Il direttore editoriale di Democrazia futura Bruno Somalvico, spiega le ragioni per le quali “Il ritorno di partiti pigliatutti, di lotta e di governo cancella l’ipotesi di un Partito della Nazione”. Dopo aver chiarito sin dal titolo come “IL PNRR [sia stato] un’occasione mancata per la seconda ricostruzione del BelPaese” elencando gli obiettivi cui avrebbe dovuto ambire questo nuovo Piano Marshall, Somalvico non crede alla possibilità, alla vigilia delle elezioni europee in cui le forze della coalizione si presenteranno in ordine sparso, che il governo sia capace di realizzare una manovra con tagli del tipo “lacrime e sangue” a tutti i ministeri. Anche in questo caso “Gli interessi elettorali della coalizione sembrano pertanto destinati a prevalere come avvenuto con il PNRR: i clienti dei partiti della coalizione di centrodestra e le loro correnti saranno per l’ennesima volta riusciti a spartirsi il bottino del PNRR ma la percezione dei cittadini sarà che tutto è rimasto come prima. Anzi: più di prima!”.
Avrebbe dovuto essere una grande occasione fornita dal Covid e da un governo di salute pubblica come quello dell’ex Governatore Mario Draghi per rimettere in sesto il Paese. Consentire all’Italia di superare finalmente alcune sue debolezze strutturali, talune risalenti addirittura all’Italia precedente allo Stato unitario. Un vero e proprio secondo Piano Marshall per:
- Lottare contro la criminalità e acquisire un pieno controllo del territorio
- Combattere contro i dissesti idrogeologici e favorire un’agricoltura di qualità e a chilometro zero nel rispetto di no sviluppo sostenibile
- Prevenire gli infortuni sul lavoro e bonificare aree industriali dismesse e riconvertirle verso attività eco-compatibili
- Modernizzare e interconnettere le infrastrutture di trasporto locali regionali, nazionali e per i collegamenti al di fuori dei nostri confini marini, terrestri e aerei
- Aggiornare i piani regolatori e del traffico dei nostri agglomerati urbani e metropolitani riqualificando periferie ed aree disagiate attraverso un nuovo piano di costruzioni di case ecologicamente sostenibili
- Creare infrastrutture d’accoglienza e soprattutto di integrazione per popolazioni immigrate, studenti, e popolazioni anziane benestanti interessati soggiorni di media e lunga durata nella Penisola
- Modernizzare e costruire scuole, dimore protette antidroga e antistupri, centri sportivi e di aggregazione sociale per giovani e anziani
- Realizzare quelle riforme di struttura necessarie dopo 160 anni di vita dello Stato unitario per riqualificare a) Giustizia e tempi di durata dei processi; b) Scuola e agenzie di socializzazione formazione e aggiornamento professionale; c) Sistema sanitario e di tutela della salute sui luoghi di lavoro ivi compresi i sistemi di monitoraggio; d) Agenzie per l’occupazione e l’incrocio fra la domanda e l’offerta; e) Sistemi di tracciamento delle transazioni economiche e lotta all’evasione e all’elusione fiscali; f)Politiche attive per la ricerca scientifica, l’utilizzo responsabile e protetto della Rete e dell’Intelligenza artificiale, educazione alla legalità e al rispetto della tutela dell’ambiente e della quiete civile in radio di attirare turismo di qualità, scienziati pensionati ricchi interessati a lunghi soggiorni e non solo calciatori per poche stagioni; g) Infine, last but not least, riformare la Costituzione, le nostre istituzioni e soprattutto l’attività politica attraverso una radicale riforma dei partiti ma anche la diplomazia e le nostre istituzioni culturali commerciali all’estero rafforzando la nostra presenza nelle istituzioni e negli organi internazionali, a cominciare dall’Unione europea e dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.
Un governo Draghi della durata di un’intera legislatura con un oculato impiego delle risorse provenienti dal PNRR avrebbe potuto completare – plausibilmente senza intoppi improvvisi pur sempre possibili l’impegno dei governi De Gasperi nella ricostruzione del secondo dopoguerra. E invece…
E invece il ritorno dei partiti al governo – che avrebbe dovuto essere salutato come il ritorno della normale dialettica democratica – ha trasformato questa grande opportunità di trasformazione radicale nell’ennesimo spreco di denaro pubblico teso soprattutto ad accontentare le richieste di partiti pigliatutti (il copyright è del professor Pasquino) che, anziché voler governare la polis, esprimere programmi, promuovere progetti di indirizzo strategico per questa grande trasformazione della Penisola al passo con la grande trasformazione digitale dell’intero universo, continuano a disperdere la spesa pubblica in mille rivoli e al fine di soddisfare tutte le loro clientele.
L’arrivo per la prima volta al governo di una donna, a capo di una almeno apparentemente solida maggioranza parlamentare che dovrebbe assicurare a Giorgia Meloni un governo di legislatura, ci aveva fatto sperare in una discontinuità rispetto ai primi due governi politici della legislatura precedente, i due governi a geometria variabili presieduti all’avvocato del popolo Giuseppe Conte. Un partito della nazione, capace al contempo di proseguire l’operato del governo di salute pubblica di Mario Draghi e di realizzare un programma di legislatura nell’interesse prevalente della nazione, avrebbe consentito alla nuova premier di scontentare tutti i suoi alleati: non solo un Silvio Berlusconi (pace all’anima sua) che sembrava inizialmente da lei ridotto a comparsa, destinata a diventare un cespuglio politicamente irrilevante. La cartina di tornasole del successo del partito meloniano della nazione risiederebbe nel saper scontentare tutti nel nome dell’interesse supremo della nazione e quindi in primis un partner come la Lega di Matteo Salvini, uscita piuttosto malconcia dalle elezioni del 2022. E invece, per evitare di perdere voti a favore di Salvini o peggio ancora dell’ex “camerata” Alemanno, la nostra premier ha imboccato una pericolosa strada. Fumosa come quell’araba fenice che si proponeva di realizzare a sinistra la terza via di Enrico Berlinguer fra comunismo pro-sovietico e socialdemocrazia occidentale. Giorgia Meloni oscilla fra la tentazione di trasformare Fratelli d’Italia, ovvero quel che rimane a destra della forma partito della prima repubblica, non tanto in un partito personale (anche se il rischio c’è, versione Sorelle d’Italia blindato dalla sorella e da un proprio cerchio magico di aficionados), ma soprattutto in un partito al contempo di governo – con una comunicazione “a tono”, istituzionale, per rassicurare Bruxelles e gli ambienti economici internazionali – e di lotta, pronto a contendersi ogni voto con Salvini e Alemanno e a sostenere partiti fratelli di protesta come lo spagnolo Vox o i governi sovranisti dei suoi amici polacchi e ungheresi – anche se i loro programmi vanno contro gli interessi di un’Italia che vuole rimanere nel gruppo di testa in seno all’Unione europea -.
La manovra finanziaria attuale, nonostante i proclami della premier, rischia di subire la stessa sorte del PNRR. Difficile capire come riuscirà a controllare i conti operando tagli netti “lacrime e sangue” nei ministeri in un governo in cui per ora Giorgia Meloni sembra avere come unici alleati il leghista cattolico moderato Giorgetti e il fedele Crosetto. Noi continuiamo a sperare che Giorgia Meloni non cercherà di scavalcare a destra Salvini e che il suo operato potrà essere giudicato solo a compimento della legislatura e non su questa prima manovra finanziaria.
Ma sarà dura tener botta al leader leghista se continueranno a crescere gli sbarchi di immigrati sulle nostre coste, gli stupri nelle nostre periferie, gli smottamenti delle nostre terre dovuti alle trasformazioni climatiche, e le fughe dei nostri cervelli all’estero. Le elezioni europee alla proporzionale si avvicinano e sarà davvero difficile, riuscire a scontentare tutti. Gli interessi elettorali della coalizione sembrano pertanto destinati a prevalere come avvenuto con il PNRR: i clienti dei partiti della coalizione di centrodestra e le loro correnti saranno per l’ennesima volta riusciti a spartirsi il bottino del PNRR ma la percezione dei cittadini sarà che tutto è rimasto come prima. Anzi: più di prima! Sancendo il trionfo di un nuovo consociativismo voluto dalle destre per ingabbiare i centristi e persino le sinistre ai peggiori ricordi della Prima Repubblica.