“L’impalcatura, il teatro, l’Eros”. Con questo titolo Italo Moscati scrive un articolo per Democrazia futura “A proposito della raccolta delle ventuno commedie di Luca Archibugi pubblicata da Nino Aragno”. “Luca Archibugi – scrive Moscati – ha formato e nutrito il suo compito di mettere in scena i suoi spettacoli in varie parti, nomi e cognomi, donne e uomini. Sono una serie varia che accende situazioni, scene, storie: sono piccoli mondi che tessono un tappeto di idee. Dentro a questo incalzare di personaggi scritti da Luca, vanno e si confrontano. Ogni parte è uno specchio di parole e di movimenti, attori che sono persone e persone che sono attori. Luca in questo modo – osserva Moscati – riesce a far sviluppare il suo talento, la sua tensione di rapporti, sogni, e momenti. Voglia di fare teatro nel gioco delle differenze tra persone che si cercano, cercano di capirsi o non di non capirsi affatto”.
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L’Impalcatura, dice la voce di un vocabolario: organizzazione interna a un sistema (anche di pensiero) su cui si regge l’ossatura economica, sociale di un Paese. Il lavoro che mi è stato chiesto riguarda la ricerca di qualcosa che potrebbe portare a qualcosa di rilevante.
Sono qui davanti a molta carta, carta forte, per sostenere una ricerca e un sogno.
Sistemare alcune considerazioni e idee per cercare di curare, meglio costruire un destino. Il destino di avere accettato la proposta degli amici Luca Archibugi, Franco Cordelli, Bruno Somalvico (quest’ultimo mi ha affidato il compito di sbrogliare la matassa che ho accettato).
La cosa principale è subito urgente. Quale percorso costruttivo per andare avanti? Meglio procedere con lucidità e concretezza. In un ordine che potrebbe essere questo, considerando i materiali di carta per costruire un’Impalcatura nuova, possibile, resistente. Ovvero usare carta per la nuova Impalcatura e proseguire.
Ecco come. Luca e Franco hanno costruito le pagine per organizzare e realizzare il piano della necessaria, nuova Impalcatura.
Qui la materia è fragile, pronta a non trovar sostegni e materiali. Franco, più grande e più famoso, ha la esperienza letteraria e la sicurezza del vedere, provare, sentire, costruire la robustezza del lavoro da fare. Luca, più giovane e a caccia di destino, ovvero la forza per l’impalcatura.
Poiché mi sono schierato con loro, voglio operare, lavorare, inventare qualcosa che dia il sostegno di costruire questa scommessa che vogliamo, possiamo correre.
Io sono il pericolo numero uno. Perché questi amici, Luca e Franco, sono il personale che ha costruito qualcosa di serio. Il libro Per filo e per segno (Teatro 1978-2018)[1] sta circolando e lavora a procedere. Il libro, anzi la Voluminosa costruzione, si attrezza e lavora.
Ad esempio, l’Idea nuova è già nel testo, la prima parte si allunga e articola un ampio, sveglio spettacolo.
Luca Archibugi ha formato e nutrito il suo compito di mettere in scena i suoi spettacoli in varie parti, nomi e cognomi, donne e uomini. Sono una serie varia che accende situazioni, scene, storie: sono piccoli mondi che tessono un tappeto di idee.
Dentro a questo incalzare di personaggi scritti da Luca vanno e si confrontano. Ogni parte è uno specchio di parole e di movimenti, attori che sono persone e persone che sono attori. Luca in questo modo riesce a far sviluppare il suo talento, la sua tensione di rapporti, sogni, e momenti. Voglia di fare teatro nel gioco delle differenze tra persone che si cercano, cercano di capirsi o non di non capirsi affatto.
L’immaginazione ruota, diventa mordente, cerca fatti e personaggi.
E Franco si ripresenta nella scena in fondo all’Impalcatura e alle pagine, gioca con nomi, colloqui con personaggi, avvicina e dice la sua, con la pazienza e l’ironia che lo contraddistingue.
Chiude l’Impalcatura utile, spiritosa, legittima e sorridente.
Il libro Per filo e per segno va con tutta l’Impalcatura che conta su sé stessa.
Ma il risultato esce dal gioco lineare, spiritoso e critico nel nostro svuotato Paese … “per filo e per segno”.
L’impalcatura deve vincere, non farsi condizionare, scomparire … Luca lo dice espressamente, con malinconia, invocando resistenza, cercando, dicendo, ricordando.
E si accende: “i registi si sono impossessati della funzione dell’autore. Può sembrarci teatro ma non lo è: il teatro nasce sempre in relazione a un autore, cioè uno scrittore”.
E aggiunge: “Una sera sono andato a salutare il pubblico. Avevo litigato a morte con un’attrice. Ma poi siamo usciti tutti insieme tenendoci per mano. Eravamo un’onda. E ogni pensiero è svanito“.
[1] Luca Archibugi, Per filo e per segno. Teatro 1978-2018. Prefazione di Attilio Scarpellini, Torino, Aragno, 2021, 568 p.