L'approfondimento

Democrazia Futura. Cina e Russia, convergenze e divergenze

di Alberto Leggeri, già professore di geografia e profondo conoscitore della geopolitica cinese |

Le ragioni che potrebbero spingere ad una soluzione diplomatica anziché militare del conflitto in Ucraina, secondo la riflessione di Alberto Leggeri, già professore di geografia e profondo conoscitore della geopolitica cinese.

Alberto Leggeri

Democrazia futura prosegue la sua riflessione sul nuovo quadro geopolitico emerso dopo lo scoppio dell’intervento russo in Ucraina con un contributo dalla Svizzera del ticinese Alberto Leggeri, già professore di geografia e profondo conoscitore della geopolitica cinese, dedicato al confronto fra “Cina e Russia. Convergenze e divergenze” per capire – come recita l’occhiello – “Le ragioni che potrebbero spingere ad una soluzione diplomatica anziché militare del conflitto in Ucraina” attraverso in particolare la mediazione di Pechino.

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Nella guerra in corso la Cina sta a guardare? Non è semplice capire come si muove la Cina di fronte a quanto sta capitando in Europa. Provo a sgomberare il campo da qualche equivoco: la Russia di Vladimir Putin e la Cina di Xi Jinping e hanno molto poco in comune, la prima è un paese governato da un manipolo di oligarchi che hanno sorretto finora (per interesse) l’autarca che siede da oltre due decenni direttamente o per interposta persona al Cremlino, l’altra è pur sempre una Repubblica Popolare, ovvero un paese comunista, governato da un partito comunista ancora molto forte (90 milioni di iscritti) e con un esercito molto fedele al regime e colonna portante per la stabilità interna del paese (l’Esercito Popolare di Liberazione – si chiama così – conta circa 2,5 milioni di attivi e 600 mila riservisti pronti ad essere mobilitati in caso di necessità).

La Cina ha dimostrato una certa condiscendenza verso la politica estera russa su vari fronti: dalla Cecenia, alla Georgia e ora anche in Ucraina (ma direi in compagnia con molti paesi europei che hanno avuto lo stesso atteggiamento “molle” di fronte alle aggressioni di Mosca) e questo sostanzialmente per due motivi.

Il primo di interesse economico: la Russia fornisce grandi quantità di gas alla Cina e altre materie prime strategiche, e la Cina ha nella Russia – e non solo con la Russia – un importante partner commerciale con cui ha stretto diversi accordi però sempre partendo dalla sua posizione economica dominante.  Pechino lo è parimenti con l’Ucraina che nell’ottica cinese dovrebbe giocare un ruolo determinante nella realizzazione della “Nuova Via della Seta”.

L’altro riveste un significato più politico: la Cina – come la Russia – è alle prese con alcuni territori che rivendica con forza invocando l’unità territoriale storica: ha ottenuto la restituzione di Hong Kong e Macau – ma si sa che l’integrazione conosce qualche “difficoltà” – e rimane apertissima la spinosa questione di Taiwan.

A questo proposito non dimentichiamoci che la Cina sta attuando un riarmo molto spinto, proprio in vista di un possibile confronto con i “dissidenti” di Taipey e con chi li sostiene più o meno apertamente (dal Giappone agli Stati Uniti d’America).

Questo in estrema sintesi quanto “unisce” al momento la Cina e la Russia.

Ma ci sono anche aspetti che dividono significativamente le due potenze: la Russia, con la dissoluzione dell’impero sovietico, ha perso non solo quel peso e prestigio politico che Putin vorrebbe riconquistare, ma ha pure conosciuto rispetto all’Unione Sovietica un drastico ridimensionamento territoriale e arranca con un’economia asfittica e dominata appunto da un gruppo ristretto di persone che si sono arricchite enormemente scavando nella società un grande solco fra i pochi che stanno bene e i tantissimi che fanno fatica ad unire il pranzo con la cena.

Nella Russia attuale permane (sebbene ancora sommersa) una situazione sociale potenzialmente esplosiva che potrebbe polverizzare ulteriormente il territorio della Federazione Russa.

Il timore di una disgregazione del proprio territorio è pure un incubo che agita altresì il sonno anche dei governanti di Pechino. Seppur disponendo di un governo centrale molto forte, la Cina conosce forti tensioni che potrebbero preludere ad una dissoluzione dell’unità nazionale: oltre il 90 per cento dei Cinesi appartengono al gruppo etnico degli Han, mentre il resto della popolazione  – che rappresenta peraltro svariati milioni di abitanti – è suddiviso nelle cosiddette minoranze, alcune delle quali, oltre ad avere un peso demografico assai rilevante, hanno veramente poco da spartire con la Cina e la sua cultura. A cominciare dagli Uyguri e i Tibetani che, in prevalenza, hanno la sventura di vivere in un enorme territorio ed essenzialmente in due aree, la Regione autonoma dello Xinjiang o lo stesso Tibet/Xizang), entrambe ricchissime di risorse naturali, peraltro sempre più rare e strategiche per il nostro pianeta.

La Russia ha, come detto, un’economia asfittica, la Cina invece ha un’economia molto dinamica (cosa che sta causando molti mal di pancia anche in Occidente), ma ha un grosso problema interno – che ha sempre voluto impedire di ravvivare , tenendolo sopito, ma che deve essere presente ai nostri occhi: il nuovo corso del PCC voluto da Deng Xiaoping dagli anni Ottanta in poi, non solo ha messo in moto un tumultuoso sviluppo economico nel paese, ma ha tirato letteralmente fuori dalla povertà qualcosa come 800 milioni di persone e questo è un dato che “fidelizza” molti cinesi verso il regime, ha prodotto anche qui delle classi molto ricche (anche di questi si parla di milioni di persone, evidentemente non tutte “fedeli” al partito comunista), ma molti cinesi, dopo aver raggiunto un discreto livello di benessere materiale, chiedono (anche dopo la vicenda di Tienanmen del 1989) di poter partecipare più attivamente alla vita politica del paese, superando il sistema del partito unico. Il che ha provocato tensioni e la reazione del nuovo gruppo dirigente cinese che, dopo il via libera all’arricchimento e alla crescita grazie alle esportazioni nel nuovo mercato globale, intende rafforzare il mercato interno il più grande del pianeta con circa 1,4 miliardi di abitanti.

Questa pulsione alla partecipazione attiva dei propri cittadini – che potremmo per certi versi definire “democratica”- è forse presente sia in Cina sia in Russia e potrebbe rappresentare un’ulteriore tappa negli sviluppi futuri della storia dell’umanità. Almeno nel medio e nel lungo termine.

In conclusione direi che fra Russia e Cina, ci sono elementi di similitudine che le rendono apparentemente “amiche”. Ma, per capire il quadro geopolitico attuale e gli interessi in gioco, non possiamo non sottacere le grandi differenze oggi evidenti fra i due Paesi. La Repubblica Popolare Cinese gioca un forte ruolo approfittando pienamente della globalizzazione e delle esportazioni, mentre la Russia, al contrario, a livello globale, è oggi non solo demograficamente ma anche economicamente un nano.

Ciò potrebbe dunque spiegare le ragioni per le quali al momento attuale la Cina sembrerebbe spingersi a favore di una soluzione diplomatica e non militare del conflitto ucraino.

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