L’emergenza sanitaria generata dalla pandemia di Covid-19 ha avuto anche pesanti risvolti economici, oltre che sociali. L’Unione europea, a differenza di altre situazioni di crisi, pur con quale attrito iniziale tra gli Stati membri, ha reagito rapidamente e in maniera diversa rispetto al passato.
Tra le diverse iniziative annunciate in questi mesi così difficili, sicuramente va evidenziata la volontà di affrontare questa sfida anche da un punto di vista ambientale e climatico, con una maggiore attenzione alla green economy e le sue tecnologie.
Le sfide UE tra Covid-19 ed emergenza climatica
La scelta di fare dell’Unione europea il primo continente climate neutral entro il 2050, così come l’impegno per attuare un salto tecnologico senza precedenti e per contrastare le disuguaglianze, sono tasselli di un cambiamento di impostazione che si riflette chiaramente nel programma Next Generation EU (NGEU) e negli altri strumenti per la ripresa economica e sociale incluso il nuovo budget europeo.
A luglio 2020, l’accordo politico sul NGEU (750 miliardi) e sul nuovo budget europeo 2021-2027 (1.074 miliardi), confermano la centralità di indirizzare le risorse economiche sugli obiettivi di decarbonizzazione, introducendo una condizionalità per almeno il 30% del budget su azioni su climate change ed un principio di coerenza di tutto il programma di spesa rispetto alla policy climatica.
Per far ripartire l’economia e l’industria europea, per ridare fiducia ai consumatori e far sentire protetti i cittadini, le variabili clima, ambiente e transizione energetica diventano centrali per elaborare un efficace piano di rilancio.
Il Rapporto “Ossigeno per la crescita”
Come sostenuto dal nuovo Report “Ossigeno per la crescita”, pubblicato da Ref-E, il punto di partenza è l’anno 2020, alla fine del quale ci si attende una caduta del PIL dell’8,4%, una riduzione delle emissioni del 9%, un crollo degli investimenti al 16% del PIL, un forte impatto sul lavoro, una riduzione del reddito, un incremento delle diseguaglianze, un incremento della propensione al risparmio, un rapporto debito pubblico/PIL vicino al 160%.
L’innovazione necessaria non è solo quella tecnologica ma anche della policy che deve superare le fragilità del nostro sistema decisionale, riconoscere la decarbonizzazione come un’opportunità, tracciare una strategia coerente e solida nel tempo ed innescare l’effetto moltiplicativo degli investimenti privati.
Lo studio ha individuato a livello sistemico come centrale il ruolo della decarbonizzazione nella ripresa economica, con la necessità di riforme strutturali nei campi della fiscalità, di maggiore impiego della finanza sostenibile, dell’economia circolare, del Green Public Procurement e del lavoro.
I settori green strategici per il rilancio
Sei i settori strategici considerati chiave dai ricercatori: industria, efficienza energetica, sistema elettrico, trasporti, cibo e adattamento ai cambiamenti climatici.
Le risorse mobilitate dall’Europa permettono di innescare un livello di crescita e di nuova occupazione tale da poter mettere mano alle disuguaglianze attuali, frutto della crisi finanziaria del 2008.
Gli investimenti sono di fatto l’unica via per indirizzare il sistema produttivo verso una crescita sostenibile ed inclusiva. I fondi dell’Europa devono far crescere la fiducia di imprese e consumatori nello scommettere sulla decarbonizzazione.
Per attivare un volume significativo d’investimenti privati, è infine suggerito dallo studio, le politiche devono essere coerenti e la governance efficace senza incertezze sulla direzione della politica economica e nelle scelte per la transizione energetica.