Giampiero Gramaglia torna sul G20 in India del 9 e 10 settembre osservando come “il Vertice di New Delhi conferma la crisi della governance mondiale”. Riprendendo un’analisi scritta alla vigilia del Summit l’ex direttore dell’Ansa osserva come “La guerra in Ucraina altera i percorsi della diplomazia internazionale e ne manda in tilt le agende: sabato 9 e domenica, il G20 in India, a New Delhi, si annuncia come una negazione del conflitto – l’Ucraina non è stata invitata, perché la presidenza di turno indiana non giudica il tema centrale -, dopo che i Brics ad agosto hanno ridisegnato il loro perimetro in funzione anti-occidentale o, almeno, in alternativa al G7, evitando di criticare la Russia per l’invasione”.
Poi, in un secondo commento sui risultati del vertice vede in essi ” Una testimonianza d’impotenza e di divisione”: “Il G20 a New Delhi scimmiotta i Brics che si sono allargati e hanno aperto all’Africa – dentro, fra gli altri, Egitto ed Etiopia – e accoglie nel suo alveo l’Unione africana, con lo stesso statuto dell’Unione europea, come se le due organizzazioni fossero equivalenti per coesione, integrazione, struttura istituzionale.
Sull’Ucraina, il Gruppo trova invece l’intesa, dopo lunghi negoziati diurni e notturni fra gli sherpa, sul testo di una dichiarazione ancora più sfumata di quella approvata in Indonesia nel 2022, che evita di condannare la Russia per l’invasione, ma invita tutti gli Stati ad astenersi dall’usare la forza per acquisire territori e a rispettare la Carta dell’Onu. […].
Per farsi un’idea se il G20 di New Delhi sia stato un successo e che tipo di successo, basta guardare alle reazioni da Mosca, soddisfatta, e da Kiev, infuriata.
Il 2024, se la guerra andrà avanti, non promette di andare meglio – aggiunge Gramaglia – , visto che la presidenza di turno passerà dall’India al Brasile: altro Paese Brics e altro leader, Inacio Luis Lula da Silva, poco incline a fare concessioni all’Occidente e impegnato nella ricerca di un nuovo ordine mondiale dove quello che una volta era il Terzo Mondo conti di più”.
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La vigilia del vertice del G20 in India
La guerra altera i percorsi della diplomazia[1]
La guerra in Ucraina altera i percorsi della diplomazia internazionale e ne manda in tilt le agende: sabato 9 e domenica, il G20 in India, a New Delhi, si annuncia come una negazione del conflitto – l’Ucraina non è stata invitata, perché la presidenza di turno indiana non giudica il tema centrale -, dopo che i Brics ad agosto hanno ridisegnato il loro perimetro in funzione anti-occidentale o, almeno, in alternativa al G7, evitando di criticare la Russia per l’invasione.
Un anno fa, nel 2022, il G20 in Indonesia era stato dominato dalla guerra in Ucraina e aveva sciorinato divisioni e diffidenze nel Gruppo[2], dove Cina e India – i due quinti della popolazione mondiale – e diversi altri Paesi non condividono le scelte di Usa, Nato e Unione europea: sanzioni a Mosca e aiuti ad oltranza a Kiev.
Ucraina: Blinken a Kiev e altri intrecci
Il segretario di Stato statunitense Anthony Blinken giunge nella capitale ucraina, per recapitare a domicilio l’ennesimo pacchetto di sostegno militare e finanziario, del valore di un miliardo di dollari – dopo le munizioni a grappolo, ci sono dentro quelle all’uranio impoverito: il peggio dei nostri arsenali -. Mosca chiosa:
“è la conferma che gli Usa vogliono continuare la guerra “fino all’ultimo ucraino”.
Blinken, però, deve pure fare sapere il presidente ucraino Volodymyr Zelensky che, avvicinandosi le presidenziali 2024, l’Amministrazione Biden avrà problemi a continuare ad essere così generosa con l’Ucraina e troverà resistenze, specie nella Camera a trazione repubblicana.
Anche i Paesi della Nato e dell’Unione europea hanno atteggiamenti altalenanti: se la Polonia e i Baltici sono pro-Ucraina al cento per cento e Svezia, Danimarca e Olanda promettono F-16, il Belgio afferma di non poterli consegnare a Kiev perché sono “in cattive condizioni”.
Zelensky, dal canto suo, vive un difficile momento. Nel pieno d’una controffensiva dall’esito tuttora incerto, ma che negli ultimi giorni sembra trovare un qualche vigore, il presidente decide di privarsi del ministro della Difesa Oleksii Reznikov e di rimpiazzarlo con un suo sodale, Rustem Umerov, finora capo del Fondo del Demanio. Su Reznikov c’è un sospetto di corruzione per forniture militari a prezzo gonfiato.
Anche nella prospettiva delle elezioni presidenziali del 20 24– si voterà sia in Ucraina che in Russia, oltre che negli Usa -, la mossa pare coerente con gli impegni anti-corruzione del partito di Zelensky e con le sollecitazioni in tal senso degli alleati dell’Ucraina, Nato e soprattutto Unione europea – senza riforme in tal senso, l’adesione è una chimera -. Ma chi si batte per la democrazia e i diritti teme – scrive Politico – che il giro di vite anti-corruzione e l’idea di equiparare, in tempo di guerra, i delitti di corruzione e di tradimento finiscano col dare più potere ai servizi di sicurezza.
Il presidente russo Vladimir Putin, dal canto suo, ha visto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che cerca di riannodare le fila della ‘pace del grano‘ durata un anno – da luglio a luglio –, ma poi saltata: l’incontro a Sochi è un flop. Erdogan, però, non desiste: per garantire alle navi che partono dai porti del Mar Nero cariche di cereali un corridoio sicuro, “la Russia – spiega – ha due richieste: il collegamento della Banca russa dell’Agricoltura al sistema Swift, e l’assicurazione dei carghi”.
Per la ricerca della pace, nessuno, tranne Papa Francesco, mostra fretta.
Eppure, la guerra non dà tregua. Sulle perdite, Mosca e Kiev danno cifre sporadiche, probabilmente inattendibili. Dopo che l’intelligence statunitense ha stimato a mezzo milione i militari caduti nell’arco di 18 mesi sui due fronti, il ministro della Difesa russo Sergej Shoigu dice che l’Ucraina ha perso 66 mila soldati – quasi 800 al giorno in media – nella sua controffensiva, che, in tre mesi “non ha raggiunto i suoi obiettivi in nessun settore” (parole di Shoigu).
Ucraina: bollettini di guerra e tamburi di propaganda
I bollettini di guerra si riducono a elenchi di droni e missili intercettati –anch’essi non del tutto attendibili – e di edifici civili colpiti. Ma la tragedia è sempre immanente: mentre Blinken è a Kiev, un attacco russo sul mercato di Kostyantynivka, nell’Ucraina orientale, uccide almeno 16 persone, fra cui un bambino, e ne ferisce una ventina. E’ uno degli episodi più cruenti degli ultimi mesi.
I tamburi della propaganda continuano a rullare. Putin rinnova le accuse a Zelensky: è “disgustoso” – dice – che, nonostante le origini ebraiche, il presidente ucraino si presti “a glorificare il nazismo e coloro che guidarono l’Olocausto in Ucraina”, con lo sterminio di “un milione e mezzo di persone”. Kiev ribatte: “Nazista è Putin, che usa la Shoah per giustificare i suoi crimini”.
I risultati di un vertice che scimmiotta i Brics
Una testimonianza d’impotenza e di divisione[3]
Il G20 del 9 10 settembre a New Delhi scimmiotta i Brics[4], che si sono allargati e hanno aperto all’Africa – dentro, fra gli altri, Egitto ed Etiopia – e accoglie nel suo alveo l’Unione africana, con lo stesso statuto dell’Unione europea, come se le due organizzazioni fossero equivalenti per coesione, integrazione, struttura istituzionale.
Sull’Ucraina, il Gruppo trova invece l’intesa, dopo lunghi negoziati diurni e notturni fra gli sherpa, sul testo di una dichiarazione ancora più sfumata di quella approvata in Indonesia nel 2022, che evita di condannare la Russia per l’invasione, ma invita tutti gli Stati ad astenersi dall’usare la forza per acquisire territori e a rispettare la Carta dell’Onu.
Del resto, il G20, che adesso rappresenta i due terzi della popolazione e del commercio mondiali e oltre l’80 per cento per cento del Pil, non ha una storia d’efficienza e risultati: creato nel 1999 con vocazione economica, di fronte alla percepita inadeguatezza del G7, vivacchiò fin quando, tra il 2008 e il 2009, i presidenti statunitensi George W. Bush e Barack Obama non provarono ad affidargli la risposta alla gravissima crisi economico-finanziaria di quel momento: missione fallita e ritorno al piccolo cabotaggio, riunioni quasi senza impatto.
Per farsi un’idea se il G20 di New Delhi sia stato un successo e che tipo di successo, basta guardare alle reazioni da Mosca, soddisfatta, e da Kiev, infuriata.
Il 2024, se la guerra andrà avanti, non promette di andare meglio, visto che la presidenza di turno passerà dall’India al Brasile: altro Paese Brics e altro leader, Inacio Luis Lula da Silva, poco incline a fare concessioni all’Occidente e impegnato nella ricerca di un nuovo ordine mondiale dove quello che una volta era il Terzo Mondo conti di più.
Domenica 1′ settembre 2023, quando il premier indiano Narendra Modi ha chiuso il G20 di New Delhi ed ha passato il martelletto di legno del presidente delle riunioni a Lula, il presidente brasiliano ha subito annunciato che inviterà al Vertice di Rio de Janeiro il presidente russo Vladimir Putin, assicurandogli che nessuno lo arresterà in Brasile, nonostante il mandato d’arresto emesso a marzo dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra contro l’umanità[5]. Eppure il Brasile come l’India e il SudAfrica che ospitò ad agosto il Vertice dei Brics, riconosce la Corte dell’Aia.
Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, che, assente Putin, guidava la delegazione russa, definisce il G20 un successo:
“Siamo riusciti a sventare il tentativo dell’Occidente di ‘ucrainizzare’ l’agenda del vertice”,
ha detto Lavrov a lavori conclusi – un risultato già conseguito a priori, quando Modi aveva deciso di non invitare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky -.
Mykhailo Podolyak, capo consigliere del presidente ucraino, polemizza su Twitter con Lula:
“Perché sentire il bisogno di regole se le si vuole infrangerle in nome di uno scandaloso populismo? Il presidente brasiliano è l’autore di una neo/realpolitik: rompere tutto quello che si può. Oppure lunga vita al caos per il bene degli assassini russi!”.
Mentre i leader erano riuniti, Mosca – quasi una provocazione – ha organizzato nei territori occupati elezioni amministrative (non riconosciute dalla comunità internazionale). Ma il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, unico mediatore fra Russia e Ucraina che abbia finora ottenuto risultati, invita “a non emarginare Mosca sul grano”: Erdogan spera ancora di ravvivare la ‘pace dei cereali’ durata un anno e denunciata dai russi a luglio.
Aprendo in prospettiva un altro contenzioso, non solo con l’Occidente, ma con i Grandi del Mondo di tutte le tendenze, Lula inoltre osserva che il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha bisogno di Paesi in via di sviluppo tra i suoi membri permanenti e non permanenti per ritrovare una forza politica:
“Viviamo in un mondo dove la ricchezza è sempre più concentrata, dove milioni di esseri umani soffrono la fame, dove lo sviluppo sostenibile è minacciato, dove le istituzioni internazionali riflettono ancora la realtà della metà del secolo scorso”.
G20: Ucraina ma non solo fra punti deboli
L’Ucraina, ma non solo, fra i punti deboli del G20. Per il presidente francese Emmanuel Macron sono ‘insufficienti’ le conclusioni sul clima:
“Dobbiamo tutti eliminare gradualmente il carbone, molto più rapidamente di quanto facciamo oggi”,
ha detto il capo dell’Eliseo.
Il Vertice è stato, come sempre, l’occasione di un intreccio di contatti bilaterali, fra cui, per l’Italia, rilevante quello della premier Giorgia Meloni con il premier cinese Li Qiang, che ha anche incontrato il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, in vista di un Vertice Unione europea – Cina. Meloni cammina sul filo di mantenere buone relazioni economiche e commerciali con Pechino, senza però rinnovare l’accordo esistente sulla Nuova Via della Seta.
Al di là dei toni trionfalistici – scontati – del Paese organizzatore e positivi di molti dei protagonisti, il G20 indiano conferma l’inefficienza delle attuali Istituzioni della governance mondiale, a partire dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu fino al binomio teoricamente complementare G7 / G20, passando per i vari organismi regionali, quale che ne sia la vocazione, l’Unione europea, la Nato, i Brics, la Sco (l’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai).
Il tema dell’invasione dell’Ucraina è molto divisivo nel gruppo delle principali economie sviluppate ed emergenti. Ma se è comprensibile che su questo punto il G20 si sia – calcisticamente parlando – “rifugiato in corner”, non è neppure giunto a decisioni operative sui temi a lui peculiari, l’economia e lo sviluppo, e neppure sulla cooperazione contro il riscaldamento globale.
L’assenza di Putin non è stata sorprendente – dopo l’inizio del conflitto i Ucraina, il leader russo è stato raramente presente gli appuntamenti internazionali -.
Quella del presidente cinese Xi Jinping è, invece, più difficile da spiegare – Xi non aveva mai mancato un G20 da quando è al potere -: se fosse una mossa in funzione anti-indiana, sarebbe in contrasto con l’intesa fra i giganti demografici del nostro Pianeta emersa nel contesto dei Brics; forse, nasce dall’imbarazzo d’un possibile incontro con il presidente statunitense Joe Biden, che dall’India ha raggiunto il Vietnam, ultimo tassello del suo disegno di ‘accerchiamento’ della Cina nel Pacifico.
A dispetto della delusione di Kiev, la premier italiana Giorgia Meloni difende la validità del testo sull’Ucraina approvato.
“All’inizio del Vertice qualcuno temeva e qualcuno sperava che non si raggiungesse una conclusione. L’essere arrivati a una dichiarazione comune significa che sono stati fatti passi avanti significativi”, in quanto “la dichiarazione fa esplicito riferimento alle risoluzioni dell’Onu di condanna dell’aggressione all’Ucraina da parte della Russia”.
Mosca avrebbe sottoscritto le conclusioni “per evitare l’isolamento”:
“Tutti gli altri erano su una posizione diversa. Quindi, … considero ottima la conclusione di questo G20. Non vedo passi indietro, rispetto allo scorso anno, quando già le conclusioni del G20 furono considerate un piccolo miracolo diplomatico…”.
Il G20 che verrà nei progetti di Lula
Guardando al futuro, Lula indica le priorità della presidenza brasiliana basate su tre punti principali: “l’inclusione sociale e la lotta contro la fame”; “la transizione energetica e lo sviluppo sostenibile”; e “la riforma della governance del sistema delle istituzioni globali”. Tre priorità incluse “nel motto della presidenza brasiliana, ‘Costruire un mondo giusto e un pianeta sostenibile’”.
Un programma complesso e ambizioso, su cui pesano le incognite del conflitto in Ucraina – dovesse trascinarsi per un altro anno -, dell’impegno della Cina nel G20 e delle fibrillazioni degli Stati Uniti d’America nell’anno delle elezioni.
[1] The Watcher Post, 6 settembre 2023
[2] Giampiero Gramaglia, “Ucraina: i flop a ripetizione del G20 sintomo del nuovo disordine mondiale”, The Watcher Post, 3 febbraio 2023. Cf. https://www.giampierogramaglia.eu/2023/03/03/g20-ucraina-flop-sintomo-nuovo-disordine-mondiale/.
[3]Giampiero Gramaglia, “G20: Vertice New Delhi conferma crisi governance mondiale”, The Watcher Post l’11 settembre 2023. Cf-. https://www.giampierogramaglia.eu/2023/09/12/g20-crisi-governance-mondiale/.
[4] Si veda in questo stesso fascicolo il mio pezzo precedente del 25 agosto 2023 “Più Brics meno Prigozhin: fermenti nel nuovo ordine internazionale” https://www.key4biz.it/piu-brics-meno-prigozin/457266/.
[5] Giampiero Gramaglia “Ucraina: Cpi, crimini di guerra, mandato di arresto per Putin”, Il Fatto Quotidiano, 18 marzo 2023. Cf. https://www.giampierogramaglia.eu/2023/03/18/cpi-ucraina-crimini-guerra-mandato-arresto-putin/.