L'approfondimento

Democrazia Futura. La Presidenza italiana del G20. Un primo bilancio

di Antonio Armellini, diplomatico, scrive come opinionista di questioni internazionali |

Prestigio internazionale di Draghi e credibilità dell’Italia. L’analisi dell'Ambasciatore Antonio Armellini.

Antonio Armellini

L’Ambasciatore Antonio Armellini chiude questa parte del fascicolo dedicata alla politica estera con “Un primo bilancio” de “La Presidenza italiana del G20” che – sottolinea il diplomatico – “in un contesto internazionale particolarmente difficile, ha accresciuto il prestigio internazionale di Mario Draghi e – attraverso e grazie a questo – la credibilità del nostro Paese come un interlocutore capace di svolgere un ruolo autorevole e riconosciuto. Il che è già di per sé un risultato non da poco, visto il carattere molte volte sfrangiato della nostra proiezione internazionale”, invitando peraltro i lettori a non farsi troppe illusioni in merito al “Vertice che concluderà a Roma alla fine di ottobre il nostro anno di presidenza: vedrà la partecipazione di un gran numero di Capi di Stato e di Governo …”, [ma] – aggiunge Armellini – “Come da tradizione, sarà ricco di dichiarazioni e di impegni solenni e relativamente povero di contenuti operativi”.  L’articolo elenca i risultati ottenuti in una mezza dozzina di Incontri e dichiarazioni promossi durante la presidenza italiana, prima di soffermarsi su “Come funziona e a cosa serve il formato G20: un po’ di storia e un primo bilancio”, non senza infine evidenziare “Le criticità politiche nella gestione delle crisi di uno strumento utile di confronto dans les coulisses”: […] è un po’ come con l’Assemblea Generale dell’Onu: – conclude Armellini – ci si confronta, si dialoga dans les coulisses per favorire decisioni che dovranno essere prese altrove”.

La presidenza italiana del G20people, planet, prosperity – è stata nell’insieme un successo che, in un contesto internazionale particolarmente difficile, ha accresciuto il prestigio internazionale di Mario Draghi e – attraverso e grazie a questo – la credibilità del nostro Paese come un interlocutore capace di svolgere un ruolo autorevole e riconosciuto. Il che è già di per sé un risultato non da poco, visto il carattere molte volte sfrangiato della nostra proiezione internazionale. Il Vertice che concluderà a Roma alla fine di ottobre il nostro anno di presidenza vedrà la partecipazione di un gran numero di Capi di Stato e di Governo, i quali approveranno una solenne Dichiarazione nella quale saranno affrontati tutti i temi prioritari del mondo: dalla transizione climatica alla pandemia, dall’economia sostenibile alla riforma del sistema finanziario, dalla sanità allo sviluppo. Come da tradizione, sarà ricco di dichiarazioni e di impegni solenni e relativamente povero di contenuti operativi.

Incontri e dichiarazioni della presidenza italiana

Il G20 è diventato negli anni un esercizio sempre più complesso, con una costante moltiplicazione di incontri ministeriali cui la nostra presidenza non si è sottratta – anzi. Senza contare il G20 dei Parlamenti, o le riunioni a livello tecnico e di esperti come il B20 fra gli imprenditori e i capi d’industria e il T20 fra i “think tanks”, che hanno dato indicazioni e formulato raccomandazioni.  

Oltre a questi incontri, vanno segnalate in particolare sei iniziative promosse dalla Presidenza italiana:

  1. Si è tenuta la prima riunione G20 a livello di Ministri della Cultura.
  2. Con la “Dichiarazione di Matera” i Ministri degli Esteri e della Cooperazione Internazionale hanno affrontato i temi dell’emergenza alimentare e della pandemia per uno sviluppo sostenibile.
  3. Si è parlato fra Ministri del Lavoro e dell’Istruzione delle disuguaglianze nell’accesso all’istruzione in una “Dichiarazione congiunta sulla transizione dall’istruzione al lavoro”, come anche della promozione e tutela dei diritti delle donne e dei problemi di gender.
  4. I Ministri dell’Ambiente e dell’Energia, riuniti a Napoli, hanno tracciato la via verso la prossima riunione COP 26 di Glasgow sull’emergenza climatica ribadendo, nella “Dichiarazione di Venezia”, l’urgenza di contenere l’aumento della temperatura globale entro 1,5°C per arrivare entro il 2050 alla “carbon neutrality”, e hanno affrontato per la prima volta il tema fondamentale del “carbon pricing”.
  5. I Ministri della Sanità hanno sottolineato nella “Dichiarazione di Roma” l’urgenza di contrastare le emergenze con misure adeguate di protezione, prevenzione e vaccinali, nonché dando vita a un “Global Health and Finance Board”.
  6. Particolarmente approfondito è stato poi il lavoro dei Ministri dell’Economia, che hanno raggiunto un accordo di grande importanza sulla tassazione internazionale delle multinazionali e lavorato in profondità sui temi della finanza sostenibile e del debito in un mondo sempre più interconnesso.   

Dal G5 al G20 passando per il G7 e il G8. Come funziona e a cosa serve il formato G20: un po’ di storia e un primo bilancio

Tutto oro dunque? Il G20 richiama sempre più lo schema dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, che assolvono compiti di importanza fondamentale, e spesso misconosciuti, attraverso le agenzie specializzate, mentre hanno da tempo perso il carattere di luogo di governo degli equilibri mondiali, per divenire un foro di discussione dove non si decide ma talvolta si media.

Esso rappresenta l’ultima evoluzione del modello che aveva preso l’avvio negli anni Settanta con il G5, attraverso cui la Francia aveva cercato di ritagliarsi un posto di prima fila nel coordinamento delle economie dell’occidente, ma aveva dovuto subire l’incursione dell’Italia con al traino il Canada, divenendo G7. 

Con la fine della guerra fredda il G8, come si chiamava dopo l’ingresso della Russia non più sovietica, avrebbe dovuto essere il luogo di governo della “fine della storia”, ma non sopravvisse alla conclusione di quella breve stagione.

Tornato G7, il formato è apparso sempre più inadeguato rispetto ad una realtà che si faceva via via più complessa e dialettica.

Il G20 è stata la risposta, allargando la partecipazione ai nuovi attori regionali e alle potenze con ambizioni globali che cominciano ad affacciarsi all’orizzonte, cui di volta in volta si sono aggiunti altri paesi ed organizzazioni, in una geometria variabile che tende ad ampliarsi. La rappresentatività è considerevolmente aumentata e il G20 ha svolto un ruolo di rilievo nel confrontare, e talvolta coordinare, le rispettive posizioni sui temi di interesse prioritario a livello globale. Aiutato in questo anche dalla pandemia e dall’esplodere dell’emergenza ambientale che più di altri hanno fatto risaltare l’urgenza di approcci condivisi, al di là delle divergenze politiche e delle logiche spesso conflittuali di sviluppo. Un lavoro importante, con più di un punto di contatto – mutatis mutandis – con quello delle agenzie societarie.

Le criticità politiche nella gestione delle crisi di uno strumento utile di confronto dans les coulisses

Più difficile è stata la situazione quando si è voluto entrare sul terreno propriamente politico della gestione delle crisi; qui quel tanto di “fumus” occidentale che permea il G20 ha reso più difficile la formazione di un consenso. Non solo su temi quale quello delle emissioni, dove sono in gioco interessi economici ma anche modelli di società, ma anche su crisi come quella afghana.

La riunione straordinaria voluta dalla Presidenza italiana sulla crisi afghana aveva una sua logica politica ma se ha dimostrato da un lato che senza Cina, Russia e gli altri attori regionali direttamente coinvolti non si arriva ad alcun risultato, ha messo in chiaro dall’altro come non sia questo il formato in cui si decide.

Per concludere con un paradosso solo apparentemente stiracchiato, è un po’ come con l’Assemblea Generale dell’Onu; ci si confronta, si dialoga dans les coulisses per favorire decisioni che dovranno essere prese altrove. E’ un compito fondamentale, in un sistema di relazioni mondiali dove il confronto sfiora a volte pericolosamente il conflitto, ma è diverso da quello che molti avevano inteso possibile.

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