Con tre articoli raccolti in un Taccuino Internazionale si apre la terza parte di questo fascicolo con un intervento di Giacomo Mazzone, che torna sul tema della Road Map per la cooperazione digitale, l’iniziativa promossa da Antonio Guterres per la Governance dell’Internet globale, in un articolo “Chi ha paura dello ‘splinternet’” chiedendosi nell’occhiello: “Riuscirà il Segretario Generale dell’ONU a mettere d’accordo Europa, Russia, Cina e Americhe?”. Splinternet – chiarisce subito – “indica la paura crescente che nel prossimo futuro ci attenda un Internet frammentato e diviso […] Per reazione a tutto questo, si sta organizzando una specie di “santa alleanza” multistakeholder (cioè trasversale, fra gruppi economici, governi, società civile e tecnici dell’Internet) che ha lo scopo di preservare un Internet aperto, libero e rispettoso dei diritti umani. Una santa alleanza che ha trovato da qualche mese un leader globale nel segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres”. L’articolo prosegue analizzando il dibattito promosso lo scorso 27 aprile in“un’Assemblea Speciale delle Nazioni Unite a sostegno del progetto anti Splinternet”, ovvero nell’ambito del Piano per “elaborare delle regole comuni globali da applicare ad Internet, all’intelligenza artificiale ed alla trasformazione digitale […] prevenire tutte le possibili forme di “splinternet”, prima che sia troppo tardi. Il risultato è stato “Un plebiscito in favore di Antonio Guterres, ma con qualche significativa assenza” a cominciare dal “massiccio sostegno dell’Unione europea” e dell’Italia che farà della cooperazione digitale “una delle priorità della presidenza italiana del G20”. Fra gli assenti spiccava la Russia a segnalare “il profondo dissenso della Federazione Russa [ma non della Cina ndr] sulla natura stessa dell’iniziativa della Road Map”, soprattutto “verso la politica del Segretario Generale sulla materia. “Resta da vedere ora – conclude Mazzone – cosa deciderà di fare Antonio Guterres, dopo questa conta dei suoi sostenitori. Potrà lanciarsi nella messa in opera del suo piano come se nulla fosse, sapendo che Russia (e probabilmente anche Arabia Saudita non intendono lasciarglielo portare a termine?”.
Se provate a fare un giro su Internet alla ricerca di parole di tendenza, ce n’è una che sta scalando le cIassifiche e attira l’interesse dei cultori della materia. Si tratta del termine “splinternet” ed indica la paura crescente che nel prossimo futuro ci attenda un Internet frammentato e diviso.
C’è chi teme lo “splinternet” in salsa politica, di cui l’esempio più luminoso è quello cinese della “great fire-wall”, che è già realtà da oltre vent’anni, e che i russi vorrebbero tanto poter emulare: dove parole come “libertà” o “Dalai Lama” (presto anche “Navalny”?) semplicemente non esistono. C’è quello in salsa censoria religiosa, di cui l’esempio riconosciuto è quello saudita, dove appena l’internauta digita “Oscar Wilde” arriva un messaggio prima e poi subito dopo una visita della polizia postale (1). C’è quello neo-monopolista dei giganti del Net che cercano di tenere gli internauti sempre dentro il loro universo senza mai farli uscire all’aria aperta; al massimo concedendo loro di passare da Facebook a Instagram, o, se proprio vogliono svagarsi, da Whatsapp a Messenger. C’è quello degli standard tecnologici, dove – sempre la Cina – cerca di sostituire il Protocollo Internet (IP) con un altro standard di concezione cinese marca Huawei, che consentirebbe di avere tanti Internet potenzialmente chiusi con dei corridoi di accesso fra l’uno e l’altro (2). Qualcuno aggiunge a questa lista anche il rischio di “splinternet” normativo, quello promosso dall’Unione Europea che impone il rispetto di certe regole di diritto per i suoi cittadini e sul suo territorio, e da cui si tengono alla larga certe imprese.
Ed infine c’è quello dei vari regimi dittatoriali o delle democrature che – non avendo i mezzi sofisticati per bloccare questa o quell’applicazione che dà loro fastidio – si trovano costretti ogni tanto a spegnere Twitter, o Whatsapp o, talvolta, perfino tutto l’Internet, pur di fermare qualcosa che non si vuol veder circolare sul proprio territorio in un dato momento (3).
Secondo chi studia gli sviluppi di Internet (4), il rischio di arrivare allo splinternet generalizzato per uno (o per la somma) dei vari motivi sopra elencati, sarebbe assai elevato, vista la convergenza di interessi anche fra soggetti diversi (se non addirittura antitetici) fra di loro, ma tutti uniti nella visione che sia meglio avere un Internet controllato dal proprio gruppo, piuttosto che averne uno libero e comune a tutti. Per reazione a tutto questo, si sta organizzando una specie di “santa alleanza” multistakeholder (cioè trasversale, fra gruppi economici, governi, società civile e tecnici dell’Internet) che ha lo scopo di preservare un Internet aperto, libero e rispettoso dei diritti umani. Una santa alleanza che ha trovato da qualche mese un leader globale nel segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres (5), colui che è destinato ad essere l’ultimo europeo chiamato a ricoprire questo incarico almeno per i prossimi 30 anni.
Un’Assemblea Speciale delle Nazioni Unite a sostegno del progetto anti Splinternet
Chi si fosse trovato all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di venerdì 27 aprile avrebbe assistito ad uno spettacolo surreale. L’aula delle plenarie, quella da due mila posti nel cuore del Palazzo di Vetro di New York, era popolata da quattro persone: due al tavolo della presidenza e due rappresentanti di delegazioni in platea. Tutto il resto del mondo invece era collegato al sistema di videoconferenza delle Nazioni Unite o seguiva in diretta su UN TV. Un dibattito – promosso dal Presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite – durato oltre sei ore (dalle dieci di mattina di New York alle 18.30, con uno sforamento di quasi un’ora sull’orario di fine previsto), in cui hanno preso la parola i rappresentanti di una cinquantina di governi di tutto il mondo, oltre che i Chief Executive Officer o Vice President di Intel, Verizon, Microsoft, i Direttori Generali di una dozzina di agenzie delle Nazioni Unite e una decina di associazioni in rappresentanza della società civile globale. Il dibattito è stato formalmente convocato dal Presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (UNGA) – attualmente il turco Volkan Bozkir – nell’ambito della risoluzione 72/313, che mira al rafforzamento delle Nazioni Unite e alla modernizzazione della sua missione. Tocco di classe particolare da segnalare: l’assenza dello stesso Antonio Guterres, che ha preferito farsi rappresentare dalla sua vice per lo Sviluppo sostenibile, la nigeriana Amina Mohammed, e la presenza in apertura della Regina Máxima d’Olanda (6), Special Advocate for Inclusive Finance for Development del SG delle Nazioni Unite.
Tutti riuniti on-line per l’High-level thematic debate on digital cooperation and connectivity (7),per pronunciarsi informalmente su due proposte del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Guterres, che hanno entrambe come oggetto il futuro di Internet: la road map per la cooperazione digitale ed un rilancio più ambizioso del già esistente SDG 9 (Sustainable Development Goal) (8) quello che vorrebbe connettere entro il 2030 quanti più possibili cittadini del mondo ad Internet.
Pur sotto l’innocua apparenza di un dibattito tematico delle Nazioni Unite, in realtà si è trattato di una conta dei paesi membri pro o contro il piano del Segretario Generale delle Nazioni Unite per la Cooperazione Digitale. Un piano che, insieme a quello per la salvaguardia dell’ambiente (il “piano Greta”) e a quello per prevenire le future pandemie (il “piano COVID”), dovrebbe rappresentare uno dei pilastri dell’azione di Guterres per il suo secondo quinquennio (9).
Un piano che – a farla semplice – prevede di affidare alle Nazioni Unite e al suo Segretario Generale (in particolare all’appena creato ufficio dell’inviato speciale per le Tecnologie) il mandato di elaborare delle regole comuni globali da applicare ad Internet, all’intelligenza artificiale ed alla trasformazione digitale.
Non è ancora chiaro se queste regole prenderanno poi forma di uno o più trattati internazionali, o semplicemente di linee guida la cui implementazione verrà poi lasciata all’adozione nelle legislazioni dei vari paesi, ma il punto d’arrivo finale è chiaro: prevenire tutte le possibili forme di “splinternet”, prima che sia troppo tardi. Un piano che ha preso le sue prime mosse due anni fa e che ha incontrato finora diversi ritardi e qualche “strano” incidente di percorso (10).
Di qui l’importanza del dibattito svoltosi il 27 aprile 2021. Serviva al candidato Guterres come un visibile segno di consenso rispetto a questa parte della sua strategia di cui finora si è visto poco: un viatico per rilanciare quest’azione in maniera più incisiva e con tempi e obiettivi precisi (quelli ,appunto, indicati nella Road Map succitata). Un dibattito come lo si definisce oggi “multi-stakeholder”, cui Guterres ha voluto associare anche gli altri attori della cooperazione digitale: imprese, società civile, organizzazioni tecniche e istituzioni internazionali, ritenendo che –come per le pandemie e l’ambiente- l’azione dei soli governi non è più sufficiente.
Un plebiscito in favore di Antonio Guterres, ma con qualche significativa assenza
Se Guterres voleva un plebiscito su queste sue tesi, si può ragionevolmente sostenere che lo abbia avuto, visto il tenore dei circa 100 interventi variava dal sostegno entusiasta al prudente appoggio di principio. Basta guardare la lista di chi è intervenuto, per capire che c’è stato un attento lavoro di preparazione per garantire al SG tutti i sostegni possibili (11).
Attentamente curata, prima di tutto la ripartizione geografica degli interventi, che ha visto intervenire tutti i continenti, oltre che i gruppi e sottogruppi di varia natura trasversale che agitano i corridoi del Palazzo di vetro: il governo del Malawi per il Gruppo dei 77 (gli ex paesi non allineati), il governo del Kazakhstan per il gruppo dei “land-locked countries” (i paesi senza sbocco al mare), il governo delle Maldive per il gruppo dei SIDS (Small Island Developing States), della Commissaria Margrethe Vestager per le organizzazioni regionali come l’Unione Europea; senza dimenticare nemmeno i paesi di lingua francese rappresentati dall’Organizzazione Mondiale della Francofonia e tanti altri.
Soddisfatto il criterio principale della ripartizione geografica, il dibattito ha rispettato anche il requisito indispensabile della presenza dei membri del Consiglio di Sicurezza, con l’intervento nel dibattito di due dei suoi membri permanenti su cinque (Gran Bretagna e Cina), e di metà degli attuali membri a rotazione (12).
Soddisfatto anche il rituale del consenso della galassia delle agenzie delle Nazioni Unite, intervenuta compatta a sostegno del Segretario generale, a ben mostrare a tutti i presenti che stavolta l’intera squadra delle Nazioni Unite è impegnata a fondo in questo sforzo, con l’Unione Internazionale delle Telecomunicazioni (UIT) in prima linea nello sforzo di supporto.
Più che massiccio il sostegno dell’Unione Europea, rappresentata – oltre che dalla Vice Presidente esecutiva della Commissione Europea, Margrethe Vestager – anche dai ministri di ben quindici paesi membri: Bulgaria, Danimarca, Estonia, Irlanda, Italia, Germania, Lettonia, Lituania, Malta, Olanda, Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Slovenia, e, ovviamente, Portogallo.
L’Italia, addirittura, è intervenuta con quattro voci: quella del governo, rappresentata dal Ministro Vittorio Colao; quella della società civile, rappresentata da Maria Grazia Panunzi, Presidente di AIDOS International – Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo) e quelle di Stefania Giannini, ex ministra italiana dell’Istruzione, che ricopre oggi la carica di ADG UNESCO per l’educazione e di Maria Francesca Spatolisano, che – come già citato – ricopre alle Nazioni Unite l’incarico di officer in charge dell’ufficio dell’inviato speciale per le Tecnologie Special Tech Envoy di Guterres (che sarà poi la struttura che – a regime – dovrà far funzionare la cooperazione digitale).
Nel suo intervento a nome del governo Draghi (13), il ministro Colao ha avuto parole di sostegno per la cooperazione digitale e in particolare per l’obiettivo di digitalizzare il mondo, cui lui ha annunciato l’Italia contribuirà digitalizzando ad alta velocità tutto il paese entro i prossimi anni e facendone una delle priorità della presidenza italiana del G20.
Che bilancio trarre dall’incontro?
Un grande successo, dunque, se si guarda all’evento dal punto di vista dei rituali del Palazzo di Vetro. Ma – come sempre si fa in queste occasioni – per capire fino in fondo, bisogna guardare anche alle assenze. Se si scorre la lista dei presenti, saltano subito agli occhi alcuni buchi evidenti.
Al dibattito non hanno partecipato, ad esempio, Stati Uniti, Francia e, soprattutto, Russia. Da New York minimizzano per le prime due assenze. Gli Stati Uniti erano molto ben rappresentati da alcune aziende. Avere CEO e VP di Intel (primo produttore mondiale di chip), di Microsoft (primo produttore mondiale di software), e di Verizon (primaria azienda di TLC) spesso conta molto piu che avere un rappresentante dell’amministrazione di Washington (14). Le ragioni per cui la Francia non abbia partecipato non sono note, ma –visto che il governo francese è impegnato in prima persona nella Roadmap per la cooperazione digitale- la sua assenza non è stata interpretata come un gesto ostile o di disimpegno.
La curiosità degli osservatori si è quindi concentrata sull’assenza della Russia, che non aveva nessuno a rappresentarla (15) né fra i governi, né fra le aziende e neppure fra i rappresentanti delle agenzie ONU (dove pure i russi contano alcune posizioni di rilievo). Assenza il cui significato è stato amplificato anche da quelle dei paesi della sua diretta area di influenza o di pressione (Bielorussia, Tadjikistan, Kirghizistan, Armenia, Siria, Azerbaijian). Unica eccezione il Kazakhstan, che però interveniva a nome del gruppo dei “landlocked countries”, ruolo che potrebbe spiegarne l’anomala presenza.
Il dubbio sulle intenzioni dei russi è durato solo poche ore e Mosca ha tenuto a far sapere a tutti la sua posizione in un dibattito pubblico sulle prossime tappe della Road Map di Guterres sulla cooperazione digitale. Il 4 maggio, in occasione del STI Forum “Digital Cooperation to Leave No One Behind: Implementing the Secretary-General’s Roadmap“ (16), ha preso la parola Boris Meschchanov, uno dei funzionari della delegazione russa presso le Nazioni Unite a New York (17), che ha chiarito bene come l’assenza della settimana prima, non fosse affatto casuale e che anzi intendeva segnalare il profondo dissenso della Federazione Russa sulla natura stessa dell’iniziativa della Road Map.
Nel progetto della Digital Cooperation – ha detto Meschchanov senza mai citare direttamente Guterres – si mischiano questioni di sicurezza internazionale, diritti umani e questioni tecnologiche che non possono essere affrontate tutte insieme nello stesso ambito. “La sicurezza nelle reti ICT – secondo il delegato russo – è già ampiamente dibattuta in altri ambiti internazionali ad essa dedicati e questa pericolosa duplicazione suscita molta inquietudine nel suo governo (18). Inoltre – ed è questa la critica più radicale – la Road Map prevede una cooperazione “multistakeholder” (con imprese, società civile ed altri soggetti), laddove invece i temi trattati richiedono “una solida ed essenziale preliminare discussione fra governi”. Soprattutto “se si vuole arrivare a decisioni delle Nazioni Unite su materie cosi strategiche, – ha concluso Meschchanov (19) – questo obiettivo non può che esser perseguito sulla base di decisioni prese dai governi sulla materia”.
Un siluro preciso e senza appello verso la politica del Segretario Generale sulla materia. Che ha portato molti a riascoltare con attenzione le parole dell’altra potenza mondiale, intervenuta nel dibattito del 27 aprile, che già pratica da trentanni e con successo il suo “splinternet”: la Cina, per capire se si fosse in presenza di una linea concordata.
Invece Il discorso del viceministro dell’industria e dell’information technology cinese Liu Liehong cinese è stato di sostegno alle mosse del SG delle Nazioni Unite, forse a partire dalla consapevolezza che il distacco della Cina dall’Internet mondiale (a differenza di quello russo, ancora ai suoi primi passi), è un fatto già acquisito e consolidato. E che anzi ora è importante che il resto del mercato si mantenga globale e interconnesso per far spazio ai campioni mondiali cinesi dell’Internet: da Alibaba a Huawei e tutto il resto.
Le incognite che pesano sulle prossime mosse del Segretario Generale delle Nazioni Unite
Resta da vedere ora cosa deciderà di fare Antonio Guterres, dopo questa conta dei suoi sostenitori. Potrà lanciarsi nella messa in opera del suo piano come se nulla fosse, sapendo che Russia (e probabilmente anche Arabia Saudita, che si è anch’essa limitata ad inviare un messaggio scritto abbastanza vago) non intendono lasciarglielo portare a termine?
Un bel dilemma per l’ex primo ministro portoghese, che ha fatto della Digital Cooperation uno dei capisaldi del suo nuovo mandato, tanto da porlo in cima agli obiettivi della sua proposta di piano d’azione per il suo secondo quinquennio (2022-2026).
Nella lettera in cui ha annunciato la sua ricandidatura al presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite inviata il 23 marzo scorso (20), l’aggettivo “digitale” ricorre 18 volte in quindici pagine, Internet 4 e Intelligenza Artificiale altre 4 volte.
La Digital Cooperation è l’ottava delle dieci azioni che Guterres propone per il secondo quinquennio, dopo la lotta alle pandemie (primo punto), il rilancio delle azioni di pace e sicurezza (secondo) e la lotta al cambiamento climatico (terzo), dopo una serie di punti obbligati (parità di genere, sviluppo, diritti umani) ma prima del rilancio del multilateralismo (nono) e dell’ennesima rituale e annunciata riforma delle Nazioni Unite (decimo).
Nell’ottavo capitoletto (intitolato “Cogliere la sfida della trasformazione digitale”) Guterres ricorda che solo a livello globale si può efficacemente lottare contro la disinformazione ed i discorsi di odio al servizio di “agende politiche e commerciali che hanno lo scopo di corrodere, dividere e polarizzare le nostre società” (21).
E, in positivo, ricorda che l’obiettivo della cooperazione digitale globale sarà di assicurare “un sicuro, aperto, e libero futuro digitale” che assicuri il “rispetto della protezione dei dati, della privacy e degli altri diritti umani fondamentali”, e che sia in grado di ottenere entro il 2030 il raggiungimento dell’obiettivo di connettere i 4 miliardi di cittadini che non hanno ancora accesso ad Internet. Per raggiungere questo scopo – continua il Segretario Generale delle Nazioni Unite nella sua lettera-programma – occorrerà regolare l’uso dell’intelligenza artificiale, garantire un’ordinata governance di Internet (nel mondo virtuale cosi come nello spazio) e soprattutto combattere contro la frattura digitale, perché – conclude Guterres – “non possiamo permetterci un mondo digitale a due velocità” (22).
La prossima tappa della sua candidatura (dopo l’atto formale della lettera inviata all’Assemblea Generale) è quella di andare a discutere in pubblico con i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza. A questo secondo atto formale, seguiranno poi incontri bilaterali assai più discreti, fra cui quello – particolarmente atteso alla luce di questi ultimi sviluppi – con la Federazione Russa, che finora non ha preso posizione ufficiale sul rinnovo. Chissà se nei contatti più o meno ufficiali con Vladimir Putin e/o Sergej Viktorovic Lavrov e/o chi per loro, il Segretario Generale uscente avrà ancora il coraggio di evocare quello che era fino al 24 marzo 2021 l’ottavo punto del suo programma di secondo mandato, o se si presenterà con una versione ridotta.
L’avventura dello Splinternet non fa altro che cominciare e mieterà ancora molte vittime illustri …
Note a fine testo
(1) La letteratura sullo Splinternet è molto ampia e non è intenzione dell’autore di dilungarsi su questo argomento. Si citano perciò solo alcuni articoli che ricapitolano bene lo stato attuale del fenomeno nelle sue varie articolazioni. https://techcrunch.com/2019/03/13/the-splinternet-is-already-here/?guccounter=1&guce_referrer=aHR0cHM6Ly9pdC5zZWFyY2gueWFob28uY29tLw&guce_referrer_sig=AQAAAH9gEWMM4L73-x0hLrof0ppw98E9ShcpWMw7EGEKQleEI8aXu3Y4l6DJObNjuHdRvN0JO5mDTFlREewBaHgzo26AhQXsZeN1mZNEMhrXu_mwi0NSHqS508Hly3Msv9gm74HYP6ZzSORQ6pH5w2qBr1oerIz3qLlJYmPOaRzmefwM
(2) https://mayo615.com/2020/06/27/tech-is-global-right-not-exactly/
(3) Link al sito dove sono registrati tutti gli Internet shut down occorsi nella storia.
(4) Da ultimi Emily Taylor, Dominique Lazanski ed altri: https://oxil.uk/publications/2020-08-29-standardising-the-splinternet/Standardising%20the%20splinternet%20how%20China%20s%20technical%20standards%20could%20fragment%20the%20internet.pdf
(5) Questo articolo è il seguito ideale di quello apparso sul numero zero dal titolo “Una Road Map per la cooperazione digitale. L’iniziativa del Segretario Generale delle Nazioni Unite per la Governance di Internet”, Democrazia futura, numero zero, ottobre- dicembre 2020, pp. 91-93. Cfr. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-liniziativa-del-segretario-generale-delle-nazioni-unite-per-la-governance-dellinternet-globale/330120/.
(6) Máxima Zorreguieta Cerruti Orange-Nassau regina consorte dei Pasi Bassi in carica dl 30 aprile 2013.
(7) Ecco la registrazione dell’evento nell’archivio di UNTV : http://webtv.un.org/watch/watch/part-1-high-level-thematic-debate-on-digital-cooperation-and-connectivity/6250730905001/?term= (prima parte) e http://webtv.un.org/watch/part-2-1-high-level-thematic-debate-on-digital-cooperation-and-connectivity/6250893375001/?term= (seconda parte).
(8) SDG 9: Build resilient infrastructure, promote inclusive and sustainable industrialization and foster innovation https://sdgcompass.org/sdgs/sdg-9/.
(9) L’attuale incarico del Segretario delle Nazioni Unite arriva a scadenza a dicembre 2021 e la procedura di rinnovo è già partita a marzo.
(10) Si rimanda alla precedente nota 5 per le considerazioni generali. Lo “strano” incidente di percorso, invece, è quello occorso al candidato di Guterres per il posto di Special Tech Envoy, che avrebbe dovuto organizzare questo evento e che invece, è stato nominato il 23 gennaio da Guterres e sospeso precipitosamente quattro giorni dopo il 27 gennaio, perché si è “scoperto” essere al centro di una indagine interna per sospetto mobbing. Indagine di cui il SG era stato tenuto stranamente all’oscuro, nonostante si trattasse di uno dei suoi più stretti e fidati collaboratori.
(11) Un capillare lavoro di organizzazione opera di molte persone, cui hanno grandemente contribuito la Direttrice del settore Sviluppo dell’UIT, la statunitense Doreen Bogdan Martin, molto ben connessa con le industrie high-tech e soprattutto un’italiana Maria Francesca Spatolisano, nominata nel marzo 2019 Assistant Secretary-General for Policy Coordination and Inter-Agency Affairs e che dal febbraio 2021 ricopre anche temporaneamente l’incarico di officer in charge at personal capacity of the Special tech envoy office. Cfr. https://www.un.org/sg/en/content/profiles/maria-francesca-spatolisano.
(12) Dei dieci membri a rotazione del Consiglio di Sicurezza attuale al dibattito ne erano presenti quattro: Estonia, intervenuta col ministro degli Esteri (2021); India (2022) intervenuta con ben due rappresentanti (il co-chair del G20 e il ministero del piano digitale); Irlanda (2022) intervenuta con il ministro dell’Oltremare; Vietnam (2021) intervenuto con il viceministro della cooperazione digitale. Assenti Kenya (2022), Messico (2022), Niger (2021), Norvegia (2022), Saint Vincent e Grenadine (2021) e Tunisia (2021).
(13) Testo pronunciato e link al video dell’intervento di Vittorio Colao: https://italyun.esteri.it/rappresentanza_onu/en/comunicazione/archivio-news/2021/04/assemblea-generale-dibattito-tematico.html
(14) L’amministrazione statunitense si è limitata ad inviare un messaggio scritto di generico incoraggiamento, firmato dalla chair ad interim della FCC – Federal Commission for Communications.
(15) La rappresentanza russa presso le Nazioni Unite si è anch’essa limitata ad un messaggio scritto, con una presa di distanza abbastanza netta dal processo, ma che è stato reso pubblico qualche giorno dopo l’evento.
(16) https://www.un.org/techenvoy/content/2021-STI-forum-side-event.
(17) La scelta del livello degli interlocutori designati a rappresentare la posizione del governo è uno dei modi principali in sede UN per segnalare il proprio supporto o dissenso verso una certa politica o azione proposta….
(18) Il governo russo fa riferimento alla recente approvazione da parte delle Nazioni Unite del Open-ended working group on developments in the field of information and telecommunications in the context of international security https://front.un-arm.org/wp-content/uploads/2021/03/Final-report-A-AC.290-2021-CRP.2.pdf promosso per iniziativa proprio di Russia e Cina.
(19) Per chi volesse ascoltare la viva voce del delegato russo, ecco il link alla registrazione dell’evento: http://webtv.un.org/watch/digital-cooperation-to-leave-no-one-behind-implementing-the-secretary-general%E2%80%99s-roadmap/6252725609001/ . L’intervento di Meschchanov inizia a 1.06.35
(20) Vision Statement “Restoring trust and inspiring hope” – The next five years for the United Nations by António Guterres https://www.un.org/pga/75/wp-content/uploads/sites/100/2021/03/Letter-PGA-VS.pdf . Val la pena ricordare che Guterres sarà probabilmente l’ultimo europeo a ricoprire questo incarico almeno sino al 2050, visti I criteri di rotazione fra continenti in vigore in questa istituzione. L’ultima occasione per l’Europa per far sentire la sua voce ed i suoi valori nell’agenda globale?
(21) Ibidem «Among many examples, we have, for instance, seen how disinformation and other harmful practices have been deployed to serve political and commercial agendas, with a corrosive, divisive and polarizing impact on societies”. Chissà se si riferisse anche alla “manina invisibile” che ha azzoppato il suo Tech Envoy prima ancora che potesse cominciare il suo lavoro….
(22) Ibidem :” The aim is — and has to be — an open, free and secure digital future, in full respect for data protection, privacy and other relevant human rights standards. The digital roadmap promotes such a vision of an inclusive, sustainable digital future by connecting the remaining 4 billion people to the Internet by 2030. Follow-up will also entail advancing efforts to enhance regulation in the use of artificial intelligence; advocating for more order and effective governance of the Internet, cyber and outer space; as well as, importantly, overcoming the digital divide. We cannot afford a two-speed world.”