Cecilia Clementel esplora per Democrazia futura alcuni effetti della guerra ucraina che vanno posti maggiormente sotto i riflettori. Definisce la “Crisi alimentare, il terzo cavaliere dell’Apocalisse”, ovvero denuncia il pericolo di una carestia che può colpire dopo due anni di peste e due mesi di guerra il nostro pianeta.
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La crisi alimentare è arrivata con i quattro F dell’agricoltura ucraina. Il terzo cavaliere dell’Apocalisse, dopo la peste e la guerra, è la carestia.
Il mio discorso parte dalle esportazioni ucraine che la guerra blocca (tutti i porti sul mar Nero restano chiusi) e da quelle russe bloccate dalle sanzioni.
I problemi si riassumono in quattro F, ossia in inglese: Feed, Fertiliser, Fuel and Financing, e cioè: Mangimi animali (mais, granaglie), Fertilizzanti, carburanti e Finanziamenti e sono duplici: aumenti rilevanti dei prezzi e minore disponibilità del cibo.
Inizio dalle conseguenze della guerra per l’agricoltura perché non solo continueranno per diversi anni ma peggioreranno la crisi dovuta a rapidi incrementi dei prezzi di grano, mangimi, fertilizzanti che era già in atto e minacciano seriamente la stabilità anche politica di paesi poveri nel Sud del mondo. Separarla dalla crisi energetica[1] è invero artificiale, ma necessario per chiarirne le dinamiche.
I costi di alcuni tipi di fertilizzanti sono triplicati nell’ultimo anno. La produzione di fertilizzanti azotati[2] in Europa e Ucraina è stata ridotta per il costo del gas (costo raddoppiato nell’ultimo anno) necessario a tale produzione.
Non solo la Russia è il primo esportatore al mondo di fertilizzanti (per il 13 per cento del totale) ma dal 5 marzo 2022 il governo russo ne ha temporaneamente bloccato l’esportazione[3].
La Russia è anche, per l’Italia, il secondo fornitore del concime urea (125 mila tonnellate annue).
Un importante motivo della contrarietà di Brasile[4] ed India[5] alle sanzioni contro la Russia è il fatto che entrambi i paesi importano molti fertilizzanti dalla Russia e dalla Bielorussia (anch’essa soggetta a sanzioni), questi paesi (insieme all’Ucraina) producono ed esportano molti fertilizzanti, essendo paesi con importanti settori agricoli.
Per i raccolti 2022 di grano, granaglie e mais in Ucraina la carenza di fertilizzanti e pesticidi (disponibile ora in quantità minore della metà del necessario) sarà un fattore negativo: semine e fertilizzazione dei campi sarebbero imminenti, con un normale calendario. La crisi si approfondirà dunque nel 2023 e forse oltre.
In Italia importiamo fino all’80 per cento dei fertilizzanti e i loro costi per le colture del 2022 sono molto aumentati (per aumento dei costi di materie prime, di gas e diesel per trasporto).
Già alla fine del 2021 Marcello Bonvicini, presidente di Confagricoltura Emilia Romagna lanciava un allarme :“Mancano fertilizzanti minerali”[6].
Consorzi Agrari d’Italia ritiene che al momento della semina primaverile di mais, girasole, soia e pomodori (e della fertilizzazione del grano) disponiamo solo del 60 per cento dei fertilizzanti degli anni precedenti. I costi delle coltivazioni inoltre sono aumentati fino al 60 per cento all’ettaro.
In Germania si parla di costituire delle scorte di fertilizzanti.
Gli allevamenti per suini (ad esempio in Irlanda e Spagna[7]) se la passano assai peggio[8]. Metà del mais europeo (mangimi) e un terzo dei fertilizzanti sono importati dalla Russia (che come abbiamo visto ha appena chiuso i rubinetti). Prezzi per entrambi sono molto aumentati e gli allevatori non possono immediatamente passare i costi ai consumatori ed hanno bisogno di finanziamenti per almeno un anno. Vi sono aiuti statali, ma a causa del riprendersi della Cina dall’epidemia di febbre suina del 2018 (febbre presente anche in Ucraina oggi) le esportazioni di suini verso la Cina sono dimezzate rispetto all’anno precedente.
Le piccole e medie imprese agricole hanno minor resilienza economica degli agribusiness.
Un quadro preciso e aggiornato della situazione agricola in Ucraina e nel mondo è fornito da note FAO, citerò il sommario di quella datata 25 marzo 2022[9] che inizia così:
“La Russia e l’Ucraina sono fra i più importanti produttori agricoli mondiali[…]. Nel 2021 la Russia, l’Ucraina (o entrambe) figuravano fra i tre maggiori esportatori mondiali di grano, mais, colza, semi di girasole e olio di girasole (per quest’ultimo coprono, insieme, metà dell’export mondiale). La Federazione russa è il principale esportatore di concimi azotati, il secondo esportatore di fertilizzanti al potassio e il terzo esportatore di quelli al fosforo”.
Impossibile qui riassumere 40 pagine fitte di dati, ma spigolerò qualche fatto interessante.
Confesso che sono rimasta sbalordita dalla rilevanza di questi scambi commerciali e delle loro ramificazioni globali, in particolare per l’Unione Europea che, nei ritagli di tempo fra inviare armi difensive in Ucraina e assicurare a tappe forzate la nostra dipendenza energetica da altri, diversi paesi (in attesa di rafforzare le energie rinnovabili) dovrebbe avere spazio per occuparsi di questa grave e incombente crisi alimentare, non solo riguardo il nostro paese ma anche come nazione importante affacciata sul Mediterraneo.
L’autonomia europea alimentare e agricola è un elemento centrale per la nostra sicurezza.
Il certo peggioramento della situazione alimentare in Africa e Medio Oriente (già evidente in Libano, Tunisia[10]) riguarda anche noi e i flussi migratori. Basti sapere che l’80 per cento del grano per Egitto e Libano proviene dall’Ucraina, e quest’anno non arriverà se la guerra (come pare) si prolungasse; ce ne sarà l’anno prossimo?
Ulteriori aumenti dei prezzi di derrate alimentari sono inevitabili.
L’Ucraina, granaio del mondo, potrebbe dover bloccare esportazioni importanti di cibo a causa della richiesta domestica o problemi di trasporto[11].
La famosa terra nera ucraina è fra le più fertili al mondo ma come ammonisce Roberto Bongiorni in un’analisi per il Sole 24 ore :
“Oggi gran parte della manodopera è sul fronte a combattere o sostenere la resistenza. Il gas naturale e il diesel per alimentare i mezzi meccanici sono merce rara. I fertilizzanti scarseggiano. Il risultato è intuibile”[12].
Canada, Sttati Uniti d’America e Argentina possono avere disponibilità ad incrementare le esportazioni di derrate, ma non al punto da sostituire le quantità che verranno a mancare.
Riguardo ai mangimi l’Ucraina è il terzo esportatore mondiale di mais (per il 18 per cento dell’export globale di granaglie, per la precisione 14 milioni di tonnellate, principalmente destinate alla Cina e all’Unione Europea).[13]
Ricordo che dal 23 marzo 2022 tutti i porti sul mar Nero sono bloccati, e pare siano stati minati, la possibilità di far passare le merci dalle ferrovie polacche è assai limitata.
Le sanzioni occidentali espongono la Russia a considerevoli rischi nei settori delle sementi e dei pesticidi, che importa in gran parte da Europa e Cina. Sia Russia che Ucraina hanno sofferto l’aumento dei prezzi delle derrate alimentari che ha raggiunto livelli visti solo nell’estate 2008, le aree urbane ne sono colpite maggiormente.
Zone dell’Asia orientale e dell’Africa sub-sahariana vedranno aumentare la malnutrizione e la fame (problemi che fino al 2019 erano stati combattuti e ridotti significativamente).
Si aggiunga che il settore agricolo assorbe molta energia, con il carburante delle macchine agricole o, indirettamente, per il gas e l’elettricità richiesti per la produzione di fertilizzanti, quindi l’aumento dei costi dell’energia si traduce in aumento del costo del cibo prodotto, così come l’aumento del costo del mangime si traduce in maggior costo di carni e pollame.
La FAO offre suggerimenti per limitare i danni della crisi ucraina, secondo le sue stime 800 milioni di persone rischiano la fame[14].
La perdita di valore della divisa ucraina e russa potrebbe rendere meno costose le esportazioni agricole ma anche scoraggiare investimenti necessari. Molto dipende dalla durata della guerra, delle sanzioni e dai livelli d’ inflazione. Ucraina e Russia danno conto solo del 2 per cento del PIL globale ma sono esportatori di fondamentale importanza di prodotti agricoli (soprattutto l’Ucraina) e di energia fossile (soprattutto la Russia).
L’impegno della FAO è volto a mantenere flussi commerciali efficienti per rispondere alla domanda globale di cibo e fertilizzanti e salvaguardare la sicurezza alimentare mondiale.
[1] Crisi energetica che tratteremo separatamente in un altro articolo.
[2] Ovvero: urea, nitrato di calcio, solfato di ammonio e nitrato d’ammonio.
[3] Già nel passato recente Cina e Russia hanno bloccato esportazioni di fertilizzanti per salvaguardare l’offerta interna.
[4] Il Brasile Importa l’85 per cento dei suoi fertilizzanti.
[5] L’India Importa l’intero fabbisogno annuale di fertilizzanti da Russia, Bielorussia, Canada e Israele.
[6] Corriere Romagna (web) 12 Novembre 2021: Mancano i concimi: l’Italia dipende dall’estero.
[7] Il 22 per cento dei mangimi a base di mais per la Spagna proviene dall’Ucraina.
[8] Cito ampiamente dal Financial Times del 4 aprile 2022 Jude Webber, Daniel Dombey, Andy Bounds e Emiko Terrazono: Ukraine war piles pressure on Europe’s farmers.
[9] .FAO information note: The importance of Ukraine and the Russian Federation for global agricultural markets and the risks associated with the current conflict. 25 March 2022 Update. Executive summary.
[10] Altri paesi che dipendono da grano ucraino e russo (spesso hanno prezzi del pane calmierati e sovvenzionati) sono Egitto, Turchia, Bangladesh, Iran, Yemen, Libia e Pakistan.
[11] In Ucraina vi sono silos sufficienti a stivare l’80 per cento del raccolto annuale di granaglie.
[12] Roberto Bongiorni, “Grano, mais, girasole e fertilizzanti. La guerra è arrivata sulla tavola”, Il Sole 24 ore, 5 aprile 2022, p. 7.
[13] I dati sono forniti dalla FAO information note 25 marzo 2022 sopracitata.
[14] Strumento per governare la crisi è AMIS (G 20’ Agricultural Market Information System) con tempestivi e regolari dati sulla situazione che provvede, con un ‘Rapid Response Forum’, dialogo e coordinamento fra le parti; vi partecipano anche Russia e Ucraina.