Il voto

Democrazia Futura. Calma e sangue freddo: siamo finlandesi

di Pirkko Peltonen, giornalista e scrittrice finlandese |

La vittoria del candidato di centro-destra alle elezioni presidenziali in Finlandia raccontata dalla giornalista Pirkko Peltonen.

Pirkko Peltonen, giornalista finlandese da molti anni residente in Italia commenta il risultato delle elezioni presidenziali nel suo paese. “È difficile immaginare una competizione più calma, più democratica di quella appena svoltasi in Finlandia. Super-democratica anche perché è stato reso facile poter votare. Alla prima tornata, con nove candidati in lizza, ma anche al ballottaggio tra i due contendenti, per ben sette giorni prima dell’apertura delle sedi elettorali ufficiali, i finlandesi hanno potuto votare in anticipo nei luoghi per loro quotidiani, nei supermercati, nelle biblioteche, ma anche a bordo di “bus elettorali” che giravano nei paesini isolati. Per contro, il voto digitale, da molti anni in uso per esempio nella dirimpettaia Estonia, non è contemplato. Troppi rischi, pensano i finlandesi”.

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Il 13mo Presidente della Repubblica finlandese è stato eletto domenica 11 febbraio 2024. Pochi minuti dopo le ore 20, quando sono state chiuse le urne, si conosceva già il voto della quasi metà degli elettori, di quelli che avevano votato in anticipo; alle 21, il risultato definitivo. E subito dopo il nuovo eletto si è presentato nel quartier generale dello sconfitto, per ringraziarlo per una gara franca e corretta, e per elogiare le sue competenze che, a detta del nuovo Presidente, devono continuare ad essere utilizzate “per il bene del Paese”. Il vincitore, Alexander Stubb (centro-destra), ha totalizzato il 51,6 per cento dei voti, lo sconfitto, Pekka Haavisto (centro-sinistra), il 48,4 per cento. Hanno votato il 70,7 per cento degli aventi diritto di voto. È stata la gara più combattuta nella storia finlandese; il candidato del centro-sinistra ha avuto la maggioranza dei voti tra le donne e tra gli elettori delle grandi città; il Presidente eletto è riuscito a raccogliere i voti dei sostenitori dei candidati rimasti fuori dal ballottaggio, quelli dei “Veri finlandesi” (destra) e del Centro (partito delle aree rurali).   

È difficile immaginare una competizione più calma, più democratica di quella appena svoltasi in Finlandia. Super-democratica anche perché è stato reso facile poter votare. Alla prima tornata, con nove candidati in lizza, ma anche al ballottaggio tra i due contendenti, per ben sette giorni prima dell’apertura delle sedi elettorali ufficiali, i finlandesi hanno potuto votare in anticipo nei luoghi per loro quotidiani, nei supermercati, nelle biblioteche, ma anche a bordo di “bus elettorali” che giravano nei paesini isolati. Per contro, il voto digitale, da molti anni in uso per esempio nella dirimpettaia Estonia, non è contemplato. Troppi rischi, pensano i finlandesi.

Ed è stata una gara calma. Senza insulti, senza che nessuno ricorresse agli slogan divisivi.

C’è un motivo.

Il compito principale del Presidente, in Finlandia, è quello di supervisionare la politica estera, in accordo, certo, col governo e il Parlamento. Ora, sulla nuova linea atlantista, confermata con l’adesione alla Nato della Finlandia nel 2023, non ci sono divergenze nella maggioranza dell’opinione pubblica, né vi furono nei programmi dei candidati alla presidenza.

Però, c’è Nato e Nato.

Il candidato di centro-sinistra era contrario alla cancellazione della legge attuale che vieta il transito o il posizionamento di armi nucleari nel territorio; il vincitore (di centro-destra) lo potrebbe anche contemplare. Lo stesso per quanto riguarda l’eventuale arrivo di contingenti Nato nel Paese. La Finlandia, per conto suo, ha da sempre un apparato di difesa importante, con una spesa del 2,3 per cento del prodotto lordo.

“Non arriviamo certo alla Nato con il cappello in mano, ma per offrire un contributo”,

ha detto il Presidente eletto.

Le preoccupazioni dei finlandesi e la conseguente richiesta di adesione alla Nato hanno una data: il 24 febbraio 2022, data dell’aggressione russa all’Ucraina.

La Finlandia, con i suoi 1.340 km di frontiera terrestre con la Federazione russa, si sente non più autosufficiente di fronte ad un eventuale attacco. Attualmente i dieci valichi con la Russia sono chiusi, ne funziona uno solo, per i treni merce. Finiti i tempi di passaggi quotidiani alla frontiera: c’era chi, dalla Finlandia, andava a trovare amici, parenti o per fare benzina a basso costo; c’era chi, dalla Russia, veniva in Finlandia a fare shopping o passare le vacanze.

I finlandesi hanno chiuso la frontiera da quando, pochi mesi fa, hanno visto arrivare gruppi di immigrati dall’Asia e dall’Africa fin nel profondo Nord, portati con autobus provenienti da San Pietroburgo, senza documenti, ma provvisti di nuove biciclette per cercare di passare i valichi nella neve profonda e nel freddo artico. Hanno pensato ad una operazione organizzata, e hanno chiuso tutto, per ora almeno fino a metà aprile.

Se nei confronti del “grande vicino” le opinioni dei protagonisti del ballottaggio non si scostano più di tanto, come persone sono simili e, nello stesso tempo, diversissimi: esponenti delle due facce della Finlandia contemporanea. Pekka Haavisto (lo sconfitto) proviene dal partito dei Verdi, e ne condivide le battaglie ambientaliste, sociali – e anche pacifiste. È sposato da dieci anni con Antonio Flores, d’origine ecuadoriana, piccolo imprenditore nel campo dei saloni di barbieri e parrucchieri. È indubbio che l’idea di vedere eventualmente un “First Man” ecuadoriano a fianco del Presidente non è andata giù per molti finlandesi. Il nuovo Presidente, invece, ha come sposa Suzanne Innes-Stubb, d’origine inglese, da quindici anni manager di primo livello in una grande impresa finlandese di portata internazionale. Saprà fare la “First Lady”.

Come il Presidente Stubb, anche il suo antagonista Haavisto proviene dalla buona borghesia urbana, tutti e due sono cosmopoliti, tutti e due hanno già coperto incarichi politici importanti. Haavisto è già stato ministro dell’ambiente, ministro degli Esteri, negoziatore per conto delle Nazioni Unite e dell’Unione europea nei conflitti dei Balcani e in Africa. È l’uomo che ha portato a termine il processo di adesione alla Nato della Finlandia. Alexander Stubb è stato primo ministro, ministro delle finanze, ministro per il commercio estero, ministro degli Esteri, europarlamentare. Negli ultimi anni è stato professore all’Università europea di Firenze. È stato membro, anche presidente, del partito dei conservatori, la Coalizione Nazionale. Il giorno dopo la sua elezione a Presidente, si è dimesso dal partito, “per essere il Presidente di tutti”. La sera dell’elezione, al quartier generale dello sconfitto Haavisto, gli ha detto

“Sei una delle persone più stupende che conosca”.

Tutti contenti, dunque? L’attuale governo del Paese è di centro-destra, con in posti determinanti (Primo ministro, ministro della Difesa, ministro degli Esteri) uomini della Coalizione nazionale. Che a questo “poker di colore” si aggiunga anche il nuovo Presidente della stessa origine, preoccupa l’opposizione. Per quanto riguarda il Presidente non si occupa, formalmente, degli attuali problemi interni che sono brucianti: gli scioperi ad oltranza, l’aumento delle disuguaglianze, i tagli consistenti nel welfare, la bassa crescita economica, l’aumento dell’indebitamento del Paese. Il Presidente deve tenere la barra ferma sulla politica estera. E i finlandesi hanno scelto uno che sa correre: Alexander Stubb è conosciuto anche per i suoi risultati sportivi nell’hockey su ghiaccio, nel golf e nel triathlon.

“In una partita di hockey l’avrebbe vinta su Putin, su un campo da golf su Trump”,

confidano i finlandesi.      

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