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Dazi, la Cina è (molto) più protezionista di Usa e Ue

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In media i dazi cinesi ammontano al 7,5%, mentre quelli europei al 5% e quelli americani al 3,3%. Poi ci sono altri Paesi emergenti del Sud del Mondo, come l’India, con un livello dei dazi altissimo, in media di ben il 12%.

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Pechino li impone sull’abbigliamento, Bruxelles su carne e formaggi

Se di dazi, contro la Cina o altre economie, emergenti e non, si parlava già da tempo, con la vittoria di Donald Trump alle elezioni Usa, ora il tema diventa di stretta attualità. La nuova amministrazione Usa imporrà veramente tariffe del 10% o persino del 20% a tutte le importazioni, incluse quelle dall’Europa? Aumenterà al 60% quelle nei confronti dei prodotti cinesi, arrivando al 100% nel caso delle automobili? Cina, Ue le altre economie mondiali reagiranno con analoghi incrementi delle tariffe applicate?

Quello che è certo è che, se messi in atto, questi dazi avranno un impatto sul commercio internazionale ben superiore a quello delle tariffe sulle auto elettriche cinesi, e non solo, già decisi dalla Commissione Europea. A fine ottobre, infatti, dopo un’intensa discussione, è stato deciso di imporre dazi aggiuntivi a quelli già esistenti del 10%, fino a un massimo del 35,3% per quei costruttori che non hanno collaborato alle indagini Ue sulle sovvenzioni di Stato alle imprese dell’automotive. Nel complesso le tariffe arriveranno al 45,3% per SAIC e altre aziende, al 27% per BYD e al 17,8% per Tesla.

Con i possibili provvedimenti americani, però, ci sarebbe un vero e proprio salto di qualità. È evidente dai numeri dei dazi attuali, che mostrano come attualmente quelli applicati da Ue e Usa in realtà non siano cresciuti negli ultimi anni e siano più bassi di quelli applicati dalla Cina e da altre economie emergenti

I dazi della Cina sono più alti di quelli Usa ed europei

È la World Trade Organization, Wto, che supervisiona gli accordi commerciali tra i Paesi, a fornire i numeri dettagliati delle tariffe applicate alle migliaia di linee di prodotti esportati e importati, spesso ognuna con un suo dazio apposito.

In media i dazi cinesi ammontano al 7,5%, mentre quelli europei al 5% e quelli americani al 3,3%. Certo, le tariffe applicate dalla Cina sono diminuite nel tempo, fino al 2018 sfioravano il 10%, mentre quelli di Ue e Usa sono rimasti stabili, ma persiste un gap significativo. La differenza rimane anche se a essere calcolata non è la media aritmetica pura tra tutti i dazi applicati, ma quella pesata in base alla quantità di prodotti effettivamente importata, ovvero se si dà alla tariffa di un prodotto di cui si acquistano 1000 tonnellate il doppio di importanza di quella di un altro di cui se ne importano 500. In questo caso il dazio medio cinese è del 3%, in discesa rispetto, per esempio, a quello del 5,2% del 2017, come si vede nel nostro grafico, ma quelli Ue e Usa sono del 2,7% e del 2%.

Ma quelli indiani superano tutti

Tuttavia non ci sono solo Cina, Usa e Ue, nonostante insieme producano un Pil di 66 mila 900 miliardi, il 60,8% di quello mondiale totale. Ad affacciarsi sulla scena mondiale, anche nel commercio, sono altri Paesi emergenti del Sud del Mondo come l’India, ma in questo caso il livello dei dazi è altissimo, in media di ben il 12%, per giunta in aumento negli ultimi anni, visto che 10 anni fa, nel 2024 era quasi della metà, del 6,2%.

Un altro dato, forse sorprendente, è quello della Corea del Sud, ormai un Paese avanzato che si è affermato come forte esportatore di prodotti tecnologicamente avanzati negli ultimi decenni: ebbene, le tariffe coreane sono dell’8,4%, il triplo di quelle europee, e anch’esse sono cresciute nell’ultimo decennio.

L’Europa protegge carne, prodotti caseari e abbigliamento

Queste sono le medie dei dazi su migliaia di linee di prodotto, ma per ognuna di esse ogni economia può applicare tariffe molto diverse. Emerge molto chiaramente, per esempio, come l’Unione Europea sia particolarmente attenta proprio al settore agricolo, in particolare all’ambito dei prodotti animali e caseari, in cui i dazi arrivano rispettivamente al 15,6% e al 29,8%. La Cina applica per questi comparti mediamente il 13,2% e il 12% e gli Usa il 2,1% e il 16,8%. Su latte e formaggi, però, tutti i Paesi sono particolarmente protezionisti: India, Giappone e Corea del Sud, per esempio, fanno pagare rispettivamente il 35,2%, il 65,4% e il 57,9%, livelli simili a quelli che imponeva l’Ue in precedenza, visto che fino al 2013 i suoi dazi in questo comparto superavano il 50%.

Le tariffe europee sono maggiori di quelle cinesi anche nell’abbigliamento, 11,5% contro 6,8%, ma in questo caso gli Stati Uniti superano entrambi, con l’11,7%. Viceversa la Cina risulta più protezionista dell’Ue oltre che degli Usa nell’ambito delle calzature, con dazi medi del 10,6% mentre quelli europei e americani sono del 4,1% e del 4%.

I dazi della Cina sulle auto sono 6 volte maggiori di quelli americani

Ma a infiammare il dibattito degli ultimi anni sono stati soprattutto i dazi, presenti e futuri, sui prodotti industriali, dai macchinari alle automobili. In questo caso la situazione attuale vede la Cina applicare tariffe decisamente maggiori di quelle dei suoi concorrenti: nel vasto e variegato macro-settore dei macchinari elettrici, in media impone alle aziende che esportano nel Paese tariffe del 5,1%, contro quelle dell’1,9% della Ue e dell’1,2% degli Usa. Quelle cinesi superano anche le coreane, che sono del 4,7%.

Nel caso delle automobili, poi, i dazi della Cina arrivano mediamente al 15%, cioè sono sei volte più alti di quelle Usa, 2,5%, e maggiori di quelli europei, del 9,8%, nonché delle tariffe coreane, all’8% e naturalmente di quelle giapponesi, che sono zero.

Gli Usa hanno il record di prodotti duty free ma anche di misure anti-dumping

Viceversa oggi gli Stati Uniti sono una delle grandi economie con la maggiore percentuale di linee di prodotti duty free, su cui, cioè, non è applicato nessun dazio. Sono ben il 47,5%, un dato che è rimasto piuttosto stabile negli ultimi anni, mentre per l’Unione Europea si scende al 29,3% e in Cina solo al 9,7%. Solo il Giappone supera gli Usa, con il 53,9%. Nonostante nei vari consessi mondiali sia la leadership cinese a chiedere la permanenza del libero commercio, oggi a essere più protezionista è proprio la Cina e questi ultimi numeri, più di altri, lo mostrano chiaramente.

Gli Usa, invece, primeggiano in altre misure che puntano a limitare l’importazione di determinati beni e che non si traducono sempre in tariffe percentuali. Un esempio sono le misure anti-dumping, che puntano a contrastare l’acquisto di prodotti che, si ritiene, un Paese come la Cina vende sotto costo per conquistare quote di mercato. Gli Usa hanno messo in atto, secondo i dati del Wto che però si fermano al 2020, ben 359 iniziative di questo tipo, che si tratti di tariffe molto alte o di limiti quantitativi all’importazione o dell’imposizione di un prezzo minimo. I cinesi e gli europei, invece, hanno implementato 106 e 119 misure anti-dumping, preferendo, evidentemente, dazi generalizzati più elevati.

Che effetti avrebbero sull’Italia i dazi contro la Cina e la Ue di Trump?

Oggi con la vittoria di Donald Trump le cose potrebbero cambiare in modo anche molto netto, sempre che rispetti le sue promesse di applicare in modo ampio e generalizzato i dazi contro la Cina e gli altri Paesi, tra cui l’Ue. Quale sarebbe l’impatto sul nostro Paese, che ha un saldo commerciale attivo e dipende dalle esportazioni? Il 10,5% di queste va proprio negli Stati Uniti e nel caso dell’automotive e del settore farmaceutico si arriva oltre il 16%. C’è allarme soprattutto dove il commercio con gli Usa conta molto, come in Abruzzo, dove il 20,5% delle vendite all’estero finiscono Oltreoceano, o in Friuli Venezia Giulia, dove è il 16,6% dell’export a prendere la via del mercato americano.

Tariffe Usa al 60% contro la Cina potrebbero avvantaggiarci

Tuttavia un’analisi della London School of Economics mostra come l’applicazione rigorosa dei dazi promessi da Trump nel caso italiano avrebbe un effetto neutro se non positivo, al contrario di quello che avrebbe sulle altre economie. Il motivo risiede nella differenza tra le tariffe applicate ai prodotti europei e quindi italiani, il 10%, e quelle imposte ai cinesi, il 60%, il 100% nel caso delle auto. L’Italia è concorrente della Cina più di altri Paesi nel commercio verso gli Stati Uniti, si pensi al comparto tessile o dei trasporti, e verrebbe favorita dall’aumento molto più accentuato del costo dei prodotti cinesi, riuscendo in alcuni casi a sostituirli nel mercato americano. Andrà veramente così?

I dati si riferiscono al 2023
Fonte: Wto

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