Michele Mezza commenta “L’ordine esecutivo firmato dal presidente statunitense il 30 ottobre 2023” in un pezzo dove sottolinea nel titolo “Biden impone ai proprietari delle piattaforme di negoziare l’intelligenza artificiale con utenti e lavoratori[1]“. “Per la prima volta nel dibattito politico americano – scrive Mezza – la proprietà viene del tutto marginalizzata rispetto all’interesse pubblico. Un interesse che ha nomi e cognomi e non una generica definizione di pubblica utilità: gli utenti, i lavoratori, i pazienti negli ospedali o i cittadini nelle città. Chiunque abbia a che fare con questa materia, spiega Biden, deve sentirsi protetto e garantito nelle sue legittime pretese di informazione e integrazione dei sistemi che è costretto a usare”. Più avanti, riportando un passo del documento ”Alla fine, l’intelligenza artificiale riflette i principi delle persone che la costruiscono, delle persone che la utilizzano e i dati su cui è costruita”, Mezza chiarisce: “In questo modo il governo americano definisce l’intelligenza artificiale patrimonio comune, bene comune, in cui utenti e proprietari hanno pari diritti in virtù dei processi sociali di addestramento. Il secondo punto riguarda la dinamica della contesa e della riprogrammazione dei sistemi”.
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Per la prima volta nel dibattito politico americano la proprietà viene del tutto marginalizzata rispetto all’interesse pubblico. Si afferma così il principio che tutti gli snodi della filiera debbono essere trasparenti, condivisi e negoziabili.
Ancora oggi, a meno di 72 ore dalla sua promulgazione, lunedì 30 ottobre 2023, qualcuno lo ritiene un falso. In effetti l’ordine esecutivo con cui il presidente americano Biden scompiglia l’intero mercato tecnologico presenta numerose caratteristiche incredibili.
Per la prima volta nel dibattito politico americano la proprietà viene del tutto marginalizzata rispetto all’interesse pubblico. Un interesse che ha nomi e cognomi e non una generica definizione di pubblica utilità: gli utenti, i lavoratori, i pazienti negli ospedali o i cittadini nelle città. Chiunque abbia a che fare con questa materia, spiega Biden, deve sentirsi protetto e garantito nelle sue legittime pretese di informazione e integrazione dei sistemi che è costretto a usare.
In apertura del documento la casa Bianca fa intendere subito la novità quando scrive:
”L’uso responsabile dell’IA ha il potenziale per aiutare a risolvere sfide urgenti e rendere il nostro mondo più prospero, produttivo, innovativo e sicuro. Allo stesso tempo, un uso irresponsabile potrebbe esacerbare i danni sociali quali frode, discriminazione, pregiudizi e disinformazione; spostare e privare di potere i lavoratori; soffocare la concorrenza; e pongono rischi per la sicurezza nazionale”.
Neanche i regolamenti europei, che pure fino a ora guidavano la cultura del governo pubblico dei modelli di intelligenza artificiale, citano dettagliatamente le figure sociali, e specificatamente i lavoratori, come contro parte dei proprietari di queste piattaforme.
Questo concetto è basato su un’altra affermazione che rischia di passare inosservata:
”Alla fine, l’intelligenza artificiale riflette i principi delle persone che la costruiscono, delle persone che la utilizzano e i dati su cui è costruita”.
In questo modo il governo americano definisce l’intelligenza artificiale patrimonio comune, bene comune, in cui utenti e proprietari hanno pari diritti in virtù dei processi sociali di addestramento.
Il secondo punto riguarda la dinamica della contesa e della riprogrammazione dei sistemi. Il testo del presidente dice esplicitamente che
“Raggiungere questo obiettivo richiede valutazioni solide, affidabili, ripetibili e standardizzate dei sistemi di intelligenza artificiale, nonché politiche, istituzioni e, se appropriato, altri meccanismi per testare, comprendere e mitigare i rischi derivanti da questi sistemi prima che vengano utilizzati”.
Ossia è la stessa ricerca e prototipazione che vede in azione gli stakeholder nel controllo e contrattazione del funzionamento di ogni singolo dispositivo.
Infine, si individuano materialmente i passaggi che devono essere rispettati per smantellare ogni posizione dominante e monopolistica quando si legge che
“Il governo federale promuoverà un ecosistema e un mercato equi, aperti e competitivi per l’intelligenza artificiale e le tecnologie correlate in modo che i piccoli sviluppatori e imprenditori possano continuare a guidare l’innovazione. Per fare ciò è necessario fermare la collusione illegale e affrontare i rischi derivanti dall’uso da parte delle aziende dominanti di risorse chiave come semiconduttori, potenza di calcolo, archiviazione nel cloud e dati a svantaggio dei concorrenti, ed è necessario sostenere un mercato che sfrutti i vantaggi dell’intelligenza artificiale per offrire nuove opportunità per piccole imprese, lavoratori e imprenditori”.
Si afferma, per la prima volta con questa solennità e forza politica, il principio che tutti gli snodi della filiera debbono essere trasparenti, condivisi e negoziabili.
In questo processo, ed è forse la base di tutto il ragionamento, il governo pubblico non è un arbitro ma un vero global player che interviene costantemente per correggere e riequilibrare un mercato che tende naturalmente alla sperequazione e alle asimmetrie fra le parti. Tanto che si precisa che
“I prossimi passi cruciali nello sviluppo dell’IA dovrebbero basarsi sulle opinioni di lavoratori, sindacati, educatori e datori di lavoro per sostenere usi responsabili dell’IA che migliorino la vita dei lavoratori, aumentino positivamente il lavoro umano e aiutino tutte le persone a godere in sicurezza dei guadagni e delle opportunità dall’innovazione tecnologica”.
Anche qui una straordinaria novità: il governo del paese più liberista, o comunque mercatista del mondo, afferma che la gestione equilibrata e corretta di questo potere di calcolo non può prescindere da un metodo di co gestione con le parti sociali che devono poter mettere permanentemente mano sui processi tecnologici, visto che ne sono, attraverso i dati e l’uso dei sistemi, concretamente co produttori, a cominciare dai lavoratori che devono avere piena consapevolezza delle strategie e dei punti di approdo delle automatizzazioni produttive.
Resta certo da capire come materialmente questi principi possano diventare pratica corrente in un mercato cosi sfuggente e performante. L’esposizione della Casa Bianca, per altro in una vigilia di campagna elettorale, non dovrebbe permettere nessuna marginalizzazione del documento.
Come sempre toccherà alle parti sociali dargli un’anima e tradurlo in esperienze correnti.
Già nella lettura dell’ordine di Biden si assaporano concetti ed esperienze che emergono dalla vertenza in corso a Hollywood dove si reclama appunto una negoziazione dei dati e dei meccanismi automatici applicati all’industria culturale.
Ora l’Europa dovrebbe alzare l’asticella, e sulla scorta di una secolare esperienza sindacale, passare da norme comunque illuminate a pratiche di vera e propria negoziazione della filiera tecnologica, a partire dalla ricerca, per affermare i diritti dei cittadini e una propria posizione di primato in un mercato dove le forme di applicazione stanno diventando veri e propri standard industriali.
[1] Uscito nel blog dell’Huffington Post, 2 novembre 2023. Cf. https://www.huffingtonpost.it/blog/2023/11/02/news/biden_impone_ai_proprietari_delle_piattaforme_di_negoziare_lintelligenza_artificiale_con_utenti_e_lavoratori-14024472/.