I dazi di Trump sono stati già applicati su un flusso di 1,4 trilioni di dollari di beni in entrata negli USA
La politica commerciale americana centrata sui dazi ed inaugurata con la nuova amministrazione guidata da Donald Trump, ha scatenato una reazione a catena nei consigli di amministrazione delle grandi aziende, costringendole a rivedere modelli produttivi e strategie di mercato.
Nelle prime settimane del suo mandato, Trump ha imposto dazi su circa 1,4 trilioni di dollari di beni importati da Canada, Messico e Cina, un valore tre volte superiore ai 380 miliardi di dollari di merci cinesi colpite nel suo primo mandato. Sebbene in seguito abbia ridotto l’impatto delle misure per Canada e Messico, l’incertezza ha già inciso pesantemente sui mercati finanziari, con il crollo di Dow Jones, Nasdaq e S&P500 dei primi giorni di questa settimana, facendo sbandare molte corporations.
È bastato che il Presidente USA affermasse pubblicamente “siamo in un periodo di transizione economica”, che immediatamente le borse nordamericane e poi anche europee hanno reagito con crolli dei titoli e forte instabilità, per poi solo nelle ultime ore mostrare segni di deboli rimbalzi.
“Il mondo intero ci deruba“, ha poi postato oggi sul suo social Truth, dopo aver minacciato dazi del 200% sui vini europei.
Il problema è che secondo gli esperti, “le probabilità di una recessione negli Stati Uniti sono piuttosto alte per il 2025“. L’ipotesi l’ha confermata anche Stephen Henn, professore associato di economia alla Sacred Heart University, aggiungendo: “Se la riduzione della spesa pubblica non sarà compensata da un aumento della spesa dei consumatori, degli investimenti aziendali e/o delle esportazioni nette, allora è molto probabile che assisteremo a questo processo di avvitamento dell’economia nazionale“.
Le grandi aziende pronte all’esodo dall’Europa agli Stati Uniti
Le ripercussioni sono evidenti in numerosi settori. Nel comparto automobilistico, aziende come Stellantis e Volkswagen stimano una riduzione degli utili pari a 5,21 miliardi di euro a causa dei dazi sulle importazioni dal Messico e dal Canada. Il CEO di Volvo Car, Jim Rowan, ha dichiarato che una possibile tariffa del 25% sulle importazioni dall’Unione europea potrebbe costringere l’azienda ad aumentare la produzione negli Stati Uniti, sfruttando la capacità produttiva dello stabilimento di Charleston.
Anche l’industria farmaceutica è in allerta. Eli Lilly & Co. ha annunciato un investimento di almeno 27 miliardi di dollari per costruire quattro nuovi impianti negli Stati Uniti, tre dei quali destinati alla produzione di principi attivi. Pfizer, con dieci stabilimenti in Europa, teme l’impatto dei dazi sull’Unione Europea. Richard Saynor, CEO della svizzera Sandoz, ha avvertito che le nuove tariffe potrebbero portare a un aumento dei prezzi dei farmaci e a difficoltà di accesso per i pazienti.
Le tariffe sono come una tassa per le imprese (e i consumatori)
I rivenditori americani, tra cui Walmart e Target, stanno cercando di trasferire parte del peso finanziario ai fornitori cinesi, chiedendo riduzioni dei prezzi fino al 10%. Temu, gigante dello shopping online, sta rivedendo il proprio modello logistico, costringendo le fabbriche cinesi a spedire in blocco i prodotti negli Stati Uniti per evitare costi proibitivi.
Nel settore manifatturiero, Michelin sottolinea la complessità di trasferire la produzione negli Stati Uniti. Il CEO Florent Menegaux ha spiegato che un impianto per pneumatici richiede un investimento minimo di 600 milioni di dollari e almeno tre anni prima di entrare in funzione. Analogamente, Continental, Schaeffler e Valeo hanno già annunciato che i costi aggiuntivi saranno scaricati sui consumatori.
Le politiche tariffarie di Trump mirano a ridisegnare l’economia americana, incentivando la produzione locale. Tuttavia, il costo di questa strategia grava pesantemente sulle imprese e sui consumatori, mentre il mondo degli affari continua a navigare in un mare di incertezze e adattamenti forzati.
L’Unione europea ha risposto rapidamente alla sfida tariffaria, affermando che ha in programma di annunciare contro-tariffe su 26 miliardi di euro di beni statunitensi a partire da aprile. Le contromisure sono progettate per “proteggere le aziende, i lavoratori e i consumatori europei dall’impatto di queste ingiustificate restrizioni commerciali”, ha affermato la Commissione europea in una nota.