Democrazia futura seguendo una tradizione avviata oltre 110 anni or sono dalla rivista La Voce di Giuseppe Prezzolini, inizia un viaggio fra le minoranze etniche e religiose presenti nella nostra Penisola, alcune delle quali a rischio di estinzione pur essendo state oggetto di analisi da parte di una grande scuola e tradizione di studi di antropologia sociale e sociologia delle religioni. Silvana Palumbieri inizia questo viaggio presentando le tre circoscrizioni ecclesiastiche che costituiscono la Chiesa Cattolica greco bizantina in Italia ripercorrendo la storia degli insediamenti albanesi nell’Italia meridionale a partire dal Quattrocento.
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La tradizione orientale di rito bizantino in Italia è praticata in Calabria Sicilia, Basilicata, Puglia, Abruzzo e Molise, Campania.
La Chiesa Cattolica bizantina è articolata da tre circoscrizioni ecclesiastiche.
- L’Eparchia di Lungro.
- L’Eparchia di Piana degli Albanesi,
- il Monastero Esarchico di Santa Maria di Grottaferrata.
Le tre circoscrizioni della chiesa greco-bizantina sono soggette direttamente alla Santa Sede.
Il Concilio Vaticano II ha comprovato in modo esplicito la tradizione orientale nella chiesa cattolica. Si ha qui il caso unico della presenza di due tradizioni ecclesiali nell’ambito della diretta giurisdizione del Papa.
Appare chiaro come la Chiesa italo-albanese sia coinvolta nella grande questione della ricomposizione dell’unità dei cristiani. San Paolo VI definì i fedeli italo-albanesi “Precursori del moderno ecumenismo”.
Sono quindi parte della Chiesa cattolica, mentre i credenti di altre religioni in Italia che sono ormai il 5 per cento: sono cristiani protestanti (compresa la Chiesa valdese), testimoni di Geova, comunità ebraica, musulmani, buddisti, induisti.
Oggi gli italo albanesi sparsi nelle diverse comunità sono 100 mila. Alle prime migrazioni in Italia, per quattro secoli ne seguono altre dieci.
La comunità arbëreshë in Italia
Gli albanesi spesso raggiungono qui i loro fratelli della comunità arbëreshë. La presenza degli arbëreshë in Italia risale al XV secolo, quando i profughi albanesi dalla Grecia arrivarono nell’Italia meridionale. Nel Quattrocento Giorgio Castriota signore di Kruja conosciuto come Scanderbeg, guida per 25 anni il popolo albanese a difendersi dai Turchi invasori. E ottiene grandi vittorie a Torvioll, Oranik, Mokrtena, Otoneta a cui seguono altri successi. È la sua grande abilità strategica, e geniali tattiche da guerriglia che fanno vincere agli albanesi battaglie quasi sempre combattute in inferiorità numerica. L’avanzata ottomana viene fermata.
Nell’Europa cristiana si affievolisce il terrore dei Turchi.
A Scanderbeg viene attribuito l’appellativo di “defensor fidei”, o secondo la definizione di papa Callisto III “atleta di Cristo”. Castriota ha stipulato un patto d’alleanza col re di Napoli, di Sicilia e della Sardegna, Alfonso V d’Aragona chiamato il Magnanimo. Nel 1458 gli succede il figlio Ferdinando Trastámara d’Aragona detto Ferrante. Il giovane re chiama in aiuto Scanderberg per reprimere la ribellione dei baroni e delle truppe del francese Giovanni d’Angiò che vogliono scalzarlo dal trono.
I primi insediamenti albanesi in Puglia dopo che sono stati ridotti in schiavitù dai turchi
Fedele al patto col padre, Scanderbeg interviene, libera Ferrante d’Aragona dalla fortezza di Barletta, riconquista Trani. Quindi Ferrante a Troia in Capitanata infligge alle truppe angioine la sconfitta definitiva. La guerra è vinta, e Ferrante nel 1461 come ricompensa dona a Scanderbeg terre in Puglia dove arrivano i primi insediamenti albanesi.
Ma il 17 gennaio 1468 Scanderbeg muore. I Turchi avanzano nei Balcani e gli albanesi quando non sono sterminati dal ferro, sono ridotti in servitù.
Adesso uno sciame – il più grande di allora – di contadini e di pastori salpa in cerca di terre sicure e libere, arriva in Italia e raggiunge la Calabria.Provengono per lo più dal sud dell’odierna Albania dove sperano di ritornare quando la crudele e repressiva dominazione turca finirà, e le bandiere con la mezzaluna non sventoleranno più nella loro patria.
Gli insediamenti albanesi in Calabria
Gli insediamenti degli Albanesi in Calabria avvengono in zone isolate e nelle alture medie delle colline, quasi a ritrovare l’ambiente da cui erano partiti. Campi impervi e non coltivati vengono lavorati senza tregua e trasformati con colture che riflettono le peculiarità del luogo. Campi di orzo, grano, legumi, oliveti, vigne sono ancora oggi ricchezza del territorio. Tralci e vitigni li hanno portati dall’Albania, e l’uva che nasce è senz’altro ”uva Scanderbeg”.
Poi il vino lo apprendono dai monaci dei vecchi conventi. I pastori, nell’incolto delle radure, praticano pascolo e allevamento Nelle zone coltivate è notevole la presenza di piante officinali come canapa, cotone e lino. L’attività tessile si sviluppa, soprattutto per l’impulso delle donne. Nei boschi trovano la preziosa risorsa del legname, e anche sottoterra a Lungro il sale delle miniere, oggi dismesse.
L’Arberia, un’entità complessa unita da religione, lingua e tradizioni
L’insieme dei villaggi arbereshe si chiama Arberia, territorio che non c’è nelle enciclopedie, che non ha segni di confine, ma costituisce un’entità complessa unita da religione, lingua, tradizioni.
Le Eparchie hanno mantenuto, e mantengono vivo, in Italia l’Oriente; in modo particolare in Calabria, con le sue tradizioni iconografiche, liturgiche, canoniche, teologiche, culturali.
Gli albanesi portano in Calabria il loro patrimonio di lingua, usi, fogge, riti. La liturgia che viene celebrata ogni giorno è quella di San Giovanni Crisostomo, illustre padre e dottore della Chiesa.
La messa domenicale coinvolge in modo dinamico i partecipanti, sia spiritualmente che fisicamente. È una messa tutta cantata, continuo intercalare di canti tra il presbitero e il popolo.
Processioni dentro la Chiesa portano il Vangelo e i Santi Doni. Sono continue Benedizioni di pace che il sacerdote elargisce ai presenti, i quali, inchinando il capo e facendosi numerosi segni della croce, le ricevono come mandato per portare la pace nel mondo. Nel corso della celebrazione il fedele viene coinvolto fisicamente: gli occhi dalle icone, le orecchie dal canto, il naso dall’intenso profumo dell’incenso che fuoriesce a nuvolette dal turibolo munito di dodici melodiosi campanelli.
È un invito a immergersi nella bellezza della liturgia, luogo dell’incontro di pace dell’umano con il Divino. Nella celebrazione, si prescrive di usare solo i paramenti di foggia orientale, la durata del solenne rito è di circa un’ora e mezza. Alla fine, i fedeli rimangono in chiesa a pregare col sacerdote, poi in silenzio escono dal luogo sacro.
I Sacramenti dell’iniziazione cristiana. Battesimo – Cresima – Eucaristia
Nella chiesa bizantina, Battesimo – Cresima – Eucaristia vengono somministrati tutti e tre insieme: il Battesimo viene amministrato sempre per immersione, subito dopo la celebrazione del Battesimo, segue la Cresima e immediatamente dopo, anche l’Eucaristia, anche agli infanti. Per il sacrificio eucaristico il papa prepara un quadrato di pane quotidiano fermentato (detto amnos, agnello) non azimo, poi lo benedice. Nel sacramento del matrimonio una caratteristica è l’incoronazione degli sposi.
L’Eparchia di Lungro, come tutte le chiese orientali cattoliche, segue il diritto canonico orientale. I preti non si possono sposare, però un uomo sposato può accedere, oltre che al diaconato, anche al sacerdozio. Una particolare attenzione è rivolta alla questione pastorale per cui i sacerdoti devono visitare, almeno una volta l’anno, ogni famiglia ed esaminare se si annidino pericoli contro la fede e la morale. La chiesa è sistemata secondo la tradizione liturgica greco-bizantina.
Il luogo di culto, le sue decorazioni con icone
L’edificio di culto, la chiesa, è sistemato secondo la tradizione liturgica greco-bizantina. In fondo c’è il prebisterio , poi c’è l’iconostasi una grande parete divisoria con tre porte – quella centrale riservata ai ministri di culto – che aprono alla navata centrale.
L’iconostasi è completamente decorata da icone. Le icone di Cristo, della madre di Dio, dei Santi che adornano le chiese di rito bizantino non hanno soltanto una funzione estetica o decorativa, ma sono integrate nel mistero liturgico.
Infatti, liturgia bizantina e icone sono inseparabili. L’icona è un’immagine sacra che testimonia una presenza, in quanto evoca il mistero dell’incarnazione. Il verbo di Dio veramente si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo agli uomini.
Gesù Cristo, secondo l’espressione di San Paolo, è l’immagine visibile di Dio invisibile. Per la spiritualità del fedele di rito bizantino, le icone hanno una grande importanza, sia per la celebrazione liturgica sia per la preghiera particolare. Un padre della Chiesa ci ricorda che l’uomo, anche il più perfetto, ha bisogno dell’immagine come ha bisogno del libro per capire meglio il significato dell’Evangelo, l’oro simboleggia la luce del cielo. Nelle icone l’oro simboleggia la luce del cielo. Le teste sono frontali faccia a faccia per accogliere la parola di Dio.Gli occhi guardano fisso verso l’infinito.
L’altare bizantino è quadrato ed è unico per ogni edificio di culto. Il grande lampadario circolare a più luci è simbolo della misericordia di Dio
La memoria dei defunti
La settimana che precede il Carnevale è dedicata alla memoria dei defunti. Fiammelle in ogni casa e – simbolo di rinascita – il grano, che prima viene cotto, poi si dona a chi bussa alla porta. La morte per gli arbëreshë non è un fatto completamente negativo. È significativo che la commemorazione dei morti venga celebrata la settimana prima di Pasqua. Perché la morte non è altro che l’inizio di una resurrezione.
Per questo il giorno dei morti gli arbëreshë si trovano insieme a festeggiare con i defunti, nel Giorno dei Morti, come a San Demetrio Corone, accendendo falò sotto la luna il 2, 3 e 4 maggio per celebrare la ricorrenza di un insediamento, significano il fuoco nuovo della Santità e della ritualità, come buon auspicio della fondazione di una nuova comunità. La chiesa italo-albanese di rito bizantino-greco segue l’Imerologhion, che è il calendario liturgico bizantino. E l’anno liturgico bizantino inizia il giorno di Pasqua.
La cucina delle comunità arbëreshe
Gli arbëreshe mangiano paste arbëreshe, le famose “striglie” o altri prodotti tipici, la Dromësat è un’altra pasta tipica caratteristica, questo si chiama Furisiska, un piatto tipico di questa comunità. È fatto con prodotti tipici di orti accuditi esclusivamente da loro, quindi prodotti locali, è fatto con fiori di zucca, zucchine e patate. Osserviamo quanto sia forte la tradizione enogastronomica, che fa riferimento anche ai prodotti tipici della cucina
La verdura viene tagliata a tocchetti patate, zucchine e fiori di zucca, vengono messi tutti in una pentola, dove cucineranno un’ora con dell’acqua: a cottura ultimata, si aggiunge del pane raffermo e si condisce con olio crudo. E poi c’è anche un dolce tipico della cultura arbëreshe, il Mastazzou è fatto di miele e farina, un dolce semplicissimo, la particolarità in questo dolce consiste nelle varie forme che assume e cioè: “Mangiate sempre cose buone”.
L’Eparchia di Lungro e l’Eparchia insulare di Piana degli Albanesi
La più antica, la più grande è l’Eparchia di Lungro, diocesi di 29 parrocchie con le relative chiese che mantengono la grande eredità della fede cristiana. La stragrande maggioranza delle parrocchie si trovano in Calabria nel cosentino, ma anche a Potenza, Lecce, Bari e Pescara.
Più di cento anni fa, il 13 febbraio 1919, papa Benedetto XV, con la Costituzione Apostolica Catholici Fideles Graeci Ritus, istituiva l’Eparchia di Lungro degli italo-albanesi dell’Italia continentale. Per lo storico evento il Vaticano ha emesso anche un francobollo che reca l’immagine del grande mosaico del Pantocrator della Cattedrale di San Nicola di Mira a Lungro. Il mosaico – il più importante realizzato in occidente – è opera di Josif Dobronico. Un artista nato a Fier in Albania, dove viene definito mosaicista di Dio – e lui prima di mettersi al lavoro innalza sempre una preghiera a Dio. Da vent’anni vive a Lungro.
Nel 1937, si conclude la lotta per la difesa del rito greco-bizantino: una bolla di Pio XI istituisce in Sicilia l’Eparchia insulare di Piana degli Albanesi, che comprende cinque comuni. A partire da questo momento la Chiesa Cattolica bizantina in Italia è dunque articolata dalle tre circoscrizioni ecclesiastiche bizantine.
La lotta per la sopravvivenza delle comunità arbëreshë nell’Italia meridionale
Un’altra battaglia impegna adesso gli arbëreshë: con l’andare del tempo, le loro piccole comunità sono destinate a diminuire, a dileguarsi, assorbite dalla cultura egemone della maggioranza della popolazione. Pertanto gli arbëreshë, per combattere il rischio di una loro estinzione, iniziano una loro lotta per raccogliere tutti gli elementi che li contraddistinguono a difesa della propria identità nella ritualità religiosa, nella lingua, nella musica, nei canti, nella gastronomia e nei costumi.