvino fa pubblicare da Einaudi Il bosco degli urogalli, otto  racconti di cacciatori, animali selvatici, montagne, spazi aperti con presenze umane minime. Rigoni Stern diventa il cantore della montagna e della natura. Nel 1968  in Val Giardini costruisce una  villa in un appezzamento contiguo a quello di Ermanno Olmi e qualche anno dopo anche  Tullio Kezich.  Affinità di scelte creative che spingono al sodalizio.

Nel 1968 scrive una storia per un film della Rai Il bracconiere, di cui sarà regista Eriprando Visconti. Alla fine di quell’anno impegna il proprio prestigio di grande scrittore a difesa dell’ambiente montano. È in prima fila nell’opera di sensibilizzazione contro la cementificazione dell’Altopiano di Asiago. In quegli anni sarà nuovamente consigliere al Comune di Asiago eletto in una lista di sinistra. Negli anni Settanta col Gruppo Salvaguardia Sette Comuni contrasta la speculazione edilizia e il perdurante uso dell’Altopiano per devastanti esercitazioni militari.

Il tempo in cui non scrive, coltiva l’orto, pota gli alberi, cura le api. Nell 1982 vince il premio Nonino con Uomini, boschi e apiche raccoglie quattro lunghi racconti pubblicati su La Stampa.  Storie di animali, di uomini e del loro lavoro e anche di insetti, le api, il mondo dell’Altipiano Il vecchio boscaiolo, l’emigrante che viene a morire nella sua terra, i pastori, i cavatori del marmo rosso. I carbonai. I malghesi, il boscaiolo, gli assegnatari del legno per uso civico. I segni rossi sulla neve del lepre ferito, le primavere, le coturnici che cantano i prati che si riempiono di giallo e di tarassaco, sciami d’api, l’uomo si ritrova ancora nel rapporto con gli elementi della natura. Il libro degli animalidel 1990, raccoglie una ventina di storie senza tempo di animali diversi, cani, caprioli, gufi, lepri. Arboreto selvatico uscito nel 1991, raccoglie cento racconti dedicati ciascuno a una pianta diversa.

Al ritorno ad Asiago  la  cosa di cui occuparsi, diventa la Biblioteca dei combattenti e alla fine del 1968 per una grave malattia rischia di morire. Dopo una lunga convalescenza nel 1970 viene collocato a riposo, ed è scrittore a tempo pieno nella sua Asiago.    

Dal suolo dell’altipiano di Asiago affiorano i residuati bellici e la  memoria collettiva dei 1250 giorni di guerra combattuta contro gli austriaci dal 24 maggio 1915 al 4 novembre 1918.  

La nostra piccola patria dei Sette Comuni sconvolta e distrutta sin nel profondo da quarantun mesi di guerra”.

La vita nell’alta valle, l’amore per la natura, per la montagna, i resti materiali e la memoria della prima guerra mondiale combattuta sull’altipiano. Con Tullio  Kezich e Ermanno Olmi. è autore del lavoro televisivo per la Rai I recuperanti (1975)                                                                    

Quindi nell’arco di  vent’anni prende vita un ciclo narrativo noto come Trilogia dell’Altipiano. Il primo volume del 1978 racconta la Storia di Tönle contadino e pastore di Asiago che per un’infrazione finanziaria  viene condannato e costretto a darsi alla macchia. Gira per l’Europa, fa il venditore di stampe, un indulto lo riporta ai suoi campi. Passano gli anni arriva la grande guerra, gli austriaci che hanno distrutto il suo paese e la sua casa. È stanco, si siede a fumare sotto un albero e lì viene trovato morto da un soldato di passaggio. Nel 1980, con Storia di Tönle Rigoni Stern vince i premi Bagutta e Campiello ed entra in via definitiva nel novero dei maggiori scrittori italiani.                             

Segue nel 1985 L’anno della vittoria. Il giovane Marco nel 1918, torna sull’altipiano, dove la guerra due anni prima l’aveva portato altrove. Trova rovine, baracche militari abbandonate, cadaveri da rimuovere, camminamenti colmi di residuati bellici, boschi distrutti, caprioli e cervi scomparsi. Matteo e i suoi devono ricostruire case, boschi, affetti familiari. La storia – in quell’anno di vittoria della vita sulla morte, del lavoro sulla distruzione – si conclude con la nascita della sorellina di Marco.                                                                                                                                            Con Le stagioni di Giacomo (1996) vince il Premio Grinzane Cavour e il Premio Comisso. Una piccola comunità dell’altipiano di Asiago esce stremata dalla Grande Guerra: ovunque macerie, povertà, disoccupazione. Chi non emigra ha davanti a sé un solo, pericoloso mestiere, quello del “recuperante”: battere la montagna alla ricerca di residui bellici da rivendere ai grossisti di metalli per pochi centesimi. Giacomo, il protagonista del romanzo, impara il mestiere fin da bambino, al seguito del padre. Nel silenzio dei monti, impara a dialogare con i soldati scomparsi, ma anche a conoscere e decifrare il linguaggio segreto di piante e animali. In questi anni si  batte contro l’inquinamento e contro lo scempio naturalistico dell’Altipiano compiuto dalle esercitazioni militari.

L’11 aprile 1987 viene a sapere per caso della morte di Primo Levi. Rigoni Stern, è disperato, singhiozza come un bambino.Negli anni Ottanta e Novanta viaggia molto, torna ancora una volta sui luoghi della guerra e della prigionia (da dove realizzerà reportage giornalistici e televisivi).

L’11 maggio 1998 l’Università di Padova gli conferisce la Laurea honoris causa in scienze forestali. L’anno dopo viene presentata alla Mostra del Cinema di Venezia la sua video-intervista con Marco Paolini, per la regia di Carlo Mazzacurati. Nello stesso anno scrive Sentieri sotto la neve.

Il 3 aprile 1999 muore Giulio Einaudi, padre della sua avventura editoriale.

Gli ultimi anni tra le sue montagne

Nel 2002 scrive “L’ultima partita a carte”. Quando si entra nel nuovo millennio Rigoni Stern ha superato 80 anni. Nel 2003 il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi gli attribuisce l’onorificenza di Cavaliere Ufficiale di Gran Croce; si parla inoltre ripetutamente di lui come possibile senatore a vita, e viene anche candidato per il Premio Nobel.

Nei suoi ultimi anni pubblica altri libri di racconti, fra i quali nel 2004 Aspettando l’alba, per il quale Riceve il Premio Chiara alla carriera, il premio Viareggio il premio Repaci, il premio Masi (assieme al poeta Andrea Zanzotto). È chiamato dalla Regione Veneto a partecipare con altri quattro saggi alla stesura dei principi fondamentali del futuro Piano territoriale regionale di coordinamento, raccolti organicamente nel 2004 in un documento denominato Carta di Asiago. Nel 2006 festeggia gli 85 anni invitando in un convegno ad Asiago tutti i suoi traduttori, quindi pubblica Stagioni, il suo ultimo libro.

È nominato dal Ministero della cultura francese “Commendatore delle arti e delle lettere”. Nel maggio 2006 ad Asiago si svolge la 79° Adunata degli alpini. Tra i volti dei commilitoni di Russia, ritrovati solo il tenente Nelson Cenci, che ritiene l’ultimo soldato sopravvissuto. L’anno dopo l’Università di Genova gli attribuisce la laurea honoris causa, vince il premio Recanati. Nelle adunate nazionali vuole incontrare ancora i pochi alpini rimasti. Nei mesi successivi si ammala, chiede per la sua fine solo il silenzio, e viene a morire tra le sue montagne, nella sua casa il 16 giugno del 2008.

Per sua espressa volontà la notizia viene divulgata solo il giorno successivo, a funerale avvenuto.                                                                                                   

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