La RAI come cartina di tornasole del Governo Meloni. E’ questa la tesi di Dom Serafini secondo il quale capiremo presto il valore del nuovo governo italiano dalla riorganizzazione che la maggioranza intorno a Giorgia Meloni conferirà al vertice dell’azienda di Viale Mazzini. “Rimane da vedere – conclude Serafini dopo aver ripercorso la storia dei vertici della concessionaria di servizio pubblico – se ci sarà una sinergia o una simbiosi tra il governo Meloni e la RAI, ma il nuovo assetto della RAI sarà in grado di anticiparci la risposta”.
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È ormai noto che la RAI rappresenta una finestra sull’Italia.
Riesce a cambiare colore come un camaleonte ed è resiliente come una tartaruga.
Riesce persino ad anticipare la formazione di un governo posizionando nei posti chiave in RAI i rappresentanti dei politici che verranno.
Poi riesce perfettamente ad identificarsi con la famosa frase che racchiude tutta la storia italiana post-impero romano: “O Francia o Spagna, purché se magna!”.
Quindi per vedere se veramente il governo di Giorgia Meloni sarà buono, discreto o cattivo (di quelli imprecati durante un acquazzone: “Piove, governo ladro”), basta analizzare come sarà il futuro assetto amministrativo della RAI.
Usando le esperienze passate, possiamo affermare con una precisione non scientificamente dimostrata del 88,4 per cento che la migliore gestione della RAI è avvenuta sotto i governi a guida DC, e precisamente con direttori generali come Ettore Bernabei (1961-1974) durante gli anni in cui l’Italia, sull’onda del “miracolo economico” (1958-1960) ha conosciuto un sensibile miglioramento delle condizioni sociali e contemporaneamente iniziato a fronteggiare la “strategia della tensione.”
A sorpassare i risultati di Bernabei fu Biagio Agnes (1982-1990), durante governi a guida DC e Socialista che insieme al fenomeno del terrorismo affrontarono per la prima volta seriamente la lotta contro ben dieci associazioni malavitose, e nella fattispecie in Sicilia la mafia.
In seguito si sono succeduti diversi governi (19 per la precisione) e quasi altrettanti direttori generali della Rai (18): stranamente in quel periodo i migliori sono stati quelli rimasti in carica per poco: Gianni Locatelli (1993-1994) con il governo Ciampi, Claudio Cappon (2001-2002) e Agostino Saccà (2002-2003)[1] con il secondo governo Berlusconi, e Antonio Campo dall’Orto (2015-2017) con il governo Renzi.
La brevità dei loro mandati è l’indicazione di una buona amministrazione RAI ma che si scontrata con una problematica amministrazione governativa.
Venendo ai giorni nostri, cosa vuol dire avere in RAI i migliori amministratori?
Per prima cosa devono essere in grado di capire e anticipare il futuro.
Poi, devono essere capaci di imporsi sul mercato internazionale con contenuti all’altezza della concorrenza.
Infine riuscire a realizzare tre obiettivi:
- Snellire la struttura burocratica togliendo poltrone utili solamente a soddisfare le richieste provenienti dalle varie correnti politiche.
- Creare nuovi talenti a livello artistico.
- Sviluppare un programma a lungo termine ed essere in grado di attuarlo.
Come si può intravedere, questi requisiti sono necessari anche per avere in Italia un buon governo.
Rimane da vedere se ci sarà una sinergia o una simbiosi tra il governo Meloni e la RAI, ma il nuovo assetto della RAI sarà in grado di anticiparci la risposta.
[1] Tornerà poi Direttore Generale dal 2006 al 2009 durante il secondo Governo Prodi e all’inizio del quarto governo Berlusconi