Key4biz

Democrazia Futura. Alberto Asor Rosa nella storiografia della letteratura italiana

Giorgio Inglese

Democrazia futura riprende il discorso pronunciato dal professor Giorgio Inglese, suo allievo all’Università La Sapienza di Roma in occasione della cerimonia funebre[1] dedicata ad Alberto Asor Rosa – scomparso pochi giorni prima di Natale -, sottolineandone il ruolo “nella storiografia della letteratura italiana” considerata “vettore di modernizzazione e unificazione della nazione”. A tal proposito Inglese cita un saggio scritto da Asor Rosa nel 2009 “La “letteratura italiana” – concludeva – ha vissuto per sette secoli della propria mitizzazione ideologica, in un conflitto continuo e continuamente riassorbito con la singolare forza creativa dei “classici”. Avendo, per un lunghissimo periodo storico, sostituito la politica come vettore di unificazione e modernizzazione nazionale, la “Letteratura” ha largamente trasferito la sua specifica forma di mitizzazione ideologica alla “Nazione italiana” stessa, concorrendo notevolmente (in qualche tragico caso: decisivamente) alle contraddizioni del suo sviluppo dall’Unità a oggi”. 

_______________

Alberto Asor Rosa

Ho cominciato a seguire le lezioni di Alberto Asor Rosa nell’autunno del 1974, e da allora ho condiviso con lui una parte sempre più significativa della mia vita: lavoro scientifico, lavoro politico, amicizia – insomma, una certa idea di come si sta nel mondo.

Il testo della sua ultima lezione, 5 giugno 2003, pronunciata in un’Aula 1 gremita, fu pubblicato nel primo numero del nuovo Bollettino di Italianistica, appena da lui rifondato.

Ne traggo qualche riga, perché anche qui si risenta, attraverso le sue parole, il fascino del suo insegnare:

«… dalla lettura dei grandi [scrittori] traggo l’elisir che mi compensa delle molte amarezze della mia – e nostra – esistenza storica. Ma se non erro anche [nei] giovani vedo rivivere la passione che mi ha spinto tanti anni fa in questa direzione. Se fosse vero – ma io penso che lo sia – sarebbe molto importante: perché il segno della tradizione culturale, quando non sia impresso troppo brutalmente o esteriormente sulla carne dei giovani, è il simbolo di una continuità generazionale, che non potrebbe che far bene al nostro paese, sempre troppo incerto di sé e sempre troppo tentato di dissolversi. La letteratura, la “grande letteratura”, è uno dei canali più profondi e intensi di tale rapporto fra il passato e il presente. Le “forme” in cui si esprime continuano ancor oggi a congiungere il pensiero e l’estetica, l’elaborazione concettuale e il piacere dei sensi. Mettere insieme queste cose significa spingere verso un livello di vita superiore. Finché ci sarà chi proverà desiderio di questo, forse non saremo perduti».

Il poderoso lavoro scientifico di Asor Rosa non può qui essere esaminato analiticamente: certamente lo sarà, in diversa sede. Il 22 settembre del 2020, in quest’aula e in coincidenza col suo 87° compleanno, si presentava al pubblico il “Meridiano” intitolato alle Scritture critiche e d’invenzione di Asor Rosa. L’anno dopo uscì il bel libro su Joseph Conrad, L’eroe virile – che anche ci rammenta la sensibilità di Asor Rosa per la narrativa europea, a suo tempo testimoniata dal volume del 1971 su Thomas Mann.

Tra le forme che la asorrosiana “critica della Letteratura” ha assunto dagli anni Settanta a oggi, meritano attenzione particolare, credo, queste tre: l’analisi monografica; la costruzione di una “grande opera”; la “storia della letteratura italiana”.

L’applicazione “monografica” o “saggistica” a un autore o a un’opera è costante nel lavoro di Asor Rosa, da Scrittori e popolo (con i saggi su Cassola e Pasolini), alle Opere nella Letteratura Italiana Einaudi (Decameròn Ricordi Istoria del concilio tridentino, I Malavoglia, Pinocchio, Michelstaedter, Campana Lezioni americane) fino al Machiavelli del 2019.

Su questo versante, l’operazione critica di Asor Rosa tende a verificare, caso per caso, una modalità specifica di interpretazione dell’oggetto: non un “metodo” buono per ogni occasione, ma l’individuazione di ciò che di un testo è effettivamente affermabile (e falsificabile) secondo la sua propria e caratteristica struttura. Alla fine degli anni Settanta, Asor Rosa concepì e organizzò una “Grande Opera” collettiva: la Letteratura Italiana Einaudi, il cui primo volume uscì nel 1982. L’originalità della struttura si coglierebbe già nella mera sequenza dei titoli dei volumi: 1) Il letterato e le istituzioni (al volume Asor Rosa contribuiva personalmente con un saggio su Lo stato democratico e i partiti politici); 2) Produzione e consumo (1983); 3) Le forme del testo (1984); 4) L’interpretazione (1985); 5) Le Questioni (1986; comprendente il saggio di Asor Rosa sulla Fondazione del laico). Nel segmento successivo, in un certo senso, si “tirano le somme”, con la Storia e geografia della Letteratura Italiana (1987-89) e le Opere (1992-1996, di cui si è già detto).

Costante è stato nondimeno l’interesse di Asor Rosa per la forma pratico-didattica della storia letteraria narrativa, fin dalla mitica (fra noi studenti, ancora liceali) Sintesi del 1974. Non ripercorro la serie successiva di rielaborazioni. Vado subito a registrare il salto di qualità realizzato con la Storia europea della letteratura italiana del 2009. Qui, a mio modo di vedere, lo studioso trova una sua soluzione al problema costitutivo del “genere”: la definizione di uno specifico “problema” storiografico. A prescindere dall’irrinunciabile corredo informativo, questa Storia conquista un carattere realmente monografico, in quanto storia di un “movimento letterario” – quale effettivamente è stata la tradizione letteraria italiana dalla fondazione federiciana fino al compimento/dissolvimento che Asor Rosa constata nel presente. La “letteratura italiana” – concludeva – ha vissuto per sette secoli della propria mitizzazione ideologica, in un conflitto continuo e continuamente riassorbito con la singolare forza creativa dei “classici”. Avendo, per un lunghissimo periodo storico, sostituito la politica come vettore di unificazione e modernizzazione nazionale, la “Letteratura” ha largamente trasferito la sua specifica forma di mitizzazione ideologica alla “Nazione italiana” stessa, concorrendo notevolmente (in qualche tragico caso: decisivamente) alle contraddizioni del suo sviluppo dall’Unità a oggi

Non voglio concludere senza ricordare la sostanza più profonda, più tenace dell’amicizia che mi ha legato ad Alberto. Quella sostanza cui oggi è difficile dare un nome appropriato, e che in una lingua del passato si diceva la “posizione nella lotta di classe”.

Alberto amava molto Bertolt Brecht, e qualche anno fa scrisse un’Introduzione a una raccolta di liriche sue. Titolo molto significativo: Verità e poesia, ovvero: verità è poesia. Considerazioni sulla poliforme visione della lotta di classe nella poesia politica di B. B. Leggo le ultime righe del testo di Alberto:

«Il messaggio di B. B. è anche oggi chiarissimo. Se vuoi salvezza, non chinare la testa: e parla. Il mondo è sempre diviso in due: chi sta in basso e chi sta in alto. La distanza fra i due orizzonti di vita e di potere, se mai, rispetto al passato si è fatta sempre di più incommensurabile… Ancora oggi… solo chi è in conflitto matura il proprio “punto di vista” e formula la propria “posizione” … Non è impossibile, oltre che non inutile, evocarla e trovarla, e recuperare il “vero” che continua indubitabilmente a celarsi dietro la “menzogna”».

Wirklich, ich lebe in finsteren Zeiten[2]. Davvero, viviamo in tempi oscuri: Alberto, ci mancherai.


[1] Discorso pronunciato nell’Aula Magna dell’Università di Roma La Sapienza il 22 dicembre 2022 in occasione della cerimonia funebre

[2] Primo verso della poesia di Bertolt Brecht An di Nachgeboreren, (A coloro che verranno) raccolta nelle Gedichte (Poesie). Scritta nel 1939 può essere letta o ascoltata nella voce del poeta e drammaturgo tedesco al seguente link: https://www.lyrikline.org/de/gedichte/die-nachgeborenen-740. Leggine anche la versione italiana. CF. https://berlinomagazine.com/a-coloro-che-verranno-la-bellissima-poesia-di-bertolt-brecht-dedicata-alla-generazioni-future/#:~:text=Famoso%20%C3%A8%20l’incipit%20in,cui%20lo%20stesso%20Bertolt%20Brecht.

Exit mobile version