l'intervista

De Leo: “Il futuro dell’auto? Un computer mobile in mano ai Big Tech e non più ai costruttori di automobili”

a cura di Raffaele Barberio |

Dobbiamo pensare alla mobilità futura come la sfida di questa generazione e dobbiamo guardare alle infrastrutture come il nuovo “sistema operativo” in grado di aggregare dati ed informazioni con una magnitudo ed un livello di granularità senza precedenti.

Consueto appuntamento settimanale con Francesco De Leo, Executive Chairman di Kauffman & Partners (Madrid) per parlare sì di mobilità e infrastrutture, ma con attenzione al perimetro di gioco, al metodo di guardare all’innovazione, ai cambi di paradigmi che devono trovarci aperti e pronti ad accogliere il cambiamento, piuttosto che incaponirci nella difesa della tesi di partenza.

Francesco De Leo
Francesco De Leo, Executive Chairman di Kauffman & Partners (Madrid)

Ne è venuta fuori la tradizionale e gustosa intervista a tutto tondo a cui Francesco De Leo ci ha abituati.

Key4biz. Oggi vorrei ritornare a sollecitarla sulla mobilità futura, un tema che è stato spesso al centro delle nostre conversazioni. In che direzione stiamo andando?

Francesco De Leo. La tendenza è chiara e sono sufficienti gli accadimenti di questo mese di maggio per evidenziare un’accelerazione verso un futuro al quale dobbiamo ancora prepararci. Gli investimenti in gioco hanno ovviamente una scala sovranazionale e occorre ripensare il ruolo che l’Italia deve giocare in Europa, per ritornare ad avere un ruolo centrale. Vorrei segnalare almeno tre segnali. Il primo è l’annuncio Herbert Diess, presidente di Volkswagen-Audi Group, il quale ha annunciato che la mobilità elettrica è al centro degli investimenti del gruppo e che intende rafforzare le competenze tecnologiche per disegnare “in-house” l’architettura dei nuovi microprocessori per lo sviluppo della guida assistita, non diversamente da quanto fatto da Tesla.  Il secondo è che Huawei ha nominato Richard Yu, il proprio “tech zar”, a capo della divisione automotive. Il terzo è che Carlos Tavares, amministratore delegato del Gruppo Stellantis (FCA-Peugeout-Opel), ha annunciato lo scorso 4 maggio che FCA non ha più bisogno di comprare i carbon credits da Tesla.  Una decisione importante, se si pensa che nel 2019 e poi nel 2020 FCA (Fiat Chrysler Automobiles) ha acquistato crediti verdi da Tesla rispettivamente per 594 milioni di dollari e 1,58 miliardi di dollari, per un totale di quasi 2,2 miliardi di dollari, al solo scopo di riuscire a rientrare nei limiti delle emissioni di CO2 previste in Europa e negli USA.

Key4biz. Quale sarà il campo di gioco su cui si competerà?

Francesco De Leo. Intelligenza artificiale, centralità dei dati e batterie di nuova generazione (energy storage). Tre piattaforme di innovazione al centro di un confronto competitivo senza precedenti, che trova nelle infrastrutture di rete come l’energia, le telecomunicazioni e le autostrade, il proprio campo di battaglia. D’altronde, non potrebbe essere diversamente perché sta crescendo   la pressione dei mercati e delle istituzioni internazionali per la progressiva de-carbonizzazione dei settori chiave delle nostre economie come mai registrato in passato. Considerato che di questo passo difficilmente sarà possibile portare a compimento entro il 2030 gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs, Sustainable Development Goals) fissati dalle Nazioni Unite, è chiaro che l’accelerazione che ha interessato l’elettrificazione dell’automobile sta diventando la sfida chiave, perché da questo dipende il 20% delle emissioni di CO2 su scala globale. È una guerra contro il tempo, che vedrà favoriti i settori ed i Paesi che sapranno affermarsi come catalyst di innovazione. È lì si concentreranno gli investimenti. Né si torna indietro. L’Italia potrebbe giocare un ruolo determinante mettendo a frutto le risorse del Next Generation EU.

Key4biz. Questo cosa vuol dire, che il confronto competitivo fra le Big Tech si stia velocemente spostando sull’automotive?

Francesco De Leo.   Si, e non da oggi. È una rivoluzione che arriva da lontano. Ricordo che già a cavallo fra il 2005 e il 2006 nei laboratori del Computer Science Department alla UCLA (University of California Los Angeles) si parlava con insistenza di una riunione organizzata da Joe Chambers (all’epoca amministratore delegato di Cisco) che aveva chiamato urgentemente a raccolta la prima linea manageriale per raddoppiare gli investimenti sulla connettività fra autoveicoli. La notizia era trapelata fra gli addetti ai lavori. Non dimentichiamoci che molti degli ingegneri di Cisco a San Jose in California sono italiani (e provengono in larga misura dal Politecnico di Torino). Successivamente, solo qualche mese dopo, anche se la notizia non è stata mai ripresa dalla stampa “mainstream”, si diceva che Warren Buffett avesse chiamato a raccolta a Omaha alcuni degli investitori più importanti in Berkshire Hathaway, per la preoccupazione crescente che la leadership globale delle aziende big-tech poteva avere un impatto dirompente sull’evoluzione dell’automobile. Se questo trend fosse stato confermato, gli investimenti in GEICO (General Insurance Corporation), che opera nel settore assicurativo e fino a quel momento il “motore” di sviluppo di Berkshire Hathaway, sarebbero stati a rischio. Si narra anche che Warren Buffett per la prima volta dovette ammettere di essere fortemente preoccupato dell’accelerazione dell’evoluzione tecnologica, che prometteva di impattare in modo trasversale su settori che fino a quegli anni non avevano dovuto fare i conti con un cambio radicale di paradigma competitivo. Quindi direi che già 10-15 anni fa era possibile individuare i primi segnali “deboli” del cambiamento che stiamo ora vivendo nel suo impatto pervasivo anche nel nostro quotidiano. D’altra parte, quando le notizie si leggono sui giornali è già molto tardi perché vuole dire che le dinamiche del cambiamento si stanno già affermando, chiudendo spazi di manovra e riducendo i margini di recupero per chi è rimasto indietro.

Key4biz. E ora a che punto del percorso siamo?

Francesco De Leo. “La cosa migliore del futuro è che arriva solo un giorno per volta”, diceva Abraham Lincoln. Il problema è che sono passati molti giorni da quel lontano 2005 in cui si poteva percepire un fermento come mai si era percepito in passato in Silicon Valley. Siamo già più avanti di quanto siamo disposti a riconoscere. Intelligenza artificiale e centralità dei dati sono diventati il “game changer” per definizione. Sono il terreno in cui le Big-Tech esprimono al meglio la loro capacità di innovazione seriale. L’elettrificazione dell’automobile ha dato un impulso senza precedenti alla trasformazione in corso, perché consente di “catturare” una quantità di dati esponenziale, in grado di abbassare i costi per “allenare” gli algoritmi di intelligenza artificiale, che sono chiamati a risolvere problemi sempre più complessi. Così dalla centralità della meccanica, dall’aerodinamica all’evoluzione dei combustibili di origine fossile (o del biofuel di nuova generazione) si è passati ai Big Data. La competizione non è più tech-based, centrata sui miglioramenti incrementali delle tecnologie esistenti, come nel caso dei biorcarburanti, ma è concentrata sulla scienza, è science-based. È un cambio di paradigma che trova il suo punto di forza negli avanzamenti delle scienze computazionali (computational sciences), nello sviluppo della chimica e nella scienza dei nuovi materiali, che sono alla base del cambio di passo a cui stiamo assistendo, ad esempio, nello sviluppo delle batterie di nuova generazione. Ma non dobbiamo dimenticare che tutto questo si è materializzato anche per la pressione crescente dei mercati e delle istituzioni internazionali per gettare le basi di una progressiva de-carbonizzazione delle nostre economie come richiesto dagli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile (UN SDGs).

Key4biz. Apple, Google, Huawei, Uber, parliamo di titani in lotta capaci di mangiare tutto ciò che trovano intorno. Ci sono spazi ancora aperti alla competizione?

Francesco De Leo. Ha detto giusto, usando il termine più emblematico. TITAN è il nome del progetto iniziato nel lontano 2014 da Apple per presidiare lo sviluppo dell’auto elettrica di nuova generazione. Non sono disponibili notizie ufficiali al momento, ma risulterebbe che già da molti anni, in una struttura inaccessibile e tenuta segreta, ci siano al lavoro più di mille ingegneri. Quello che è certo è che il progetto è stato affidato a John Giannandrea, l’executive di massimo livello di Apple nel campo dell’intelligenza artificiale, e non è un caso. Le Big Tech stanno rapidamente reclutando le migliori risorse sul mercato per sviluppare gli algoritmi di intelligenza artificiale in grado di trasformare l’automobile nella più avanzata piattaforma tecnologica disponibile nell’uso di tutti i giorni. Non sono passati molto più di 10-15 anni e direi che siamo ancora nelle fasi iniziali dell’attuale confronto competitivo. I giochi non sono fatti, ma non si può perdere tempo. In questo senso, l’Europa ed il nostro paese possono ancora giocare un ruolo chiave, nella misura in cui ci si impegni a procedere spediti a ridefinire il ruolo delle reti e delle infrastrutture. Non è solo un problema di “car-to-car communication”, di interazione fra veicoli in movimento, ma è una sfida che riguarda lo sviluppo di infrastrutture ibride (hybrid-infrastructures), in grado di fare dialogare la rete elettrica, con la dorsale autostradale e con le reti di telecomunicazioni.

Key4biz. Insomma dobbiamo cambiare le lenti con cui guardiamo al mondo, a questo mondo?

Francesco De Leo. Dobbiamo pensare alla mobilità futura come la sfida di questa generazione e dobbiamo guardare alle infrastrutture come il nuovo “sistema operativo” in grado di aggregare dati ed informazioni con una magnitudo ed un livello di granularità senza precedenti. Il problema dell’Europa è che non si è stati in grado di dare una risposta alle Big Tech americane e cinesi, anche per i problemi di un ritardo strutturale del settore delle telco, che gravato nel tempo dalla legacy del debito non è stato in condizioni di stare al passo del cambiamento. Ciò ha determinato una generalizzata avversione al rischio proprio quando era necessario invece riagganciare il treno dell’innovazione. Non si può rispondere alla sfida delle Big Tech, in grado come abbiamo visto di attrarre le menti più brillanti che operano nel campo dell’intelligenza artificiale, puntando solo sulla finanza. Di questo passo non si va molto lontano. Sono convinto che in Europa si stia ritrovando una nuova consapevolezza del ruolo centrale delle reti e dell’intelligenza artificiale. Si sta aprendo un nuovo corso e al centro ci sono i protagonisti del settore dell’energia e delle infrastrutture. Il ruolo che una volta potevano giocare le telco europee ricade oggi come responsabilità sulle spalle degli operatori di torri di telefonia mobile, come Cellnex Telecom ed InWit, in grado di guidare lo sviluppo del 5G. D’altronde la de-verticalizzazione del settore non lascia molti margini di interpretazione, anche perché nella sostanza è un fenomeno comparabile a quello che ha portato allo sviluppo dell’industria del PC a metà degli anni Novanta. Le infrastrutture intelligenti sono il nuovo tessuto connettivo delle nostre economie e hanno bisogno di un nuovo “sistema operativo” al passo con i tempi.

Key4biz. Perché proprio in questi mesi le Big Tech stanno venendo allo scoperto, giocando una scommessa così rilevante sul futuro dell’automobile?

Francesco De Leo. Perché è proprio quando si stanno definendo le regole del gioco che i giocatori entrano in partita per cercare di influenzare gli assetti di governo che determineranno le posizioni di controllo. La pandemia, non dimentichiamo, ha progressivamente determinato anche una modifica strutturale dei comportamenti e delle attese dei consumatori. Se c’è una cosa che le Big Tech sanno fare benissimo è quella di giocare d’anticipo. Chi comprerebbe oggi un’auto nuova se non fosse convinto di fare una scommessa sul futuro, che ne preservi il valore? Così come la pressione generalizzata sulla de-carbonizzazione delle nostre economie sta materializzandosi più rapidamente del previsto. Il settore automobilistico e dei trasporti rappresenta 20% delle emissioni di CO2 su scala globale: ogni secondo, un miliardo e quattrocento milioni di automobili in circolazione scarica nell’atmosfera terrestre 1000 tonnellate di CO2. Il 90% delle merci che oggi viaggia via mare aggiunge un ulteriore 3% di CO2 alle emissioni globali e alla data del 2019 la metà delle flotte di trasporto aveva un’età media superiore ai 14 anni.

Key4biz. Allora non è sufficiente cambiare solo le lenti, occorre cambiare strumenti e decidere di entrare in partita…

Francesco De Leo. Non si può entrare nel futuro utilizzando tecnologie del secolo scorso. È convinzione diffusa che non ci sia più molto tempo disponibile e non bisogna sottovalutare che l’opinione pubblica è sempre più orientata a premiare gli sforzi mirati al “net zero”, ovvero alla progressiva riduzione di CO2 nell’atmosfera. Le Big Tech hanno intercettato il trend prima di altri e si sono posizionate in anticipo. L’Europa può rispondere con il Next Generation EU, avviando la più grande campagna di trasformazione delle reti di trasporto e delle infrastrutture dai tempi del Piano Marshall. Tutto questo sarà possibile solo se si sapranno mettere in gioco le risorse migliori. Quando Huawei sceglie il proprio “tech zar” per guidare la divisione automotive ed Apple affida la responsabilità degli investimenti del progetto TITAN al numero uno nell’intelligenza artificiale non si può pensare di rispondere con scelte di basso profilo. È una sfida da Champions League, non una partita a calcetto fra amici. Non basta indossare la maglia del Real Madrid per sentirsi come uno dei “galacticos” al Santiago Bernabeu e non basta una stampa nazionale “amica” per sentirsi automaticamente promossi fra i leader del cambiamento. Si deve passare dalla “narrativa” ai fatti, dagli annunci alle scelte, dagli slogan utili solo per i titoli dei giornali di domani alla selezione delle priorità, senza le quali non c’è un futuro possibile, ma solo un lento, irreversibile declino verso posizioni di retroguardia. Si dice che nella finanza, come nella comicità, la scelta dei tempi è tutto. È così anche questa volta. Il futuro è adesso ed occorre essere determinati nel condividere un impegno comune per realizzarlo, perché, come diceva J.F. Kennedy, “non ci può essere progresso, se le persone non hanno fiducia nel domani”.

Key4biz. Quali sono le lezioni chiave che arrivano dall’esperienza delle Big Tech?

Francesco De Leo.   Sono essenzialmente tre. Il primo è che occorre avere un focus ben preciso e rinunciare a tutto ciò che è fuori dal cono d’interesse. Il secondo è che occorre perseguire obiettivi chiari ed ambiziosi, in grado di cambiare il mondo. Infine serve quello che in gergo viene definito “bliztscaling” (termine coniato da Reid Hoffman, fondatore di PayPal e di LinkedIn), ovvero la capacità di crescere su scala globale in poco tempo. Non c’è più spazio per progetti che hanno una dimensione solo nazionale. I mercati lo sanno molto bene e penalizzano gli attori che non possono ambire a crescere fuori dal proprio mercato di origine. Aggiungerei anche un fattore in più, che è la consapevolezza diffusa che i progressi nell’intelligenza artificiale e la crescita esponenziale dei dati acquisibili con una granularità senza precedenti trasformano il mondo fisico delle infrastrutture in un mondo virtuale iperconnesso, nel quale la centralità dei dati è al cuore del confronto competitivo.  Dopo 20 anni in cui il PC è stato al centro dello sviluppo e del nostro vissuto quotidiano per poi essere sostituito dal telefono mobile, così oggi l’automobile elettrica ha sostituito lo smartphone come piattaforma tecnologica più avanzata al mondo. È per questo motivo che le Big Tech sono scese in campo, come hanno fatto Apple, Samsung, Amazon, Xiomi e Huawei.

Key4biz. Dall’ottano al Kwh, il tutto condito con tonnellate di dati?

Francesco De Leo. No, dobbiamo andare oltre. La questione fondamentale non è tanto la semplice sostituzione del motore a combustione interna con un motore elettrico. Non è solo un problema di transizione dai combustibili fossili a quelli sintetici (o ai biocombustibili). È una sfida diversa dal passato, perché si gioca da subito su scala globale, con investimenti senza precedenti su tre direttrici differenti, ma fra loro strettamente interconnesse.

Key4biz. Quali?

Francesco De Leo. La prima una nuova classe di microprocessori (GPUs e TPUs). La seconda è l’applicazione pervasiva dell’intelligenza artificiale e degli algoritmi di machine learning. Infine la terza si colloca nel contesto della nuova frontiera dell’energy storage, nello sviluppo delle batterie di nuova generazione. Ma tutto questo può realizzarsi solo all’interno di un sistema iperconnesso di infrastrutture intelligenti, in grado di integrarsi fra loro senza soluzione di continuità, come se fossero un unico super-computer.

Key4biz. Se penso agli esclusi dal grande gioco, mi chiedo come ci si può rimettere in carreggiata in una partita già iniziata?

Francesco De Leo. Si deve “saltare” direttamente al secondo livello di gioco. È un po’ come quando nelle competizioni di salto con l’asta i campioni a volte attendono di entrare in gara saltando uno o due turni. Una scelta rischiosa, ma in più di un’occasione si è rivelata una scelta vincente. Ora è chiaro che cambiando il terreno di confronto competitivo cambiano anche le regole del gioco. Nel caso della mobilità di nuova generazione la base installata diventa una barriera competitiva, che può mettere in serie difficoltà chi si trova costretto ad inseguire. Il caso di Tesla è emblematico. Ogni suo modello in circolazione è un computer collegato in rete, e quindi Tesla è in grado di controllare da remoto la customer experience, grazie alla completa visibilità e controllo della sua base istallata. A tutti gli effetti, fa esattamente quello che avrebbe dovuto fare una società di telecomunicazioni.

Key4biz. Con quali prospettive di crescita?

Francesco De Leo. In realtà, quando pensiamo all’auto elettrica come una piattaforma applicativa, le possibilità di crescita di margini e ricavi non sono più collegate come avveniva in passato all’evoluzione dell’asset class di origine, ovvero l’automobile (nelle sue differenti declinazioni), ma entrano in una nuova sfera di possibilità, legate dinamiche evolutive delle Big Tech. Già oggi Tesla ha un margine operativo lordo del 20,9% (escludendo gli incentivi fiscali, tax credit), quando i leader del settore come Daimler e BMW sono intorno al 18-19%. Sulla base della Legge di Wright e considerando la proiezione nel tempo del numero di unità prodotte, Tesla dispone ancora di margini di crescita importanti, che difficilmente sono alla portata dei produttori tradizionali e che nel 2025 potrebbero arrivare vicini alla soglia del 40%. Ma c’è altro.

Key4biz. Cosa?

Francesco De Leo. Tesla potrebbe decidere di offrire servizi assicurativi per la flotta dei suoi veicoli in circolazione. Grazie al monitoraggio dei dati di guida in tempo reale, ad una base installata che aggrega una quantità di dati che cresce esponenzialmente con il numero di auto in circolazione, ed un profilo di sicurezza dei propri veicoli superiori alle media del settore, Tesla si trova nelle condizioni ideali per “modulare” il pricing in maniera dinamica, a seconda delle modalità di utilizzo ed allo stile di guida, con un livello di precisione non comparabile rispetto alle case assicurative tradizionali. Per farsi un’idea, basti pensare che la compagnia assicurativa più volte citata da Warren Buffet come il più temibile dei competitor per GEICO, registra un margine del 13% sull’EBIT (earning before interest and taxes). In linea di tendenza, grazie alla possibilità di controllare la propria base installata, si può ipotizzare che Tesla sia in grado di offrire un pacchetto assicurativo con un 40% di margine sull’EBIT. Se solo Tesla riuscisse a collocare una polizza assicurativa al 40% della propria base installata, si stima che sarebbe in grado di aggiungere altri 23 miliardi di dollari di ricavi da qui al 2025 ed è una stima conservativa. Questo è solo un esempio. Come nel caso dell’ecosistema di applicazioni che è cresciuto intorno all’I-Phone, così è facile ipotizzare che la sfera dei servizi collegati alla mobilità di futura generazione continui ad espandersi nel tempo. Ecco perché il gap fra chi è nelle condizioni di crescere rapidamente in termini di base installata e chi rimane indietro è destinato ad allargarsi nel tempo.

Key4biz. È per questo che l’Europa deve mettersi in gioco subito, lei insiste molto sulle infrastrutture, perché?

Francesco De Leo. Perché costituiscono l’ultimo campo di gioco che possiamo ancora controllare. Bisogna sempre chiedersi che cosa è sotto il nostro controllo e quello che non lo è o non lo è più o forse non lo è mai stato. Se non ricordo male, Andy Grove (già Ceo di Intel) era uso ripetere che “se incontri Gary Kasparov (ndr. campione del mondo di scacchi dal 1985 al 2000) non lo devi certo sfidare a giocare a scacchi”. Una buona massima, che vale sempre la pena di ricordare. Qualche volta per vincere una partita occorre cambiare il terreno di gioco. La trasformazione del mondo fisico delle infrastrutture in reti intelligenti è l’ultima chance che ha l’Europa per rilanciare una nuova stagione di innovazione. Di fronte allo strapotere delle Big Tech possiamo, forse, riprendere in mano il controllo del nostro destino, se ci impegniamo a trasformare le infrastrutture fisiche nella più avanzata piattaforma di innovazione della nostra epoca. La partita è appena iniziata. È importante solo non rimanere pigramente sugli spalti a guardare gli altri che giocano. Il futuro corre veloce, ma ci è stata data una seconda possibilità. Sta solo a noi giocare la partita al meglio delle nostre possibilità. Indietro, lo ripeto ancora una volta, non si torna.

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