Democrazia futura propone un articolo di Silvana Palumbieri, “Le donne nei romanzi e nei racconti di Giovanni Verga” contenente “Una rapida carrellata dei personaggi femminili nelle opere del grande scrittore verista siciliano nel centenario dalla morte”.
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Già a partire dal titolo Eva, Nedda, amante poi sotto spoglia di animale, lupa, capinera, tigre, i racconti di Verga hanno nomi femminili e rendono manifesto da subito l’interesse dello scrittore per le vicende che sono destinate a vivere le donne narrate nei suoi scritti.
In Storia di una capinera una sconosciuta libertà illude la suora di clausura Maria di potersi sottrarre al proprio destino, e di questa sua convinzione rende partecipe con lettere appassionate la suora amica di convento. Costretta dal vincolo a ritornare al luogo di clausura, sprofonda in uno stato depressivo che la porta alla pazzia. L’eversione, anche solo desiderata, viene pagata tragicamente.
La ballerina Eva conduce una vita procellosa che interrompe temporaneamente per amore di Enrico. Poi Eva lo lascia, Enrico incontra il successo torna da lei, che adesso ama un altro. La libertà di scelta amorosa di Eva viene scontata con la sciagura, la morte di Enrico dopo tbc, un duello e il dolore per il fallimento sentimentale.
Nedda, morta la madre, si guadagna il pane col lavoro di raccoglitrice di olive, “come un uomo”. Nedda fa l’amore col contadino Janu, senza essersi sposati. Janu muore sul lavoro, lasciando Nedda in attesa di una bambina. Nedda non ha nemmeno il latte del seno per la figlioletta che muore di stenti, almeno – dice Nedda – “non dovrà soffrire come lei.” Nedda vittima della miseria e delle morti che ne conseguono è anche condannata a subire le ingiurie del popolo per la violazione dai precetti comuni.
La timida e dolce contessa Adele di Eros, è un’altra figura di donna vittima degli sbandamenti di Alberto prima fidanzato, poi marito. Prigioniera del mal d’amore paga con una malattia che la porta a morte, poi anche Alberto muore sparandosi un colpo in testa.
Contessa russa è Nata di Tigre reale prigioniera del dualismo amore coniugale per Giorgio e amore passione per Carlo. Il tormento per questo conflitto lo pagherà morendo di tbc che ha accompagnato tutta la sua esistenza.
L’album fotografico di Verga si arricchisce di donne che hanno osato staccarsi dalle regole prestabilite e per questo condannate dal giudizio dalla società del tempo.
Ne I Malavoglia sono tre le figure femminili: la madre Maruzza, detta la Longa, e le figlie Lia e Mena, abituate a un tipo di vita frugale e operosa. La famiglia subisce la morte del padre Bastianazzo, del secondogenito Luca, la perdita di ‘Ntoni arrestato e condannato per aver ucciso una guardia. Poi Maruzza muore di colera e Lia, una volta che viene allo scoperto il suo rapporto amoroso con la guardia uccisa da ‘Ntoni deve fuggire e si perderà. Vincolata dal ruolo di fondamento del nucleo familiare Mena, la sorella maggiore, paga la vergognosa situazione della sorella con la rinuncia a sposarsi. Non ha alcuna colpa, ma l’uomo che ne è innamorato riconosce che “la gente parlerebbe”. La legge del disonore in quel tempo e in quell’ambiente colpisce tutte le donne della famiglia.
Nel racconto Fantasticheria a mettere in risalto il mondo delle eroine verghiane, viene per contro raffigurata donna Paolina Greppi, esemplare di mondanità, frivolezza e superficialità. Dice di non riuscire a concepire come le persone facciano a vivere tutta la vita in quel posto lontano dal mondo. Verga stesso che l’accompagna le risponde ironicamente che basta non possedere prima di tutto centomila lire di entrata e che lei, bloccata nel cielo bellissimo della sua agiatezza, non riesca a vedere al di là del cannocchiale e a immedesimarsi nella loro condizione sociale. Quelle persone pensano che quella dama non si possa anche solo sfiorare. Bianca e superba, passa davanti al panchetto della donna venditrice di arance che è consapevole del proprio stato sociale.
Di natura primitiva e istintiva è Lola del racconto Cavalleria rusticana, prigioniera della dualità amore libero e amore coniugale. Conosce, ma non sa opporsi al destino tragico che le è assegnato e che sconta con la morte dell’uomo che ama.
La lupa vittima di una sessualità istintiva animalesca, spolpa i figlioli e i mariti delle compaesane, finché la sua bramosia si riversa su un solo uomo, Nanni. Ma per averlo sempre vicino a sé, si spinge a fargli sposare la figlia Marianna. vittima a sua volta della concupiscenza della madre che le ruba ogni giorno il marito.
Peppa decide di diventare L’amante di Gramigna il bandito, prima ancora di conoscerlo. Dominata da una sessualità istintivaanimalesca. Il diavolo che ha in corpo la spinge a salire sui monti per incontrarlo e assisterlo fino all’arresto. Peppa paga la resa alla pulsione erotica con l’abbandono del figlio in orfanatrofio e l’umiliazione del lavoro da sguattera.
Mastro Don Gesualdo, secondo romanzo del ciclo dei “vinti” vede al centro di un’intricata vicenda la nobildonna Bianca Corrao, prigioniera di un destino che le ha assegnato il ruolo di salvatrice della propria famiglia dalle ristrettezze economiche. Paga il prezzo sposando un uomo non amato Mastro Don Gesualdo, di basso rango, ma di grande ricchezza. A pagare per questo matrimonio c’è anche la servetta Diodata prigioniera del suo amore per il padrone da cui ha avuto due figli, e che viene abbandonata in quanto lui brama l’ascesa sociale.
Verga fotografa una donna sempre vittima, prigioniera di un mondo e di una natura che non le dà speranza, duramente punita quando rompe con le regole e i costumi della società. E sono tutte donne che scontano la scelta con la morte propria o dell’amato, o con l’emarginazione, l’esilio, la reclusione nella cella delle pazze, senza possibilità di riscatto storico.