Dopo il commento a caldo di Carlo Rognoni, Democrazia futura avvia una carrellata di reazioni a caldo dopo l’epilogo del governo Draghi, convinta che quanto avvenuto il 20 luglio 2020 rimarrà negli annali della storia del bel Paese come quello che Enrico Mentana aveva annunciato per promuovere la sua Maratona come il D Day una sorta di giorno del giudizio senza prevedere che si trasformasse in un cupio dissolvi della democrazia e del sistema che ha retto l’Italia dal dopoguerra ad oggi. Inizia Gianluca Veronesi, già direttore della Comunicazione e delle Relazioni Esterne della Rai con un “Commento ultra-serio” intitolato “Come ti ‘incenerisco’ il governo”.
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Sono – nell’ordine – dispiaciuto, terrorizzato, mortificato e annoiato. Dispiaciuto per Mario Draghi che reputavo -in questo specifico momento- il migliore presidente possibile. Terrorizzato per i miei scarsi risparmi. Mortificato per la scarsa cultura di governo dimostrata dai partiti populisti. Privi degli strumenti per comprendere il presente, si limitano ad inseguire il consenso qualunque esso sia, parcellizzato e casuale. L’imperativo è guadagnare tempo e vincere le elezioni, poi si vedrà. Sembrano buoni, generosi, altruisti ma sono solo ignoranti.
Hanno a cuore i tassisti e gli stabilimenti balneari, gli imprenditori edili, i ministeriali col doppio lavoro e i “cittadini” disoccupati ma non vogliono bene ai loro figli e ai loro nipoti.
Sono anzi crudeli nei loro confronti.
I bonus, le protezioni, i privilegi, gli “sconti” non producono né crescita economica stabile né maggiore produttività. Per cui gli eredi -per onorare le rate del debito- dovranno pagare tasse altissime senza ottenere servizi pubblici efficienti in cambio.
I populisti conoscono una parola sola: scostamento di bilancio, ovvero nuovo indebitamento.
Che problema c’è? Ci facciamo tanti nuovi amici semplicemente aumentando un po’ il nostro debito.
Il superbonus ci è già costato tra rimborsi e truffe oltre 30 miliardi.
Il reddito di cittadinanza 20 miliardi tra aprile ‘19 e fine ‘21.
“Quota cento” 16 miliardi nello stesso periodo.
Settanta in più in un Paese che ha già raggiunto i 2.750 miliardi. Che divisi per i 59 milioni di abitanti fa 46mila euro a testa, compresi i poppanti.
Di fronte a questo spettacolo io che -ahimè- sono cinico, invece di provare indignazione (che funziona molto bene come alibi) finisco in balia della noia.
E quando mi assale il tedio mi distraggo, comincio a divagare e mi vengono in mente paragoni strani ed immotivati.
Sono così giunto alla conclusione che Giuseppe Conte assomiglia al centometrista (italiano) Marcell Jacobs.
Come lui, apparve all’improvviso dal nulla. Nessuno della “specialità” lo conosceva. Non aveva superato alcuna selezione, neppure provinciale o regionale. Tutti si chiedevano chi fosse.
Azzecca inopinatamente la medaglia d’oro (giallo verde) al primo colpo, alla prima vera gara.
Poi a Milano Marittima litiga con il suo allenatore Matteo Salvini e lo licenzia.
I nuovi preparatori tecnici Renzi e Grillo gli fanno vincere una seconda medaglia (giallo rossa).
Quel Matteo Renzi di prima, solito a cambiare repentinamente idea, lo abbandona.
Per tornare ad essere un numero uno decide allora di scalare la Federazione di atletica.
Ma di correre e gareggiare nemmeno l’ombra.
Di fronte alla sorpresa generale per questa “assenza” comincia a sottolineare la sua sfortuna: un virus gastrointestinale preso in Kenya (la guerra con la piattaforma Rousseau), un fastidio al gluteo (il ricorso di alcuni militanti siciliani contro le procedure della sua nomina a cui un giudice da ragione) gli impediscono di allenarsi e di dedicarsi a sostenere il governo che pure ha deciso di appoggiare.
Spende un anno per farsi eleggere presidente, inseguendo mille formalismi che lo rendano inattaccabile. Quando è finalmente il dominus comincia finalmente la sua vendetta (il povero Jacobs, a questo punto, non c’entra più).
Tutte le pagine nazionali e regionali sono piene di articoli sull’emergenza sanitaria, ambientale ed estetica di Roma invasa dalla monnezza, anche in seguito ai recenti incendi.
L’altro giorno c’era una intera pagina di consigli su cosa fare se si è attaccati e morsi da una famiglia di cinghiali.
In questa situazione, i 5Stelle hanno messo a rischio un provvedimento di 23 miliardi di “Aiuti” perché prevedeva l’autorizzazione alla costruzione di un inceneritore.
Andassero per le periferie della capitale a chiedere cosa ne pensano i romani, loro che sono per la democrazia diretta.
In conclusione temo che gli italiani abbiano assistito in questi giorni ad una grande sceneggiata, una squallida parodia finita in tragedia. Nessuno voleva davvero la crisi, imprudentemente aperta da Draghi. Tutti (avvinghiati ai ministeri) volevano far vedere la loro “distanza” dal governo come se questo fosse la causa e non la soluzione alla guerra, alla dipendenza energetica, alla siccità, all’inflazione.
Ho trovato il “liberale e moderato” Silvio Berlusconi persino più ridicolo di Giuseppe Conte.
Pochi definirebbero il Cavaliere un raffinato ma chi lo conosce lo racconta generoso.
Cosa c’è di generoso (e di sensato) nel giudicare Draghi “molto stanco” e nel congedare i suoi ministri (tra le figure più preparate del partito) con un irridente e iettatorio “riposino in pace”.
Avviso ai naviganti!! Le “riserve” della repubblica cominciano a scarseggiare. Dopo esserci salvati con Mario Monti e Mario Draghi (e avere mostrato loro la massima ingratitudine), non si intravedono sostituti all’orizzonte.
Nonostante ciò, invitiamo ministri trombati, parlamentari al terzo mandato, ex presidenti del consiglio a spasso a non studiare da padri della patria: sappiamo sbagliare da soli.