Bruno Somalvico direttore editoriale di Democrazia futura, a una settimana dal webinar di geopolitica dedicato al tema “La pace in Ucraina: a quali condizioni?” promosso insieme a Key4biz moderato da Giampiero Gramaglia e introdotto da una relazione di Lucio Caracciolo, propone “Alcuni interrogativi legittimi sui nuovi equilibri geopolitici mondiali” sottolineando come recita l’occhiello “I dubbi in merito ai rischi di un allargarsi del conflitto e di scoppio di una III guerra mondiale”. Per Somalvico “Solo un sapiente impegno diplomatico di tutte le cancellerie mondiali può garantire il ritorno ad un confronto e a trattative vere che consentano alle parti di raggiungere una tregua in previsione del perseguimento di un accordo che preluda alla stipula di un trattato di pace fra Russia e Ucraina.
Per fare questo è urgente un cambio di paradigma” – sottolinea Somalvico aggiungendo: “Un cambio di paradigma capace di riprendere lo spirito di confronto fra Oriente e Occidente perseguito negli anni di disgelo dopo la lunga stagione della guerra fredda nel secondo Novecento. Un cambio di paradigma che oggi appare davvero molto lontano nel tempo e che naturalmente dovrebbe contenere profonde novità coinvolgendo fortemente l’India, il Brasile, il Sudafrica e più in generale quelli che un tempo venivano chiamati paesi in via di sviluppo”, riproponendo in conclusione i sei interrogativi proposti nel webinar del 15 giugno u.s.
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Introduzione. Favorire una nuova Conferenza di pace nello spirito degli Accordi di Helsinki
A quindici mesi dall’invasione russa dell’Ucraina l’obiettivo di una pace rimane lontano e quello di una tregua piuttosto incerto sino a quando i due contendenti beneficeranno di supporti diretti e indiretti da parte, da un lato, dell’Occidente, dall’altro, delle forze ostili alla Nato e al Patto Atlantico.
Ma è indubbio che gli equilibri geopolitici mondiali – rimasti in qualche modo congelati in particolare per quanto riguarda le ex Repubbliche sovietiche al momento della dissoluzione dell’URSS fatti salvi i Paesi Baltici – nel frattempo oggi sono profondamente cambiati.
L’Ucraina non è la sola a volersi affrancare dalla tutela di una Russia putiniana che anziché ricercare le condizioni di un rapporto di buon vicinato con l’Europa occidentale all’interno di una Casa Comune europea, sembrerebbe perseguire una nuova vocazione imperiale come ai tempi degli zar e (o) della dittatura staliniana.
Anche se andrebbero prese in considerazione le ragioni per le quali un governo legittimo come quello russo intenda difendere quello che considera tuttora lo spazio vitale di una superpotenza.
Le difficoltà nel creare le premesse per approdare ad un cessate il fuoco
Solo un sapiente impegno diplomatico di tutte le cancellerie mondiali può garantire il ritorno ad un confronto e a trattative vere che consentano alle parti di raggiungere una tregua in previsione del perseguimento di un accordo che preluda alla stipula di un trattato di pace fra Russia e Ucraina.
Per fare questo è urgente un cambio di paradigma
Un cambio di paradigma capace di riprendere lo spirito di confronto fra Oriente e Occidente perseguito negli anni di disgelo dopo la lunga stagione della guerra fredda nel secondo Novecento. Un cambio di paradigma che oggi appare davvero molto lontano nel tempo e che naturalmente dovrebbe contenere profonde novità coinvolgendo fortemente l’India, il Brasile, il Sudafrica e più in generale quelli che un tempo venivano chiamati paesi in via di sviluppo
Un’impresa ardua, ma che occorre perseguire, anche affidando mandati esplorativi come quello affidato da Papa Bergoglio al Cardinale Zuppi malgrado le sue recenti incomprensioni con Volodymyr Zelens’kyj e le sue meno recenti considerazioni non certo positive nei confronti dell’agire del Patriarca della Chiesa ortodossa di Mosca Kirill, ovvero Cirillo I
A quasi cinquant’anni dalla Conferenza di Helsinki i principi approvati dopo un lungo periodo di confronto diplomatico possono essere il punto di partenza per una nuova Conferenza in grado non solo di fotografare i nuovi equilibri geopolitici mondiali ma soprattutto di assicurare il ritorno ad una stagione di distensione in base a quella che nel linguaggio di allora veniva definita una “mutua comprensione” da parte di tutte le forze che compongono un nuovo ordine mondiale in ottica multipolare, anziché riprodurre – come avvenuto dopo Yalta Potsdam e Parigi – un lungo periodo di scontro bipolare – anche per interposti alleati – fra Oriente e Occidente, reiterando una sorta di nuova guerra fredda con un baricentro spostato dall’Atlantico al Pacifico.
Una seconda guerra fredda di cui ormai si sentono i sintomi e si avvertono gli umori in quel che rimane di quella che un tempo veniva definita “opinione pubblica”, attraverso le esternazioni più svariate che si possono rilevare nei social network.
Prova ne sia il comportamento di una certa stampa italiana che, come osservato da Giampiero Gramaglia, si straccia le vesti perché una nave cinese intercetta nello stretto di Taiwan una nave statunitense (a diecimila miglia nautiche dal suo territorio), mentre probabilmente giudicherebbe intollerabile che una nave cinese facesse ‘vedere la bandiera’ a poche miglia dalla California…
È lo stesso discorso per cui i kosovari possono secedere dalla Serbia, ma i serbi non possono secedere dal Kosovo, , come ci ha spiegato bene Giulio Ferlazzo Ciano.
A quali condizioni è possibile impedire il protrarsi di questa “guerra ucraina” che – sono parole di Sergio Romano – “sembra destinata a diventare una guerra europea con inevitabili contagi in altri continenti“?
Su questo tema Democrazia futura ha pensato bene di chiedere alle personalità coinvolte nel seminario promosso in collaborazione con Key4biz il 15 giugno 2023, di intervenire in questo dossier di approfondimento rispondendo ai sei interrogativi preliminari che avevamo loro sottoposto partendo dalla cronaca degli ultimi mesi e che qui riproduciamo
- La telefonata del premier ucraino a XI Jinping ha costituito un punto di svolta in vista di un cessate il fuoco o comunque una nuova fase dopo quella di escalation?
- La discesa in campo come mediatore del leader cinese riveste un significato specifico, ovvero una volontà politica cinese di porre fine al conflitto costringendo Russia Stati Uniti d’America, Ucraina e Unione europea “a più miti consigli” al fine di evitare il baratro, o è condizionata da altre contropartite nell’Asia-Pacifico da negoziare con gli Stati Uniti, in primis Formosa? Che valore ha rivestito la missione diplomatica a Mosca del rappresentante speciale per gli Affari Eurasiatici della Cina Li Hu?
- I servizi segreti ucraini sono all’origine del sabotaggio del Nord Stream e dei voli dei droni sopra Mosca? Chi li manovra? Forse i servizi del Regno Unito?
- Dopo il freddo diniego di Volodymyr Zelens’kyj in occasione della visita a Papa Francesco e l’annuncio al contrario di una controffensiva ucraina di primavera destinata ad essere cruenta, che margini ci sono per l’annuncio da parte della Santa Sede della missione a Kiev del Presidente della Conferenza Episcopale italiana Matteo Zuppi?
- I conflitti non sono solo in Ucraina ma tornano ad investire i Balcani. C’è chi non manca di fare un parallelismo vedendo il Kosovo come l’Ucraina dei Serbi. Sergio Romano si chiedeva ormai quasi due mesi fa sul Corriere della Sera se questi conflitti preludano allo scoppio della Terza Guerra Mondiale, notando le similitudini fra vecchi e nuovi imperi.
- L’irrompere della Cina rinvia semplicemente più in là il conflitto o segna rispetto a questo scenario un’inversione di tendenza? Che impatto sta producendo una superpotenza asiatica come la Repubblica Popolare cinese negli equilibri europei? Quali sarebbero i rischi per il Vecchio Continente nel caso di un successo diplomatico conseguito dalla Cina nella soluzione del conflitto fra Russia e Ucraina? A quali ingerenze rischieremmo noi europei di essere esposti in caso di “assistenza” politica e diplomatica di Pechino in una mediazione fra russi e ucraini?