Inauguriamo oggi una riflessione sull’importanza o meno di trattati a accordi bilaterali fra singoli Stati nazionali nell’epoca in cui da un lato la globalizzazione tecnologica, dei mercati e delle merci, impone anche alla geopolitica il perseguimento di nuove regole del gioco globali sui principali temi di interesse planetario, dall’altro stenta a progredire il processo di integrazione politica in seno all’Unione europea a causa dei meccanismi decisionali a 27 e le cooperazioni rafforzate sembrano costituire una via d’uscita da questo impasse per superare i diritti di veto dei paesi più ostili a questo processo. A due mesi dalla sua firma a Roma, Alberto Toscano giornalista e scrittore già Presidente dell’Associazione della stampa estera a Parigi, esamina vito da Parigi il significato dell’accordo italo francese intitolando il suo pezzo “Il Trattato del Quirinale inaugura la nuova cooperazione tra Italia e Francia. Per una cooperazione bilaterale rafforzata”. Dopo aver ricordato che “l’estrema asprezza delle polemiche franco-italiane all’epoca del primo governo Conte è storia assai recente. Storia di dissapori tra il ministro italiano dell’Interno e le autorità transalpine, di ritiro dell’ambasciatore francese e di tanto altro ancora”, Toscano si chiede se quella che definisce “un’intesa per superare le tensioni” riuscirà a consolidarsi “nel caso di una nuova svolta della politica italiana. Un altro punto che ispira prudenza – insieme al compiacimento per la conclusione del Trattato – sta nel fatto che il testo cammina sulle due gambe dei valori condivisi e dei buoni propositi di collaborazione. I valori condivisi sono quelli alla base dell’Unione europea. Condivisi sono oggi e, per fortuna, già lo erano ieri. I buoni propositi sono tanti, ma attendono una verifica alla prova dei fatti. Nel campo della cooperazione economica gli attriti sono stati numerosi negli ultimi decenni. I due Paesi sono complementari, ma anche concorrenti. In certi settori hanno interesse a camminare mano nella mano, ma alcune loro scelte di fondo sono diverse”.
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Il Trattato del Quirinale tra Italia e Francia
Il “Trattato del Quirinale” – Traité du Quirinal – formalmente “Trattato tra la Repubblica Italiana e la Repubblica Francese per una cooperazione bilaterale rafforzata”, è un trattato tra Francia e Italia che mira a fornire un quadro stabile e formalizzato per la cooperazione nelle relazioni tra i due paesi come una sorta di equivalente transalpino del Trattato dell’Eliseo e del Trattato di Aquisgrana che organizzano la cooperazione franco-tedesca. E’ stato firmato nel Palazzo del Quirinale a Roma il 26 novembre 2021 dal Presidente francese Emmanuel Macron e dal Presidente del Consiglio dei ministri italiano Mario Draghi.
L’espressione “Trattato del Quirinale” è ambiziosa perché fa pensare al “Trattato dell’Eliseo”, firmato nel 1963 dal presidente Charles De Gaulle e dal cancelliere Konrad Adenauer. Quel documento ha contribuito a cambiare la storia europea, propiziando una fase di proficua e intensa collaborazione bilaterale, poi confermata dai fatti, malgrado le diverse stagioni politiche.
L’idea di un rapporto privilegiato si è materializzata in una serie di “coppie” altamente simboliche: da Charles De Gaulle – Konrad Adenauer a Emmanuel Macron – Angela Merkel, passando per Valéry Giscard d’Estaing– Helmuth Schmidt e soprattutto Francois Mitterrand- Helmuth Kohl.
In alcuni casi i dissapori non sono affatto mancati, ma i dispositivi del dialogo e del rapporto bilaterale hanno sempre retto gli urti degli interessi politici talvolta contrastanti.
Su questo terreno c’è il vero punto interrogativo che scaturisce dal nuovo trattato italo-francese. Reggerà all’impatto delle alternanze politiche? Sul piano formale reggerà di sicuro, nel senso che non verrà cancellato. Ma, in caso di pioggia o di tempesta, potrebbe finire in un cassetto.
Un’intesa per superare le tensioni
L’estrema asprezza delle polemiche franco-italiane all’epoca del primo governo Conte è storia assai recente. Storia di dissapori tra il ministro italiano dell’Interno e le autorità transalpine, di ritiro dell’ambasciatore francese e di tanto altro ancora. Compresa la frase pronunciata dall’allora portavoce del partito macronista La République en Marche Gabriel Attal : “Ce que fait le gouvernement italien est immonde”.
Parlando della vicenda “Aquarius”, Attal disse che certe scelte italiane lo facevano “vomitare”. Oggi Attal ha fatto carriera ed è portavoce ufficiale del governo. Sarebbe interessante sapere come reagirà nel caso di una nuova svolta della politica italiana.
Un altro punto che ispira prudenza – insieme al compiacimento per la conclusione del Trattato – sta nel fatto che il testo cammina sulle due gambe dei valori condivisi e dei buoni propositi di collaborazione. I valori condivisi sono quelli alla base dell’Unione europea. Condivisi sono oggi e, per fortuna, già lo erano ieri. I buoni propositi sono tanti, ma attendono una verifica alla prova dei fatti.
Nel campo della cooperazione economica gli attriti sono stati numerosi negli ultimi decenni. I due Paesi sono complementari, ma anche concorrenti. In certi settori hanno interesse a camminare mano nella mano, ma alcune loro scelte di fondo sono diverse. È il caso dell’energia: la Francia ottiene dal nucleare i quattro quinti della propria energia elettrica, mentre l’Italia ha rifiutato il nucleare per via referendaria.
I due Paesi partono da filosofie diverse, benché accomunate da un elemento fondamentale, ribadito dal Trattato: l’impegno per la lotta ai cambiamenti climatici e a tutto ciò che contribuisce a determinarli.
I settori interessati
La parte forse più promettente dell’attuale iniziativa franco-italiana riguarda la politica estera, la difesa e la sicurezza. I due Paesi vogliono, e per certi aspetti devono, collaborare sempre più strettamente, in un contesto globale che vede gli orizzonti strategici degli Stati Uniti spostarsi dall’area Europa-Mediterraneo verso quella Asia-Pacifico. Se vogliamo la nostra sicurezza, dobbiamo investire di più in prima persona.
L’attuale crisi libica è un test concreto della possibilità di applicare le intenzioni espresse col “Trattato del Quirinale”. I temi dell’economia e della sicurezza hanno un nesso nel comune impegno nel settore dei satelliti e della loro messa in orbita. Restano però punti interrogativi in campo aerospaziale, vista l’assenza (ormai da mezzo secolo) dell’Italia da Airbus e visti i diversi orientamenti a proposito dei futuri aerei militari.
Un altro test per le relazioni bilaterali è al confine tra i due Paesi. Oggi, polizia e dogane francesi effettuano regolari controlli sui treni in arrivo dall’Italia e capita che anche i passeggeri dei voli dalla nostra Penisola siano sottoposti in Francia a controlli dei documenti, come se giungessero da una zona extra-Schengen. Vedremo se il Trattato avrà o meno concrete conseguenze su questo terreno.
Oggi le relazioni italo-francesi sono molto buone e, in questo contesto, la firma del “Trattato del Quirinale” sembra la classica ciliegina sulla torta. In futuro moltissimo dipenderà dalla politica interna.
Resta da capire – ma questo non possiamo dirlo oggi – se il nuovo documento sarà un input per intensificare la cooperazione indipendentemente dagli assetti politici nazionali. È possibile ed auspicabile. Ma non è affatto scontato.