Giuseppe Richeri, ripercorre “Quasi mezzo secolo di studi e rapporti, progetti, piani e tentativi di realizzazione” nel suo breve saggio “Fiat lux: quando, come e perché la fibra ottica in Europa” mostrando come “La fibra ottica entra nell’agenda di alcuni governi europei verso la fine degli anni Settanta. Matura allora la consapevolezza che questa è la tecnologia migliore per potenziare le reti di telecomunicazione considerate da allora le infrastrutture strategiche per lo sviluppo economico e sociale del futuro […] i paesi europei più attivi (Francia, Germania e Regno Unito) considerando le loro potenzialità ben oltre le comunicazioni telefoniche, scelsero strade “nazionali” con l’obiettivo di sviluppare industrie capaci di produrre per il mercato interno e per l’esportazione. In alcuni paesi europei furono allora messi a punto progetti “ambiziosi” per realizzare reti di telecomunicazione a grande capacità (larga banda) in previsione di una forte crescita del traffico generato dai nuovi servizi destinati a sostenere la transizione verso la “società post-industriale”. Segue una descrizione dei Rapporti ufficiali commissionati agli esperti dai governi a partire dagli anni Settanta in Germania, Francia e Regno Unito cui seguiranno progetti e piani di cablaggio nel decennio successivo. L’articolo prosegue esaminando la stagione delle superautostrade dell’informazione negli anni Novanta, e le risposte europee alla strategia dell’amministrazione americana di Clinton in virtù delle quali “maturò la consapevolezza del ruolo strategico delle reti di telecomunicazione e delle tecnologie di trattamento delle informazioni”. Il tutto venti anni dopo la Conferenza promossa nel 1975 a Parigi dall’OCSE considerata un punto di svolta, all’origine della transizione verso la società post-industriale, la centralità dell’economia immateriale legata al trattamento delle informazioni e all’introduzione delle risorse informatiche e delle telecomunicazioni per “rimuovere la situazione di ristagno economico e le prospettive di “crescita zero” e [creare] nuove occasioni di rilancio dello sviluppo”.
Introduzione
La fibra ottica entra nell’agenda di alcuni governi europei verso la fine degli anni Settanta. Matura allora la consapevolezza che questa è la tecnologia migliore per potenziare le reti di telecomunicazione considerate da allora le infrastrutture strategiche per lo sviluppo economico e sociale del futuro. Inoltre gli apparati elettronici di comunicazione in quel decennio avevano acquisito un peso crescente nel commercio internazionale e l’Europa stava accumulando nel settore una distanza rilevante rispetto a Stati Uniti e al Giappone. Nella seconda metà del decennio il “gap tecnologico” divenne quindi un problema pressante per molti paesi europei.
Le due strade più ambiziose imboccate in Europa per recuperare il ritardo si diressero verso le telecomunicazioni via satellite e verso quelle in fibra ottica.
Nel primo caso i principali paesi decisero di collaborare creando la Agenzia Spaziale Europea che avrebbe dovuto realizzare il vettore Arianne, per mettere in orbita satelliti senza dipendere dai vincoli americani, e satelliti di comunicazione “pesanti” destinati in prevalenza alle trasmissioni televisive dirette, settore in cui l’industria aerospaziale americana era assente.
Nel caso delle fibre ottiche invece i paesi europei più attivi (Francia, Germania e Regno Unito) considerando le loro potenzialità ben oltre le comunicazioni telefoniche, scelsero strade “nazionali” con l’obiettivo di sviluppare industrie capaci di produrre per il mercato interno e per l’esportazione. Fino ad allora la produzione di fibre ottiche era concentrata negli Stati Uniti, dov’era destinata prevalentemente al mercato interno, e in Giappone che ne esportava il 70 percento in altri paesi asiatici. In alcuni paesi europei furono allora messi a punto progetti “ambiziosi” per realizzare reti di telecomunicazione a grande capacità (larga banda) in previsione di una forte crescita del traffico generato dai nuovi servizi destinati a sostenere la transizione verso la “società post-industriale”. Le nuove reti avrebbero creato una domanda di fibre ottiche e favorito la crescita di industrie nazionali in grado di alimentarla.
I Rapporti ufficiali commissionati agli esperti dai governi dalla seconda metà degli anni Settanta
Questa nuova strategia si delinea in una serie di studi e rapporti ufficiali che sono pubblicati in Europa nella seconda metà degli anni Settanta del secolo scorso (1).
Repubblica Federale Tedesca
Il primo importante rapporto viene elaborato nella Repubblica Federale Tedesca (Germania Ovest) da una commissione indipendente incaricata dal Ministro della ricerca e tecnologia di esaminare il problema della “espansione del sistema tecnico delle comunicazioni”.
Il rapporto è presentato nel 1976 (2) con la sigla KtK (Kommission für den Ausbau des technischen Kommunikationssystems) e si sviluppa su tre idee portanti: a) la necessità di innovare le reti e i servizi di comunicazione per garantire la futura competitività economica del paese; b) l’interesse ad avviare la sperimentazione delle nuove tecnologie televisive; c) la preoccupazione per il crescente gap tecnologico nei confronti di Stati Uniti e Giappone e la necessità di interventi per riequilibrare la situazione.
Come priorità operativa si indica la modernizzazione della rete telefonica e la sua rapida trasformazione verso le trasmissioni digitali e l’avvio di un certo numero di sperimentazioni di reti di trasmissione via cavo in fibre ottiche adatte anche alle trasmissioni televisive e al servizio videotext.
Tutto ciò che si riferiva ai servizi televisivi nel rapporto KtK non poteva essere troppo approfondito dal momento che in Germania questa materia era, ed è tuttora, di competenza dei singoli Stati (Lander), mentre le telecomunicazioni erano di competenza federale.
Francia
Un secondo rapporto che avrà una vasta risonanza anche internazionale appare in Francia nel 1978 col titolo L’informatisation de la société, realizzato da Simon Nora e Alain Minc su incarico di Valéry Giscard d’Estaing, allora Presidente della Repubblica.
Le nuove tecnologie, oggetto principale del rapporto, non riguardano direttamente le comunicazioni di massa e, in particolare, la televisione; l’enfasi è messa invece su quell’intreccio tra l’informatica diffusa e le telecomunicazioni che da allora prenderà il nome di “telematica” (3).
Nel rapporto si indica un’ampia gamma di settori in cui i servizi telematici potranno essere accessibili con nuove reti di telecomunicazione destinate ad allacciare uffici pubblici, luoghi di lavoro e famiglie.
Regno Unito
Un terzo gruppo di iniziative riguarda la Gran Bretagna. Si inizia con la serie di rapporti realizzati a partire dal 1978 dal Central Policy Review Staff (CPRS) (4), su incarico del primo ministro laburista James Callaghan, che sensibilizzano la classe politica sull’importanza delle nuove tecnologie della comunicazione. Ma è il rapporto “Information Technology” realizzato dall’Advisory Council for Applied Research and Development (ACARD) (5) del nuovo governo conservatore a catalizzare l’attenzione del primo ministro Margaret Thatcher sugli aspetti cruciali delle nuove tecnologie.
Il rapporto, centrato sulle implicazioni delle nuove tecnologie nei diversi settori dell’informatica, delle telecomunicazioni e dell’informazione sottolinea, tra l’altro, l’importanza della televisione via cavo e la necessità di trasferire le relative competenze dal Ministero degli interni a quello dell’industria per poterne sviluppare più rapidamente tutte le implicazioni economiche, industriali e commerciali.
Italia e Spagna
Va osservato che negli altri due grandi paesi europei, Spagna e Italia, questo tipo di dibattito resta per lungo tempo assente o, comunque, non assume una rilevanza politica ed economica nazionale.
In questi anni la Spagna è alle prese con la riorganizzazione democratica dopo la caduta della dittatura franchista ed ha altri tipi di problemi strutturali su cui concentrare le proprie energie. L’Italia, invece, prima concentra l’attenzione politica sulla riforma della televisione pubblica, e poi nei successivi anni Ottanta sullo sviluppo del duopolio televisivo pubblico-privato, senza dimostrare un interesse strategico per le nuove reti e servizi di comunicazione.
In Italia l’uso delle fibre ottiche per i servizi di telecomunicazione rimane a lungo circoscritto ai progetti della Sip: la prima sperimentazioni a grandezza naturale utilizzando fibre ottiche prodotte dalla Corning Glass americana, furono fatte nel 1977 a Torino dallo CSELT (Centro Studi e Laboratori Telecomunicazioni) e dalla Sip, entrambe del gruppo Iri-Stet e la prima applicazione operativa fu fatta dalla Sip a Roma nel 1979 con un’estensione di 19 chilometri.
Solo nel 1995 Telecom Italia annuncia il progetto Socrate che prevede di cablare l’Italia in fibra ottica e di offrire, oltre a nuovi servizi televisivi, un’ampia gamma di servizi di comunicazione per il lavoro e il tempo libero. Il progetto però fu abbandonato nel 1998, per cause interne ed esterne all’azienda, ed è ancora ricordato come uno dei maggior fallimenti nella storia delle telecomunicazioni italiane del dopoguerra.
I progetti e piani di cablaggio degli anni Ottanta
Le riflessioni sul ruolo strategico delle telecomunicazioni messe a fuoco nei Rapporti sopra ricordati portarono alla decisione di realizzare delle reti a larga banda in grado di portare nelle case nuovi servizi che richiedevano maggiori capacità di trasmissione. In Francia (6), Regno Unito (7) e Repubblica Federale Tedesca nei primi anni Ottanta furono varati progetti di cablaggio seguendo modelli molto diversi tra loro sia per il ruolo dello Stato e delle amministrazioni pubbliche locali, sia per le modalità di gestione, sia per le opzioni tecniche.
In tutti era però indicata una scelta tecnica obbligatoria o preferenziale delle fibre ottichesia pur meno pronunciata in Germania (8).
Il fatto importante da sottolineare è che in tutti i casi i nuovi servizi televisivi (quantità e qualità) costituivano l’attrattiva immediata per convincere le famiglie ad allacciarsi alle nuove reti, ma il vero obiettivo era quello di portare le reti “tecnologicamente avanzate” in tutte le case per offrire l’accesso potenziale ai servizi telematici che s’intendeva allestire (tele-lavoro, tele-educazione, tele-medicina, eccetera).
Non è il caso di seguire ora le vicende specifiche di queste iniziative, occorre però ricordare che sia sul fronte della rete che su quello dei servizi nessuna raggiunse gli obiettivi prefissati, alcune furono prima o poi modificate, mentre altre furono abbandonati.
La stagione delle superautostrade dell’informazione negli anni Novanta
Gli obiettivi generali di questi progetti furono rilanciati nel decennio successivo, con maggior forza e con una strategia più articolata sull’onda delle iniziative della nuova amministrazione americana di Bill Clinton delineate nel documento The National Information Infrastructure. Agenda for Action del 1993 (9).
Si aprì allora la stagione delle “superautostrade dell’informazione” che aveva alla base le stesse riflessioni dei paesi europei alla fine degli anni Settanta e che trovarono una nuova e più sofisticata elaborazione nel libro bianco di Jacques Delors Crescita, competitività e occupazione (10) e nel Rapporto Bangemann L’Europa e la società dell’informazione globale (11) resi noti rispettivamente nel 1993 e 1994. Nello stesso periodo il Giappone si avvio su questa strada con un progetto elaborato dal Ministero delle Telecomunicazioni (12) e un secondo progetto dal Ministero dell’Industria e del Commercio Estero (13).
Anche in questi casi i risultati attesi non sono mai stati raggiunti per varie ragioni che non c’è lo spazio di analizzare ma che ho avuto occasione di chiarire in altri miei lavori (14).
Preferisco invece risalire all’origine delle riflessioni che hanno messo al centro dell’attenzione le tecnologie dell’informazione e soprattutto le telecomunicazioni.
Perché le reti di telecomunicazione sono diventate l’infrastruttura strategica per favorevoli le trasformazioni economiche e sociali: quelle che in sintesi sono rappresentate nel passaggio dalla società industriale alla società post-industriale detta successivamente “società dell’informazione” o altro?
Gli argomenti per rispondere a questa domanda e i punti di vista sulla loro rilevanza sono vari. Una serie di indicazioni furono all’epoca messe a punto da sociologi come Alain Touraine (15) e Daniel Bell (16) che teorizzarono l’arrivo della società post-industriale, politologi come Zbigniew Brzezinski (17)nel 1970 parlò della incipiente “società tecnetronica”, futurologi come Alvin Toffler (18) che prospettò l’arrivo della rivoluzione digitale e lo “shoc del futuro”, Centri di ricerca sulle tecnologie come il Japan Computer Usage Development Institute (19) che disegnò l’arrivo della società dell’informazione.
Nei loro lavori si sottolineavano le trasformazioni in atto nelle società economicamente avanzate rappresentate dal ruolo dell’economia immateriale e dei servizi, il peso crescente della produzione, trasmissione e consumo di informazioni e la rilevanza delle tecnologie di comunicazione. Ma le ricerche che focalizzarono con maggior chiarezza gli aspetti strutturali del cambiamento in atto furono quelle che misurarono le trasformazioni nel mondo del lavoro e che mostrarono il peso crescente del lavoro immateriale nell’economia dei paesi “avanzati”.
Da qui maturò la consapevolezza del ruolo strategico delle reti di telecomunicazione e delle tecnologie di trattamento delle informazioni. Questa tendenza messa in luce da Fritz Machlup, dell’Università di Princeton, con il suo studio sull’economia della conoscenza pubblicato nel 1962 (20) è stato sviluppato anni dopo da Marc Porrat, dell’Università di Stanford (21). Il Bureau of Labor Statistics americano lo incarica nei primi anni Settanta di riclassificare i lavoratori attivi negli Stati Uniti in una serie di anni circoscrivendo nei tre settori dell’economia coloro che svolgono un’attività prevalentemente “immateriale” chiamata “lavoro dell’informazione”.
I risultati di questa lunga e complessa ricerca mettono in evidenza alcuni trend dell’economia americana nel XX secolo e affermano che nella seconda metà degli anni Settanta i lavoratori dell’informazione negli Stati Uniti saranno la maggioranza, che la loro presenza cresce da anni in tutti i settori dell’economia e che il loro contributo al prodotto interno lordo supererà presto il 50 percento. Le categorie dei lavoratori dell’informazione sono varie e comprendono soprattutto il lavoro amministrativo e burocratico, la formazione e l’insegnamento, la ricerca e sviluppo, le libere professioni, la cultura e i media e altro ancora.
La Conferenza dell’OCSE del 1975 e la consapevolezza delle trasformazioni allora in corso
Questi risultati sono considerati talmente importanti per i paesi industrializzati che l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) riunisce nel 1975 a Parigi molti dei loro rappresentanti per presentare questo nuovo quadro interpretativo delle trasformazioni in atto. L’analisi si basa su fattori misurabili (dimensioni e distribuzione dei lavoratori dell’informazione, valore aggiunto da loro prodotto, eccetera) che permettono di individuare tendenze e fare comparazioni in modo molto più preciso di quelle offerte dalle riflessioni di sociologi, politologi, futurologi, eccetera.
Il settore trainante che si trova al centro della società post-industriale non è più un’economia basata genericamente sui servizi, ma un’economia basata su uno specifico tipo di attività lavorativa basata prevalentemente sull’attività “mentale” o “immateriale” che riguarda il trattamento dell‘informazione.
La dichiarazione finale di questo incontro lo afferma:
“È stato riconosciuto che attualmente la maggior parte dei Paesi dell’OCSE sono allo stadio di transizione da una società industriale a una società post‑industriale caratterizzata dal posto importante occupato nelle loro economie dal settore dei servizi […]. Sembra che questa economia dei servizi si basi essenzialmente sull’informazione. A differenza della situazione che regna nel settore industriale dell’economia, il settore basato sull’informazione è meno sensibile, sembra, alle costrizioni che l’energia e le risorse naturali fanno pesare sulle possibilità di perseguire il progresso socio‑economico. Sembra che una gestione razionale delle risorse che le economie moderne offrono in materia d’informazione e di comunicazione potrebbero procurare sostanziali vantaggi e aprire nuove prospettive di crescita” (22).
I risultati della riunione di Parigi fecero crescere nelle delegazioni presenti la consapevolezza delle trasformazioni in corso e la condivisione di tre principi che saranno sostanziali per le iniziative nel campo dei mezzi di comunicazione e dell’informazione in Europa:
- la maggior parte dei paesi dell’OCSE è ormai pronta a progettare la fase di transizione verso un tipo di società post‑industriale;
- una società basata sulla “economia immateriale”, dove larga parte dei lavoratori e del valore prodotto è legata ad attività di trattamento delle “informazioni” che sono a basso consumo di energia e di materie prime (il bene informazione, a differenza dei beni materiali, non si degrada con l’uso), permette ai paesi sviluppati di ridurre la loro dipendenza da fonti di energia e materie prime non rinnovabili;
- l’introduzione consistente e programmata ‑ di qui il ruolo indispensabile dello Stato in questa direzione‑ delle risorse informatiche e delle telecomunicazioni permette di rimuovere la situazione di ristagno economico e le prospettive di “crescita zero” e crea nuove occasioni di rilancio dello sviluppo.
In sintesi l’idea che incomincia a formarsi nel corso degli anni Settanta è che, data la situazione, i governi dei paesi economicamente avanzati devono fare scelte consapevoli e impegnative nel campo dei sistemi tecnologici, che rivestono un ruolo infrastrutturale di primo piano per il trattamento delle informazioni, il loro trasporto e le possibilità di accesso del pubblico.
Come le strade, i canali e i porti capillari ed efficienti furono le infrastrutture a sostegno della rivoluzione industriale basata sulle industrie manifatturiere, le telecomunicazioni capillari ed efficienti (fibra ottica) erano le infrastrutture necessarie a favorire le trasformazioni della società dell’informazione.
Bologna, aprile 2021
Note a fine testo
(1)Sugli anni Sessanta e Settanta Si veda il nostro approfondimento in Roberto Grandi, Giuseppe Richeri, Le televisioni in Europa. Tv etere, tv cavo, videogruppi, crisi innovazioni, involuzioni, Milano, Feltrinelli, 1976, 308 p.
(2) Deutschland (Bundesrrepublik). Kommission für den Ausbau des technischen Kommunikationssystems, Telekommunikationsbericht mit acht Anlagebanden, Bonn-Bad Godesberg, Heger Verlag, 1976, 20 p. Della medesima Commissione esiste una seconda parte: Arbeitskreis Technik und Kosten, Band 2-6, Bonn-Bad Godesberg, Heger Verlag, 1976, XI-230 p.
(3) Simon Nora, Alain Minc, L’Informatisation de la société. Rapport à M. le Président de la République, Paris, La Documentation Francaise, gennaio 1978, 170 p. Si tratta del Rapporto di sintesi La richiesta di questo Rapporto, rivolta dal Presidente della Repubblica francese all’Ispettore Generale delle Finanze, Simon Nora risaliva al 20 dicembre 1976. Il Rapporto completo è disponibile e quasi integralmente (salvo il terzo tomo di documenti annessi) consultabile online https://www.vie-publique.fr/sites/default/files/rapport/pdf/154000252.pdf, ed è comprensivo di altri quattro tomi contenti un’ampia gamma di appendici.
(4)Central Policy Review Staff (CPRS) report on overseas representation: review of BBC Vernacular Services, London, Her Majesty Stationery Office, Agosto 1977, 442 p., Noto come Berill report, questo documento, formato da 21 capitoli e 19 appendici, sarà discusso alla Camera dei Lord il 27 novembre 1977. Cf https://hansard.parliament.uk/Lords/1977-11-23/debates/5dff886a-13df-4c20-82c5-68b9422a3f0a/CprsReviewOfOverseasRepresentation
(5)Advisory Council for Applied Research and Development (ACARD), Information Technology, London, Her Majesty’s Stationery Office, 1980, 55 p. (6) La Francia lancia il suo “Plan Cable” nel novembre 1982.
(7) Nel 1982 vengono elaborate le prime proposte per liberalizzare la televisione via cavo nel Regno Unito.
(8) L’unico piano che riscosse un relativo successo fu quello tedesco. Nella Repubblica Federale di Germania Il Kabel Plan inizia solo nella prima metà degli anni Ottanta La televisione via cavo è stata trasmessa per la prima volta nella Germania occidentale il 1 ° gennaio 1984. Per approfondimenti su Francia, Regno Unito e Germania si vedano due miei studi citati più avanti alla nota 14.
(9) The National Information Infrastructure. Agenda for Action, Washington, 15 settembre 1993. Vedilo in: https://clintonwhitehouse6.archives.gov/1993/09/1993-09-15-the-national-information-infrastructure-agenda-for-action.html
(10) Commissione europea, Crescita, competitività, occupazione. Le sfide e le vie da percorrere per entrare nel XXI secolo. Libro Bianco, Lussemburgo Bruxelles, Ufficio delle Pubblicazioni Uffficiali delle Comunità Europee, 1994, 184 p. Può essere scaricato da https://op.europa.eu/it/publication-detail/-/publication/4e6ecfb6-471e-4108-9c7d-90cb1c3096af/language-it/format-PDF
(11) L’Europa e la società dell’informazione globale. Raccomandazioni al Consiglio europeo, Bruxelles 26 maggio 1996 prodotto da un gruppo di venti esperti del mondo dell’industria e dell’utenza presieduto da Martin Bangemann, Commissario all’industria oggi consultabile in https://www.privacy.it/archivio/cesinf.html
(12) Ministry of Post and Telecommunications, (MPT). Reforms toward the intellectual creative society of the 21st century: program for the establishment of high-performance info-communications infrastructures, Tokio, Telecommunications Council, Ministry of Post and Telecommunications, 31 maggio1994 Il Rapporto appare come un comunicato stampa dell’MPT ed è in risposta alla consultazione dell’MPT dell’11 marzo 1993 riguardante il Rapporto “Info-Communications Infrastructure for the 21st Century”.
(13) Japan MITI, Ministry of International Trade and Industry, Toward the age of digital economy. for rapid growth in the Japanese Economy in the Twenty firs Century, Tokio, MITI, 1998
(14) Mi limito a citarne due: Giuseppe Richeri, L’universo telematico. Il lavoro e la cultura del prossimo domani, Bari De Donato, 1982, 126 p. Giuseppe Richeri, “Le autostrade dell’informazione. Modelli e problemi”, in Problemi dell’Informazione, anno XX (1), gennaio-marzo 1995, Bologna, Il Mulino, pp.25-38.
(15) Alain Touraine, La société post-industrielle, Paris, Danoel, 1969, 315 p. Traduzione italiana: La società post-industriale, Bologna, Il Mulino, 1970, 255 p.
(16) Daniel Bell, The Coming of Post-Industrial Society, New York, Basic Books, 1973, 616 p
(17) Zbigniew Brezinski, The Technetronic Revolution, New York, The Viking Press, 1970, 123 p. Vedilo ora in rete: https://solipsyzm.pl/between2ages.pdf
(18) Alvin Toffler, Future Schock, New York, Ramdon House, 1970, XII-505 p. Traduzione italiana: Lo choc dl futuro, Milano, Rizzoli, 1971, 549 p.
(19) Japan Computer Usage Development Institute. Computerization Committee, The Plan for Infomation Society. A national Goal Toward Year 2000, Tokio, Jacadi, maggio 1972, 193 p. Il Rapporto oggi può essere scaricato in pdf l link:
https://www.jipdec.or.jp/archives/publications/J0001630.pdf Traduzione italiana: Verso una società dell’informazione. Il caso giapponese, Milano, Edizioni di Comunità, 1974, 157 p.
(20) Fritz Mechlup, The Production and Distribution of Knowledge in the United States, Princeton, Princeton University Press, 1962, 436 p.
(21) Marc Uri Porat, The Information Economy: Definition and Measurement, United States Department of Commerce, Washington D.C., 1977, 242 p. Vedilo fotocopiato on line https://files.eric.ed.gov/fulltext/ED142205.pdf
(22) OCDE Conférence sur les politiques en matière d’informatique e des télécommunications, Paris, OCDE, Etudes d’Informatique n.111, 976, 384 p La citazione è tratta dalla “Déclaration finale” della Conferenza a p. 13 Si veda in particolare l’articolo di Edwin B. Parker “Rapport de base” alle pp. 95-131.