Il professor Stefani Silvestri, già Presidente dell’Istituto per gli Affari Internazionali e Sottosegretario di Stato alla Difesa, in una reazione a caldo – scritta per Affari.internazionali.it a meno di 48 ore dall’inizio dell’assalto e che oggi riprendiamo per Democrazia futura, “Hamas sogna un asse anti israeliano guidato dall’Iran[1]” – considera quanto avviato contro Israele all’alba di sabato 9 ottobre, “Un gigantesco attacco terroristico, non una guerra”. Una cosa è chiara: Hamas ha voluto alzare in modo drammatico il livello dello scontro, in apparente netto contrasto con i molteplici tentativi di dialogo e di compromesso in corso in Medio Oriente. Non è possibile, in questa fase iniziale della crisi, affermare con certezza se questa sia una iniziativa autonoma o se si inserisca in un più ampio disegno di destabilizzazione, sponsorizzato da potenze esterne, quali ad esempio l’Iran. Le reazioni diplomatiche e politiche non sono univoche. Gli eventuali sponsor dell’attentato terroristico preferiscono restare nell’ombra. […] “Certamente – aggiunge lo studioso – possiamo ritenere che questo attacco sia rivolto anche contro il processo di normalizzazione dei rapporti tra Israele e il mondo arabo, in particolare contro la possibilità che tale processo si estenda all’Arabia Saudita”.
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Il violentissimo attacco che Hamas ha scatenato contro Israele non ha nulla di limitato. Se lo si volesse chiamare “guerra”, esso avrebbe le caratteristiche di una guerra totale per la cancellazione di Israele. Ma Hamas non ha le capacità militari per raggiungere (o anche solo tentare di raggiungere) un tale obiettivo. Per cui questo attacco non è una guerra, ma un gigantesco attentato terroristico volto a colpire indiscriminatamente la popolazione civile e a catturare ostaggi.
Benché le sue motivazioni politiche facciano riferimento al lungo ed irrisolto conflitto tra israeliani e palestinesi, in realtà i suoi riferimenti religiosi, il suo fanatismo negazionista e la sua ferocia fanno piuttosto pensare alle operazioni condotte da altre grandi organizzazioni terroristiche come l’Isis od Al Qaida.
Gli obiettivi di Hamas
Gli obiettivi di un tale attentato sono come sempre molteplici. Motivazioni di carattere interno, quali il consolidamento della leadership sulla popolazione palestinese si mescolano con altri più ambiziosi obiettivi internazionali. Una cosa è chiara: Hamas ha voluto alzare in modo drammatico il livello dello scontro, in apparente netto contrasto con i molteplici tentativi di dialogo e di compromesso in corso in Medio Oriente.
Non è possibile, in questa fase iniziale della crisi, affermare con certezza se questa sia una iniziativa autonoma o se si inserisca in un più ampio disegno di destabilizzazione, sponsorizzato da potenze esterne, quali ad esempio l’Iran. Le reazioni diplomatiche e politiche non sono univoche. Gli eventuali sponsor dell’attentato terroristico preferiscono restare nell’ombra.
Possiamo quindi solo fare delle ipotesi che troveranno risposta solo in seguito, quando avremo visto quali saranno state le conseguenze di questa guerra e potremo valutare come si saranno riconfigurati gli equilibri mediorientali rispetto ad oggi.
Hamas e l’asse anti israeliano
Certamente possiamo ritenere che questo attacco sia rivolto anche contro il processo di normalizzazione dei rapporti tra Israele e il mondo arabo, in particolare contro la possibilità che tale processo si estenda all’Arabia Saudita.
Più in generale, esso potrebbe voler influenzare gli schieramenti contrapposti che alimentano gli scontri che insanguinano l’ampia area del Medio Oriente e del Nord Africa dalla Libia allo Yemen, dal Sudan alla Siria, fino alla fascia sub sahariana, e che vedono protagonisti tante potenze regionali come appunto i Sauditi, l’Iran, la Turchia ed altri, ed anche la Russia, la Cina, gli Stati Uniti d’America e l’Europa.
È possibile che Hamas vorrebbe vedere il formarsi di un asse anti israeliano guidato dall’Iran, ma appoggiato anche da maggiori potenze come la Russia e la Cina, ed in questo modo cerchi di orientare in tale direzione stati che oggi non sembrano affatto disposti a seguire sino in fondo una tale strategia. Potrebbe insomma essere l’ambizioso tentativo di una piccola e feroce minoranza armata di forzare i suoi protettori a compiere scelte che non vorrebbero fare.
Oppure questa potrebbe essere una mossa voluta dagli sponsor di Hamas per mettere in difficoltà ed indebolire i loro avversari. O anche una combinazione di queste diverse ambizioni.
Un quadro di generale instabilità
È più che probabile che questo attacco finisca per essere pagato a carissimo prezzo, oltre che dalla popolazione civile israeliana, da quegli stessi palestinesi che Hamas sostiene di voler guidare alla vittoria. Certamente questo scontro “totale” non può che allontanare ancora di più ogni tentativo di compromesso in Palestina.
Ma questa non è solo una questione locale. Questo attacco crudele si inserisce in un quadro di generale instabilità, regionale e globale. L’inerzia che sembra caratterizzare, almeno sinora, le reazioni del tanto decantato Sud Globale, la prudenza delle dichiarazioni pubbliche della Russia e della Cina, sembrano indicare una qualche incertezza strategica circa il ruolo da assumere in questa crisi. Le contrapposizioni create dall’aggressione russa all’Ucraina si ripercuotono anche in Medio Oriente.
È probabile che questa crisi non provocherà l’innesco di una guerra più ampia. Ma attenzione: la fragilità degli equilibri internazionali potrebbe suggerire altre pericolose provocazioni, non sempre facili da circoscrivere.
[1] Scritto per Affarinternazionali.it., 9 ottobre 2023. Cf. https://www.affarinternazionali.it/hamas-asse-anti-israeliano-iran/.