Doplomazia

Democrazia Futura. Biden e Zuppi parlano di pace mentre scoppiano le bombe

di Giampiero Gramaglia, giornalista, co-fondatore di Democrazia futura, già corrispondente a Washington e a Bruxelles |

Biden – Zuppi, quale pace per l'Ucraina? La fine dell’intesa sul grano e il nuovo epicentro dello scontro sul ponte di Kerch. L'analisi di Giampiero Gramaglia.

Giampiero Gramaglia

Nel terzo e ultimo pezzo per Democrazia futura dedicato al tema “Le paci difficili della diplomazia vaticana”Giampiero Gramaglia riassumendo la settimana diplomatica dopo il vertice di Vilnius in un articolo intitolato “Biden e Zuppi parlano di pace mentre scoppiano le bombe commenta il viaggio del Presidente della CEI oltre Oceano: “Biden ha espresso l’auspicio che il pontefice “prosegua nel suo ministero e nella leadership globale […] Biden e Zuppi hanno discusso degli sforzi della Santa Sede per fornire aiuti umanitari che allevino le sofferenze delle popolazioni ucraine causate dall’invasione russa e dell’impegno del Vaticano per fare tornare alle loro famiglie i bambini ucraini deportati con la forza. Mentre il colloquio si svolgeva, esplosioni scuotevano Kiev e l’area intorno alla capitale ucraina, oltre che Odessa e la vicina Chornomorsk, Zaporizhzhia e Kharkiv. Ovunque, le difese antiaeree sono entrate in azione. Contemporaneamente, l’autostrada russa Tavrida che va dal porto di Kerch sul Mar d’Azov a Sebastopoli in Crimea sul Mar Nero è stata chiusa per un incendio: s’ignora l’origine del rogo. L’autostrada e il ponte che collega la Crimea alla Russia sono già stati oggetto, ripetutamente, di episodi di sabotaggio- […] A Washington, prima di essere ricevuto da Biden, il cardinale Zuppi aveva avuto contatti e colloqui al Congresso. A Kiev, l’inviato di Papa Francesco aveva visto – ricorda l’ex direttore dell’Ansa – il presidente Volodymyr Zelen’skyj. Solo a Mosca il presidente Vladimir Putin gli si era negato, affidandolo a suoi collaboratori.

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Per la pace in Ucraina, un colloquio di oltre due ore alla Casa Bianca tra il presidente statunitense Joe Biden e l’inviato di Papa Francesco, il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Cei: non ne è venuto un passo avanti deciso verso la fine del conflitto, ma Biden ha espresso l’auspicio che il pontefice “prosegua nel suo ministero e nella leadership globale” – parole della Casa Bianca -. Biden e Zuppi hanno discusso degli sforzi della Santa Sede per fornire aiuti umanitari che allevino le sofferenze delle popolazioni ucraine causate dall’invasione russa e dell’impegno del Vaticano per fare tornare alle loro famiglie i bambini ucraini deportati con la forza.

Mentre il colloquio si svolgeva, esplosioni scuotevano Kiev e l’area intorno alla capitale ucraina, oltre che Odessa e la vicina Chornomorsk, Zaporizhzhia e Kharkiv.

Ovunque, le difese antiaeree sono entrate in azione. Contemporaneamente, l’autostrada russa Tavrida che va dal porto di Kerch sul Mar d’Azov a Sebastopoli in Crimea sul Mar Nero è stata chiusa per un incendio: s’ignora l’origine del rogo.

L’autostrada e il ponte che collega la Crimea alla Russia sono già stati oggetto, ripetutamente, di episodi di sabotaggio.

Nelle ultime settimane, la guerra in Ucraina ha pure avuto echi nella campagna elettorale per Usa 2024: Biden dovrà tenerne conto.

A Fox News, l’ex presidente e candidato alla nomination repubblicana Donald Trump ha ribadito: “Se fossi, presidente metterei fine al conflitto in 24 ore”.

Trump, che incontrava nello Iowa i suoi sostenitori, ha spiegato: “Conosco Zelen’skyj molto bene, conosco Putin molto bene. Direi loro di trovare un’intesa: voglio mettere fine all’uccisione di migliaia di persone”.

Dal canto suo, il rivale di Trump per la nomination, il governatore della Florida Ron DeSantis, insiste che, per lui, la guerra in Ucraina è “un problema secondario”.

“La minaccia principale – dichiara alla Cnn – per noi viene dalla Cina … Dobbiamo guardare il Mondo non più con l’Europa al centro delle nostre preoccupazioni, com’è giustamente stato dopo la Seconda Guerra Mondiale. L’Asia-Pacifico dev’essere per la nostra generazione quello che l’Europa è stata per la generazione della Seconda Guerra Mondiale”.

Biden – Zuppi sussulto per la pace tra rumori di guerra in Ucraina

La visita, non preannunciata, del cardinale Zuppi a Washington è stata uno sviluppo della missione di “promozione della pace in Ucraina” affidata da Papa Francesco al cardinale di Bologna: l’obiettivo, nelle parole del Vaticano, che stemperava le attese, era

“uno scambio di idee e opinioni sulla tragica situazione attuale e il sostegno a iniziative umanitarie per alleviare le sofferenze delle persone più colpite e più fragili, in modo particolare i bambini”.

A Washington, prima di essere ricevuto da Biden, il cardinale Zuppi aveva avuto contatti e colloqui al Congresso. A Kiev, l’inviato di Papa Francesco aveva visto il presidente Volodymyr Zelen’skyj. Solo a Mosca il presidente Vladimir Putin gli si era negato, affidandolo a suoi collaboratori.

Dai fronti del conflitto, militari e diplomatici, le notizie non sono incoraggianti.

La Russia risponde all’attacco al ponte di Kerch in Crimea, nella notte tra domenica 16 e lunedì 17 luglio, intensificando raid e bombardamenti, specie su Odessa – da dove, secondo Mosca, partono le iniziative per destabilizzare la penisola – e avanzando in direzione di Kupyansk, dove avrebbe ammassato centomila uomini supportati da forze aeree e corazzate. E il Ministero della Difesa russo afferma che le sue truppe hanno guadagnato un chilometro e mezzo nella regione di Kharkiv.

Tra Ucraina e Russia, la fine dell’intesa sul grano

Intanto, è saltata la pace del grano che, dal 22 luglio 2022, per quasi un anno, ha garantito l’export di cereali dall’Ucraina. Mosca ha deciso di non rinnovare l’accordo che garantiva corridoi navali sicuri alle navi da e per i porti ucraini. La motivazione ufficiale è che non è stata applicata la parte del memorandum d’intesa che riguardava l’esportazione di fertilizzanti e beni alimentari russi.

Nazioni Unite, Turchia, Stati Uniti e Germania hanno provato a tenere viva l’intesa, ma la Russia, di fronte al mantenimento delle sanzioni sui suoi prodotti, è stata ferma. Se la portavoce del Ministero degli Esteri Maria Zakharova assicura che,

“non appena la parte dell’accordo che riguarda la Russia sarà completamente rispettata, torneremo immediatamente all’attuazione dell’intesa”,

altre fonti danno la decisione di Mosca come “definitiva”.

Restano da valutare le conseguenze della fine della ‘pace del grano’ sui Paesi più poveri, in Africa, nel Medio Oriente, in Asia, dove milioni di persone rischiano la fame nella morsa di povertà, aumento dei prezzi e difficoltà di approvvigionamento.

La Russia si offre di rimpiazzare “gratis” con il proprio grano le forniture ucraine, ma la proposta non appare realistica nel breve termine, mentre le fonti umanitarie internazionali non sono unanimi sull’importanza dei cereali ucraini nell’alimentazione del Terzo Mondo.

Se Onu e Turchia cercano di mediare, Charles Michel, il presidente del Consiglio europeo, scrive:

“Gli attacchi della Russia a Odessa devono essere visti per quello che sono: ’missili alimentari’ letali che colpiscono a sicurezza alimentare globale e i più vulnerabili del Sud del Mondo. Tutto questo deve finire ora”.

Il ponte di Kerch epicentro dello scontro sull’Ucraina

Come abbiamo già detto, il ponte di Kerch, che collega la Crimea alla Russia, è di nuovo stato preso di mira dagli ucraini: nella notte tra domenica 16 e lunedì 17 luglio 2023, l’infrastruttura è stata colpita e danneggiata da droni nell’ambito di un’operazione speciale delle forze navali ucraine.

Due le vittime dichiarate, padre e madre di una famiglia che stava andando in vacanza in Crimea.

Il ponte, lungo 18 chilometri, con un’autostrada e una linea ferroviaria, ha una grande importanza strategica e simbolica per la Russia.

L’azione è stata rivendicata dai servizi di sicurezza di Kiev, che del resto hanno sempre sostenuto di considerare il ponte un obiettivo legittimo perché a loro modo di vedere “illegale”.

Per tutta risposta, i russi hanno ulteriormente intensificato i bombardamenti aerei, specie su Kiev e Odessa.

Ma Mosca punta il dito anche contro Londra e Washington, senza il cui aiuto gli ucraini non riuscirebbero a colpire la Crimea. Il ponte, la cui costruzione è costata 3,7 miliardi di dollari, ha un enorme rilievo strategico perché è l’unico collegamento stradale e ferroviario tra la regione russa di Krasnodar e la Crimea e costituisce una linea di rifornimento essenziale per lo sforzo di guerra russo in Ucraina.

Secondo analisti occidentali, mettere fuori uso il ponte significa bloccare il flusso di mezzi e uomini nei territori ucraini occupati dai russi. L’attacco di lunedì 17 luglio è stato il secondo dall’inizio dell’invasione. Kiev ha più volte affermato di avere l’obiettivo di ripristinare l’integrità territoriale dell’Ucraina, compresa la Crimea, annessa dalla Russia nel 2014 con un referendum non ritenuto legittimo dall’Onu.

Una controffensiva ucraina a rilento

Al compimento del sedicesimo mese di guerra, il 24 luglio 2023, la controffensiva ucraina nel sud-est del Paese – un fronte cui i giornalisti hanno poco accesso – non pare avere fatto progressi decisivi: secondo inviati dell’Associated Press, le forze ucraine, equipaggiate con gli armamenti forniti dall’Occidente, faticano ad avere la meglio sulle difese russe, che hanno fortificato le proprie linee e affinato le tattiche.

Il capo di Stato Maggiore degli Stati Uniti, generale Mark Milley, dice che la controffensiva ucraina sarà “molto lunga” e “molto sanguinosa”.

E suoi collaboratori aggiungono che, se anche avesse successo, la controffensiva non farebbe finire la guerra, ma potrebbe al più consentire a Kiev di affrontare le trattative in una posizione migliore.

Ad ostacolare la controffensiva, ci sono campi minati letali disseminati di ordigni anti-carro e anti-persone che i russi hanno disposto su tutto il fronte, con una profondità tra i cinque e i quindici chilometri maggiore davanti alle loro roccaforti.

Dopo il Vertice di Vilnius, diplomazia e vecchi merletti per l’Ucraina

La settimana successiva al vertice della Nato di Vilnius, conclusosi mercoledì 12 luglio, è stata fitta di contatti diplomatici.

Reduce da Vilnius, il presidente sud-coreano Yun Seok-yeol ha fatto visita a Kiev al presidente Zelen’skyj.

“L’anno scorso abbiamo fornito all’Ucraina giubbotti antiproiettile, caschi e munizioni – gli ha detto -. Quest’anno speriamo che il livello dell’assistenza sia molto più elevato”.

Incontro bilaterale anche sull’altro fronte: il presidente Putin ha ricevuto il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa. I due hanno parlato dell’iniziativa di pace africana e dell’accordo sul grano, nell’imminenza del suo superamento.

Da Vilnius, Zelen’skyj, che voleva una data per l’ingresso dell’Ucraina nella Nato, è tornato un po’ abbacchiato, specie perché la Casa Bianca non ha fatto mistero dell’irritazione causata da qualche sua aggressiva dichiarazione alla vigilia del Vertice.

Ma anche Putin non ha nulla di che rallegrarsi. Come osserva il Washington Post, con l’adesione della Svezia, dopo quella della Finlandia, “il Mar Baltico è ora un lago Nato”: uno smacco per la Russia, che non voleva vedersi espandere l’alleanza militare occidentale.

Il presidente Biden è invece apparso galvanizzato dalla missione in Europa, che ha chiuso dichiarando che “Putin ha già perso la guerra in Ucraina” e che il conflitto “non andrà avanti per anni”; perché il Cremlino dovrà a un certo punto constatare che “non è nell’interesse della Russia” continuarlo, vista la scarsità di risorse a disposizione.

Agli ucraini, sono arrivate in tempi record le bombe a grappolo fornite, pur fra molte polemiche, dagli Stati Uniti. Kiev non potrà usarle sul suolo russo, ma il generale ucraino Valery Zaluzhny dichiara alla Cnn che questo non è un problema:

“Per colpire in Russia, useremo nostre armi.. E’ possibile ed è necessario, in guerra, uccidere il nemico a casa sua… Se i nostri partner hanno paura che usiamo le loro armi, uccideremo con le nostre…”.

Putin e lo spettro del Gruppo Wagner

I mercenari del Gruppo Wagner e il loro capo Evgenij Prigožin, a un mese dall’apparente fallito putsch del 24 giugno 2023, restano uno spettro e un incubo per il presidente russo Vladimir Putin, che, dopo avere incontrato i leader militari della ‘compagnia di ventura’, ha dichiarato che il Wagner “non è mai esistito come entità legale” e che il suo statuto richiede “ulteriori riflessioni”. Sembra che i mercenari abbiano rifiutato una proposta di ‘pacificazione’ fatta loro dal Cremlino. Intanto, circola un’immagine di Prigožin, seduto in una tenda da campo, si pensa in un campo del Wagner, in Bielorussia.

Continuano a circolare voci di arresti e rimozioni di generali russi. Uno dei comandanti in Ucraina, Ivan Popov, accusava di tradimento i vertici della Difesa, militari e politici, perché non forniscono adeguato sostegno alle truppe in prima linea. Gli analisti nel ricevano l’impressione di dissensi e, forse, faide in atto. Anche se le vicende dell’ultimo mese hanno contorni non ben definiti e restano difficile da decifrare.

G7 e Unione Europea: progetti di ricostruzione e aiuti militari

L’Unione europea e i Paesi del G7 hanno già condotto cicli di discussione sulla ricostruzione dell’Ucraina. A luglio 2022 c’è stata la prima Conferenza sulla ripresa dell’Ucraina; a ottobre 2022 c’è stata la Conferenza internazionale di esperti sulla ripresa, la ricostruzione e la modernizzazione dell’Ucraina. Inoltre, da gennaio 2023, l’Unione Europea ha avviato la ‘Piattaforma di ricostruzione dell’Ucraina’ per razionalizzare le iniziative internazionali in tal senso.

L’ultimo appuntamento è stato il 21-22 giugno 2023.

“Uno dei temi principali discussi – fa sapere Silvia Samoré, ricercatrice dello IAI – è stato l’impegno del settore privato nella ricostruzione, che s’affianca ai finanziamenti provenienti in maggior parte dalla Commissione europea e dalla Banca per gli investimenti”.

In parallelo, l’Unione europea – rivela Politico, che presenta l’informazione come un’esclusiva – progetta un fondo da 20 miliardi di euro per foraggiare per anni le forze armate ucraine.

“Se approvato – osserva Politico -, segnerebbe una radicale mutazione ideologica dell’Ue, che si presenta come un progetto di pace”.

La notizia del fondo segue la decisione del Parlamento europeo di vare il via libera definitivo all’Asap, il piano per aumentare le consegne di munizioni e missili all’Ucraina e nel contempo incrementare la capacità produttiva europea nel settore della difesa. Il piano, approvato con 505 sì, 56 no e 21 astenuti, è finanziato con 500 milioni di euro e prevede che gli Stati possano dirottare fondi del Pnrr sulle spese militari.

Le iniziative dell’Unione e del Parlamento europeo per l’Ucraina

Da segnalare, al Vertice di martedì 18 luglio 2023 fra i 27 e i Paesi dell’America Latina e dei Caraibi, la ricerca, faticosa e laboriosa, di una posizione comune sull’Ucraina. Nicaragua, Cuba e Venezuela i Paesi più distanti dalla linea dell’Unione europea, ma anche Brasile, Messico e molti altri hanno distinguo sui dogmi dell’Occidente.

E la Commissione Esteri del Parlamento europeo, con una relazione approvata a larga maggioranza, ha chiesto alla Corte penale internazionale dell’Aia di emettere un mandato di arresto nei confronti del presidente bielorusso Alexander Lukashenko, asserendo, fra l’altro, che il governo di Minsk è corresponsabile dei crimini commessi in Ucraina con i trasferimenti illegali di bambini in Russia.

Energia: Kiev lancia monito su gas, Mosca vende petrolio a gogò

Mentre Kiev segnala che Mosca potrebbe ridurre il flusso di gas verso l’Europa, mettendo in crisi Paesi dell’Europa centrale che ancora ne dipendono in misura rilevante, l’Agenzia internazionale dell’energia fa sapere che, dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, la Russia non aveva mai esportato così tanto petrolio.

A dispetto delle sanzioni, dunque, il Cremlino ha trovato nuovi clienti.

Il mese record è stato aprile, quando la Federazione ha esportato 8,3 milioni di barili al giorno, contro una media di export nel 2022 di 7,7 milioni di barili e nel 2021 di 7,5 milioni.

I ricavi, però, diminuiscono, per effetto del ‘price cap’ sul greggio russo imposto da G7 e Unione europea a 60 euro e anche del calo dei prezzi generalizzato. Dopo le sanzioni introdotte da Stati Uniti d’America e Unione europea e da molti altri Paesi, quasi l’80 per cento delle esportazioni di petrolio di Mosca sono dirette in Cina e India.

Varie inchieste hanno però rivelato che non tutto il petrolio russo che arriva in terra indiana e cinese resta poi in quei Paesi: una parte viene riesportata in Occidente con triangolazioni di società che riesce a ‘bucare’ le sanzioni. La questione impensierisce i leader del G7 e dell’Unione europea. Josep Borrell, capo della diplomazia europea, ha detto, tempo fa, che l’Unione europea dovrebbe smettere di comprare greggio dall’India, dicendosi certo che i raffinatori indiani acquistano grandi volumi di greggio russo e lo trasformano in carburanti da vendere nel Vecchio Continent


[1] Scritto, in versioni diverse, per The Watcher Post il 19 luglio 2023

. Cf. https://www.giampierogramaglia.eu/2023/07/20/ucraina-punto-pace-bombe/.

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