A partire da questo secondo fascicolo la copertina, la quarta di copertina e le pagine interne rimaste bianche dei singoli numeri trimestrali di Democrazia Futura saranno illustrati attraverso monografie di artisti contemporanei. La selezione delle opere verrà curata dal professor Roberto Cresti storico delle arti del Novecento all’Università di Macerata che ringraziamo vivamente per aver accettato l’incarico particolarmente complesso essendo stato invitato a riprodurre esclusivamente opere artistiche pubblicate – alla stregua del resto dei testi degli autori di questo numero – a titolo puramente amichevole con il loro esplicito consenso – come avvenuto peraltro nei numeri precedenti, con le copertine di Bruno Pellegrino (nel numero zero, ottobre-dicembre 2020) e di Lucio Saya e le riproduzioni interne di foto di Agne su Monte e Stéphane France (numero uno, gennaio-marzo 2021) ai quali va la nostra sentita riconoscenza.La scelta di Cresti è ricaduta su un artista “erede della tradizione figurativa italiana degli anni Venti-Trenta”, Bernardino Luino, nato a Latina nel 1951 e formatosi all’Accademia di Roma, appartenente al gruppo dei pittori della Metacosa, di cui fornisce in appendice alla scheda anche la bibliografia essenziale.
Erede della tradizione figurativa italiana formatasi negli anni Venti-Trenta del Novecento, Bernardino Luino – che ha avuto fra i suoi maestri il grande artista di ‘Scuola Romana’ Alberto Ziveri – è autore di una pittura contraddistinta da una leggerezza di forme e di colori che registra la realtà in una misura sempre definita, ma dinamica.
Dalla apparente stasi dei dipinti filtra una luce che si addensa e si distende nei particolari, rilevandoli o dissolvendoli come un velo. Luino vi traduce il divenire delle cose al limite del tempo ove ancora però si avverte il battito della vita.
Lo stesso orientamento, già presente ai suoi esordi, nella seconda metà degli anni Settanta del secolo scorso (mostre personali e collettive alla Galleria milanese il ‘Fante di Spade’ fondata da Mario Roncaglia), egli ha seguito anche a contatto con una realtà difficile e complessa come quella di New York, dando a facciate di edifici e particolari urbani una oggettività tanto inconfondibile quanto intimamente personale, coronata dal successo ricevuto dalle mostre tenute per più di un decennio, a partire dal 1985, alla Galleria ‘Henoch’ ubicata a Soho nel centro della Grande Mela.
Nel generale ritorno di interesse della pittura dell’ultimo Novecento a un realismo ottico svincolato da ipoteche ideologico-sociali, ma anche dalla impersonalità fotografica, Bernardino Luino è riuscito a dare una propria lettura della ricerca sui dettagli della esistenza quotidiana perseguita in Italia da Gianfranco Ferroni, col quale vi è stata una lunga amicizia, indistinguibile dal sodalizio artistico, condivisa anche, dal 1979, col gruppo di pittori della Metacosa (oltre a Ferroni, Sandro Luporini, Giuseppe Bartolini, Giorgio Tonelli, Lino Mannocci e Giuseppe Biagi), ricerca che ha saputo trasferire, inoltre, nell’ambito della grafica (acqueforti, litografie e altre tecniche), con risultati che, insieme alla pittura, ne hanno fatto un maestro riconosciuto.
Direttore della Scuola di grafica della Accademia di belle arti di Brera fino al 2017, innumerevoli sono state le mostre in Italia e all’estero (suoi dipinti alla Biennale di Venezia del 2011, invitato da Vittorio Sgarbi), introdotte o recensite da critici e intellettuali come Antonello Negri, Giovanni Testori, Roberto Tassi, Quirino Principe o Maurizio Fagiolo Dell’Arco. Quest’ultimo ha scritto in un catalogo: «Un romano sui Navigli. Il che significa: una luce calda raffreddata».
A tutt’oggi quella luce Luino ha mantenuto e plasmato in alcuni oggetti resi ‘col soffio di un vetraio’, rischiarando un teatro di interni e di esterni intercambiabili, così che anche le stanze dipinte al chiuso della pandemia hanno aure di un aldilà indistinguibile dalla vita quotidiana e fanno pensare a quel filosofo che, giunto davanti a certe porte, pensava fossero delle uscite dal mondo e invece erano degli accessi a esso.
La copertina che ho scelto per questo numero è un olio su tela di 50×61 cm risalente al 2010 e raffigura il quartiere de La Défense nella banlieue nord di Parigi.
La quarta di copertina è un olio su tavola 22,5×29 cm, risale al 2009 e raffigura Queensboro Bridge a New York, il ponte costruito nel 1909 sul fiume East River noto anche come 59th Street Bridge perché la parte che giace a Manhattan si trova fra la 59esima e la 60esima Strada.
Bibliografia essenziale
Antonello Negri, Luino, Bergamo, Pierluigi Lubrina Editore, 1986;
Enzo Di Martino, Bernardino Luino: dipinti e tecniche miste 1987-1998, Ginevra-Milano, Skira e Arte Trentadue, 1998;
Vittorio Sgarbi, Bernardino Luino: La luce di Luino, Milano, Galleria Marieschi, 2003;
Philippe Daverio, Le trasparenze poetiche della materia, Pavia, Libreria Cardano, 2005;
Micaela Mander, Luino: incisioni, Pavia, Libreria Cardano, 2005;
Elena Pontiggia, Luino, Galleria Marini, Milano 2012;
Laurence Debecque-Michel, La présence par l’absence, Parigi, Galleria Sifrein, 2016;
Bernardino Luino, Spicchi di mela. Ricordi newyorkesi e altro. Conversazioni con Roberto Cresti, Bologna Pendragon, 2019 [con bibliografia aggiornata e documenti inediti];
La Metacosa (a cura di Arialdo Ceribelli), Bergamo, Ceribelli Editore, 2019.
Sitografia