Giampiero Gramaglia, analizzando la preparazione del vertice Nato di oggi e domani a Vilnius, intitola il suo pezzo ” Bombe a grappolo sulla coesione dell’Alleanza[1]“. “. Ma non le sgancia il nemico – chiarisce subito Gramaglia – . E’ fuoco amico, viene dagli Stati Uniti, che hanno deciso di mandare le munizioni, proibite da una convenzione internazionale, all’Ucraina perché le usi per respingere l’invasione russa – i russi già le impiegano -. Il sì alla fornitura del presidente statunitense Joe Biden suscita malessere fra gli alleati: Francia, Germania, Spagna, Italia, persino la Gran Bretagna, oltre alle Nazioni Unite, che mettono in evidenza i rischi per i civili, esprimono contrarietà. Mosca – aggiunge l’ex direttore dell’Ansa – vi vede un segno di debolezza, un’ammissione del fatto che la controffensiva ucraina non va avanti come previsto e che gli arsenali ucraini sono sprovvisti di munizioni convenzionali. Gli unici soddisfatti sembrano gli ucraini”.
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Bombe a grappolo sul Vertice della Nato apertosi oggi a Vilnius, in Lituania. Ma non le sgancia il nemico. E’ fuoco amico, viene dagli Stati Uniti, che hanno deciso di mandare le munizioni, proibite da una convenzione internazionale, all’Ucraina perché le usi per respingere l’invasione russa – i russi già le impiegano -.
Il sì alla fornitura del presidente statunitense Joe Biden suscita malessere fra gli alleati: Francia, Germania, Spagna, Italia, persino la Gran Bretagna, oltre alle Nazioni Unite, che mettono in evidenza i rischi per i civili, esprimono contrarietà.
Mosca vi vede un segno di debolezza, un’ammissione del fatto che la controffensiva ucraina non va avanti come previsto e che gli arsenali ucraini sono sprovvisti di munizioni convenzionali.
Gli unici soddisfatti sembrano gli ucraini. Mykhailo Podolyak, l’uomo forse più vicino al presidente Volodymyr Zelen’skyj, chiedeva: “Armi, ancora armi e di nuovo armi, pure munizioni a grappolo”. E Zelen’skyj, nel celebrare i 500 giorni dall’invasione, l’8 luglio 2023, ringrazia la Casa Bianca e assicura che ora “la pace è più vicina”.
Kiev garantisce che non userà le ‘cluster bombs’ sul territorio russo, né contro i civili, ma soltanto per riconquistare i territori occupati.
Mosca, però, non si fida: denuncia un’escalation ed evoca un’altra volta il rischio di un conflitto nucleare. Il che inquieta la Cina: il presidente Xi Jinping mette in guardia il presidente russo Vladimir Putin su un possibile ricorso a ogive atomiche e sollecita le forze armate cinesi
“ad approfondire la pianificazione della guerra e del combattimento e a costruire un forte sistema di comando congiunto”.
La questione delle bombe a grappolo
La convenzione dell’Onu che vieta le bombe a grappolo fu firmata a Oslo nel 2008: l’Italia vi aderì nel 2011 e, ad oggi, 108 Paesi l’hanno sottoscritta, ma, fra questi, non vi sono Stati Uniti d’America, Ucraina e Russia.
Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg riconosce che non c’è una posizione dell’Alleanza sulle ‘cluster bombs’ e nota che “spetta ai singoli Stati” decidere quali armi e munizioni fornire all’Ucraina.
L’uso delle bombe a grappolo di per sé non viola le leggi internazionali, l’uso contro i civili sì.
Chi aderisce alla convenzione si impegna a non usarle, produrle, stoccarle o trasferirle ad altro Paese e a bonificare i territori dove siano state usate. Gli Stati Uniti non le hanno più utilizzate dopo la guerra in Iraq e ne hanno molte in depositi: “Se ne può disporre in fretta”, dice alla Cnn Ryan Brobst, analista della Foundation for Defense of Democracies.
Le bombe a grappolo, che diffondono centinaia di piccoli ordigni esplosivi su una vasta area, sono dentro l’ultimo pacchetto di aiuti militari degli Usa all’Ucraina per 800 milioni di dollari.
Una legge ne proibisce l’export, ma la Casa Bianca può aggirare l’ostacolo. Intanto, s’è appreso che ispettori del Dipartimento della Difesa hanno rilevato in un rapporto la scarsa qualità delle forniture militari a Kiev: sono state spedite al fronte russo-ucraino armi e munizioni da tempo nei magazzini, senza un’adeguata revisione in alcuni casi.
Putin si irrita con Erdogan e ‘snobba’ Prigozhin
Ma anche la Russia ha i suoi malesseri. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan irrita l’omologo russo Vladimir Putin consegnando a Zelen’skyj, in visita a Istanbul, alcuni comandanti della divisione Azov, l’unità d’estrema destra protagonista della difesa di Mariupol. I comandanti erano rientrati in uno scambio di prigionieri, ma, secondo Mosca, dovevano restare in Turchia fino alla fine del conflitto. Ma suscita pure interrogativi l’atteggiamento del Cremlino nei confronti di Evgheny Prigozhin, capo del Gruppo Wagner, istigatore e protagonista del tentato putsch del 24 giugno.
Prigozhin, ricomparso intanto in video, non sarebbe più in Bielorussia, ma in Russia, a San Pietroburgo – dice il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko -, con la benevola indifferenza di Putin. Nell’interpretazione dell’Ap, il leader russo intende così fare apparire irrilevante Prigozhin e mostrare la propria magnanimità, evitando di perseguire gli autori dell’insurrezione.
Però, l’esilio di Prigozhin pareva parte dell’accordo mediato con Putin dal presidente Lukashenko. E le tv di Stato russe continuano a mostrare immagine della residenza di lusso del capo mercenario perquisita dai servizi di sicurezza, che vi hanno trovato soldi, armi, droga.
I temi affrontati oggi e domani a Vilnius per il Vertice Nato. Perché è escluso l’ingresso immediato dell’Ucraina nella Nato
A Vilnius, si parla dell’adesione alla Nato dell’Ucraina, che ha appena ricevuto a sorpresa l’avallo della Turchia, ma che vede tuttora prudenti gli Stati Uniti e i maggiori Paesi europei.
E’, comunque, escluso che essa possa avvenire fin quando il conflitto è aperto, perché ciò sarebbe in contrasto con il Trattato dell’Atlantico del Nord e comporterebbe l’immediata entrata in guerra dei Paesi dell’Alleanza a fianco dell’Ucraina contro la Russia.
Sembra, invece, escluso che a Vilnius possa chiudersi il percorso di adesione alla Nato della Svezia perché l’ostilità della Turchia s’è acuita dopo che a Stoccolma in una manifestazione di protesta autorizzata è stata bruciata una copia del Corano. E suscita molta irritazione a Bruxelles il do ut des proferito da Erdogan: si all’ingresso della Svezia nella Nato se contemporaneamente l’Unione europea si pronuncia a favore dell’ingresso della Turchia nell’Unione che da trent’anni chiede di entrarvi
In vista del Vertice della Nato, Zelen’skyj, prima di andare in Turchia, è stato in Bulgaria, Slovacchia e Repubblica Ceca, sempre criticando le indecisioni dell’Alleanza sulle adesioni. Il premier ceco Petr Fiala gli ha promesso elicotteri, munizioni e l’addestramento dei piloti su simulatori di caccia F-16, gli aerei da combattimento occidentali che l’Ucraina non ha ancora ottenuto (e che non avrà neppure a Vilnius).
Con Erdogan, invece, Zelen’skyj, ha pure proseguito le trattative per rinnovare la ‘pace del grano’ e garantire che navi cariche di cereali ucraini possano continuare a partire dai porti sul Mar Nero. Putin su questo nicchia e Erdogan, con il sì all’Ucraina nella Nato e la consegna dei capi dell’Azov, vuole forse provocarlo a uscire dall’ambiguità.
I fronti del conflitto: statici, ma letali
I fronti del conflitto restano sostanzialmente statici, ma le bombe russe continuano a fare vittime civili – l’ultimo attacco letale di grosso impatto è stato su Leopoli, dove un edificio civile è stato semi-distrutto: diverse le vittime, decine i feriti.
Leopoli, nell’estremo Ovest, è una città poco colpita e, proprio per questo, ospita migliaia di rifugiati. Mosca sostiene d’avere colpito con missili di precisione lanciati da unità navali “centri di raccolta temporanei di soldati ucraini e mercenari e depositi di armi straniere”.
Kiev e Mosca continuano ad accusarsi a vicenda di minacciare la sicurezza della centrale nucleare di Zaporizhzhia.
La capitale ucraina è stata teatro di attacchi terroristici. Il Financial Times riferisce conversazioni tra il ministro della Difesa ucraino Oleksiy Reznikov e funzionari statunitensi, circa l’abbattimento di un missile russo ipersonico Khinzal, che il Cremlino riteneva non intercettabile. Ad abbatterlo, sarebbe stata una batteria di Patriot, un sistema missilistico statunitense terra-aria: è evidente la soddisfazione degli esperti del Pentagono nel ricevere la notizia.
Stoltenberg; Nato pronta a difendersi da tutte le minacce
La Nato è pronta a difendersi da ogni minaccia proveniente da “Mosca o da Minsk”: l’affermazione di Stoltenberg, fatta a una cena all’Aja sere fa con alcuni leader europei, incluso il premier olandese Mark Rutte ora dimissionario, ha fatto da prologo al Vertice di Vilnius dove si sta decidendo un rafforzamento delle difese in particolare dei membri dell’Alleanza che confinano con Russia e Bielorussia.
“E’ del tutto chiaro – parole di Stoltenberg – che vogliamo inviare un messaggio inequivocabile che la Nato proteggerà ogni alleato e ogni centimetro del proprio territorio. Non c’è spazio per malintesi di rota…”.
Per Stoltenberg, il cui mandato alla guida dell’Alleanza è stato prorogato di un anno, l’Occidente “non deve sottovalutare la Russia”, deve continuare a sostenere l’Ucraina contro l’invasione e tracciare un percorso per l’adesione di Kiev.
Quanto alle spese per la difesa, Stoltenberg insiste che l’Europa deve fare di più: “Investire il 2 per cento del Pil nella difesa non è un tetto da raggiungere, ma una base su cui costruire”.
Un viatico al Vertice di Vilnius è anche venuto dal presidente francese Emmanuel Macron, che aveva parlato, nel 2019, di una Nato in uno stato di “morte cerebrale”.
Oggi, Macron ritiene che l’invasione dell’Ucraina abbia risvegliato l’Alleanza “con il peggior elettroshock”: “Dobbiamo aiutare con tutti i mezzi l’Ucraina a condurre una controffensiva efficace”.
[1] Scritto per The Watcher Post il 10 luglio 2023. Cf. https://www.giampierogramaglia.eu/2023/07/10/nato-vilnius-bombe-a-grappolo/.