scienze politiche

Democrazia Futura. Giorgio Galli decano della scienza politica e testimone della storia repubblicana

di Maria Grazia Meriggi, storica delle culture politiche e dei movimenti sociali. Già ordinaria all’Università di Bergamo |

L’attenzione per i punti di vista delle minoranze e l’aspirazione alla giustizia sociale e all’eguaglianza: un ricordo di Giorgio Galli, scienziato della politica e testimone della nostra storia repubblicana.

Nella rubrica Almanacco d’Italia e degli italiani, Democrazia futura propone un ricordo di una storica dei movimenti sociali, Maria Grazia Meriggi, di “Giorgio Galli, decano della scienza politica e testimone della storia repubblicana” di cui sottolinea “L’attenzione per i punti di vista delle minoranze e all’aspirazione alla giustizia sociale e all’eguaglianza”. Dopo aver ripercorso a grandi linee la sua lunga attività di scienziato della politica iniziata nel 1953 con una storia molti eterodossa del Partito Comunista italiano, Meriggi si sofferma sull’ultima opera Anticapitalismo imperfetto, in cui Giorgio Galli, poco prima della sua scomparsa, “suggerisce di riflettere come la crisi pandemica abbia allargato a dismisura il potere sia del complesso chimico farmaceutico che di quello della comunicazione mentre i pubblici poteri, messo in crisi dal salasso dell’ormai lungo trentennio di privatizzazione dei servizi, sono stati impotenti alimentando quindi in un pubblico sconcertato e abbandonato a sé stesso le letture complottistiche più pericolose. Insomma un intellettuale riformatore con i suoi peculiari strumenti ci ha richiamati fino all’ultimo alla necessità di risposte radicali a una pericolosa crisi di democrazia”.

Maria Grazia Meriggi

Giorgio Galli, scomparso da pochi mesi dopo una vita lunga e creativa è stato da scienziato della politica un testimone della nostra storia repubblicana, e come tale ne ha descritto i complessi intrecci istituzionali senza piegare le analisi alle proprie posizioni. Ma è stato anche un protagonista e il suo rigore scientifico si è sempre accompagnato all’ interesse per le faglie della storia, i punti di vista minoritari di cui ha dato conto senza necessariamente aderirvi. In tutto questo lungo percorso all’adesione alla modernizzazione della società italiana si è accompagnato un punto di vista sempre più preoccupato per la riduzione degli spazi democratici e la colonizzazione del quotidiano da parte di interessi economici non più governati né governabili. La sua competenza scientifica si è sempre accompagnata in lui a una fedeltà di fondo all’aspirazione alla giustizia sociale e all’eguaglianza.

Possiamo qui solo indicare alcuni momenti di questo percorso. Giorgio Galli è stato incontestabilmente il decano degli scienziati della politica ma ha sempre utilizzato gli strumenti della disciplina per sottoporli a esame critico e pur senza esibire gli strumenti della sociologia marxista ha cercato di strappare il segreto dei rapporti di forza sociali allo stratificarsi delle classi dirigenti.

Giorgio Galli

E’ intervenuto nel dibattito storiografico a soli 25 anni con un volume sulla Storia del partito comunista italiano[1], in cui ricordava il ruolo di Bordiga  nella nascita del partito: oggi si tratta di una acquisizione incontestabile, ma allora rappresentò un coraggioso primato della storia sulla propaganda. Questo lavoro ha fatto epoca meritando una recensione di Palmiro Togliatti su Rinascita che definiva Amedeo Bordiga “iguanodonte” e giudicava una  bizzarria antiquaria quella ricostruzione. Da cui derivarono rapporti di conoscenza e stima con le minoranze comuniste, da “Azione comunista” a “Lotta comunista” e la sua articolazione “di massa”, il circolo Buonarroti. Senza aderirvi, Giorgio Galli ha sempre individuato in queste aree che rivendicano la propria ortodossia un profondo respiro utopico. Senza mai piegare il proprio progetto di ricerca a un interesse immediato di partito o di governo Galli è stato un socialista. Per molti decenni è stato un “socialista senza partito” ma legato a un progetto riformatore in cui governo, rispetto del ruolo creativo del conflitto e conquiste di libertà si intrecciassero senza escludersi. La modernizzazione del centro sinistra non si doveva limitare ai costumi e ai consumi ma incidere sui rapporti sociali e l’azione di governo. E’ stato a lungo un ricercatore non accademico ed è rimasto estraneo a molti riti accademici. Si è speso nella divulgazione della sua interpretazione dei blocchi e degli snodi della politica italiana su Panorama che ha lasciato quando è diventato, come è noto, un non dichiarato portavoce di una politica di destra a lui profondamente estranea. Presso l’istituto Cattaneo di Bologna – che ha poi diretto dal 1973 al 1975 – ha sviluppato una conoscenza di grande rigore e precisione dei comportamenti e dei flussi elettorali, di cui è stato incontestato specialista. Ricordando sempre che se le percentuali servivano a disegnare le possibili combinazioni di governo solo i voti assoluti fornivano i trends profondi della pubblica opinione e delle mentalità. Giorgio Galli è quindi sempre stato uno scienziato della politica con una indiscutibile sensibilità sociale e storica.

Il suo volume più noto su Il bipartitismo imperfetto[2] ha analizzato, nel pieno del centro sinistra, come le sue potenzialità riformatrici si scontravano con le peculiarità dei due partiti di massa in Italia. Il principale partito riformatore con una base elettorale e sociale operaia e popolare tipica delle socialdemocrazie aveva però dei riferimenti internazionali e un funzionamento interno eredi della storia comunista che ne impedivano la candidatura al governo. Galli seppe analizzare questa peculiarità come gli effetti degenerativi del monopolio governativo della Dc e della sua occupazione delle partecipazioni statali senza demonizzarne i protagonisti ma comprendendo le impasse che provocavano e interpretandole come effetti sistemici. Ha poi indagato – in Occidente misterioso[3] – il ruolo degli immaginari esoterici e della resistenza delle razionalità alternative femminili e popolari contro l’affermarsi della razionalità statuale agli esordi del capitalismo, strettamente intrecciato all’ascesa dello stato nazionale. Nel successivo Hitler e il nazismo magico[4], senza negare le componenti economiche e materiali dei processi sociali, indagava  il ruolo degli immaginari  oscuri che dalla letteratura minore e dai circoli di bizzarri emarginati potevano condizionare processi storici in fasi, come la Germania degli anni Venti, di crisi di sistema. E’ stato un interlocutore attento del movimento delle donne e di tutte le loro forme di creatività. Il suo felice incontro di vita con Francesca Pasini, femminista, critica d’arte e organizzatrice di circolazioni e fecondazioni fra arte, politica e cultura, è stato certamente reso possibile proprio grazie alla sua disponibilità all’ascolto delle differenze da comprendere, non da colonizzare. Negli ultimi anni ha indagato come interessi finanziari autosufficienti svuotassero sempre più le capacità di governo degli stati. Cito solo il volume a più voci Come si comanda il mondo. Teorie, volti, intrecci[5].

Questa ricerca è proseguita in vari volumi con una denuncia sempre più preoccupata – eppure assolutamente contrapposta a qualsiasi teoria del complotto o “sovranismo” – dello  spazio sempre più esiguo che le scelte politiche hanno dinanzi alle reti di potere di grandi imprese multinazionali che rimandano a un ristretto gruppo di persone e interessi.

Fino al recentissimo Anticapitalismo imperfetto[6] in cui ci suggerisce di riflettere come la crisi pandemica abbia allargato a dismisura il potere sia del complesso chimico farmaceutico che di quello della comunicazione mentre i pubblici poteri, messo in crisi dal salasso dell’ormai lungo trentennio di privatizzazione dei servizi, sono stati impotenti alimentando quindi in un pubblico sconcertato e abbandonato a sé stesso le letture complottistiche più pericolose. Insomma un intellettuale riformatore con i suoi peculiari strumenti ci ha richiamati fino all’ultimo alla necessità di risposte radicali a una pericolosa crisi di democrazia.

Questo ricordo non si può concludere senza rievocare le capacità comunicative di Galli docente e maestro, capace di spiegare gli arcani della politica al collega più sofisticato come ai figli adolescenti di amici nelle sere d’estate. Lo ricorderemo a lungo ma soprattutto sarà importante farlo rivivere continuando a seguire le sue domande e a farle crescere nella società.


[1] Giorgio Galli, Storia del partito comunista italiano, Milano, Schwartz, 1953. Ristampa anastatica Milano, Pantarei, 2011, 374 p. Dello stesso autore si veda l’edizione riveduta e ampliata aggiornata sino al congresso di scioglimento a Rimini: Storia del PCI. Il partito comunista italiano: Livorno 1921, Rimini, 1991, Milano, Kaos edizioni, 1997, 340 p.

[2] Giorgio Galli, Il bipartitismo imperfetto. Comunisti e democristiani in Italia, Bologna, Il Mulino, 1966, 414 p.

[3] Giorgio Galli, Occidente misterioso. Baccanti, gnostici, streghe: i vinti della storia e la loro eredità, Milano Rizzoli, 1987, 304 p.

[4] Giorgio Galli, Hitler e il nazismo magico, Milano, Rizzoli, 1989. Poi in edizione tascabile, Milano, BUR, 2005, LVI-301

[5] Giorgio Galli, Mario Caligiuri, Come si comanda il mondo. Teorie, volti, intrecci, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2017, 145 p.

[6] Giorgio Galli, L’anticapitalismo imperfetto, Milano, Kaos edizioni, 2020, 201 p.

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