Nuovo doppio fronte aperto, in Italia dall’Antitrust e nella Ue da parte dei Garanti Privacy dei 28 Stati membri, sulla controversa cessione dei dati di WhatsApp alla casa madre Facebook. Dopo l’apertura dell’istruttoria del Garante Privacy italiano a fine settembre, oggi anche L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha avviato due procedimenti istruttori nei confronti della piattaforma di messaggistica istantanea per presunte violazioni del Codice del Consumo. Intanto in Europa l’Article 29 Working Group, che raccoglie i Garanti Privacy europei, ha bloccato la condivisione dei dati in attesa di chiudere la sua indagine per approfondire i risvolti in materia di protezione dati legato alla nuova policy sulla privacy di WhatsApp.
Antitrust: ipotesi clausole vessatorie cessione dati a Facebook
Un primo procedimento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm) è diretto ad accertare se WhatsApp abbia di fatto costretto gli utenti di WhatsApp Messenger ad accettare integralmente i nuovi Termini contrattuali, in particolare la condivisione dei propri dati personali con Facebook, facendo loro credere, con un messaggio visibile all’apertura dell’applicazione, che sarebbe stato, altrimenti, impossibile proseguire nell’uso dell’applicazione medesima. L’effetto di condizionamento sarebbe stato, peraltro, rafforzato dalla prespuntatura apposta sull’opzione “Facebook” in una schermata di secondo livello alla quale l’utente accedeva, dal messaggio principale, tramite apposito link.
L’altro procedimento istruttorio è diretto ad accertare la vessatorietà di alcune clausole inserite nei “Termini di utilizzo” di WhatsApp Messenger riguardanti, in particolare, la facoltà di modifiche unilaterali del contratto da parte della società, il diritto di recesso stabilito unicamente per il Professionista, le esclusioni e le limitazioni di responsabilità a suo favore, le interruzioni ingiustificate del servizio, la scelta del Foro competente sulle controversie che, ad oggi, è stabilito esclusivamente presso Tribunali americani.
Stop dei Garanti Privacy Ue
Stop dei Garanti Privacy Ue alla condivisione anche a fini di marketing dei dati degli utenti di WhatsApp, con la casa madre Facebook. Il blocco, già chiesto a fine settembre, durerà il tempo ritenuto necessario per approfondire la questione e i risvolti legali della nuova policy sulla privacy annunicata da WhatsApp ad agosto.
E’ partita oggi la lettera ufficiale di Article 29 Working Group, che raccoglie i 28 Garanti europei per la protezione dei dati personali, alla piattaforma di instant messaging, che a fine agosto ha modificato le sue politiche sulla privacy, annunciando agli utenti la condivisione con Facebook dei loro dati, fra cui il numero di cellulare, informazioni sui profili personali, lo status online e quello dei messaggi. Il tutto, previo consenso degli utenti, utilizzabile a scopi pubblicitari e di marketing su Facebook da parte delle aziende.
Una mossa che contravviene i termini di utilizzo della piattaforma di instant messaging al momento dell’iscrizione e anche rispetto alle policy fissate al momento dell’acquisizione di WhatsApp da parte di Facebook nel 2014 per 19 miliardi di dollari. Ed è per questo che le authority sono “molto preoccupate” ed hanno aperto un’istruttoria per vederci chiaro, durante la quale non vogliono che i dati degli utenti vengano condivisi.
Nella lettera, i Garanti Ue chiedono a WhatsApp di comunicare al più presto al Working Group “ogni informazione rilevante” sollecitando l’azienda a “interrompere la condivisione dei dati degli utenti finché le necessarie protezioni legali possano essere assicurate”.
La Reuters fa sapere che una portavoce di WhatsApp ha detto che la società sta collaborando con le autorità per rispondere ai quesiti aperti. La società assicura che ci sono contatti in corso con i Garanti anche da prima dell’annuncio del cambio di policy e che resta l’impegno dell’azienda al rispetto di tutte le norme in materia.
All’inizio di settembre si era già mosso anche l’Antitrust europeo, guidato da Margrethe Vestager. L’Autorità di Bruxelles ha chiesto informazioni a Facebook, ricordando che il via libera della Commissione alla fusione era condizionato proprio al fatto che i dati non fossero uniti agli altri.
All’epoca sembrava comunque che la Commissione fosse intenzionata ad approfondire la questione privacy con un’indagine formale.
I Garanti europei hanno scritto inoltre una lettera anche a Yahoo! in seguito al recente furto di 500 milioni di account di posta elettronica e alla collaborazione del provider con l’intelligence Usa. Artcile 29 Working Group ha chiesto a Yahoo! di comunicare prontamente alle diverse autorità nazionali per la protezione dei dati personali i dettagli sulla breccia informatica che ha provocato la perdita massima dei dati degli utenti e di avvertire gli utenti in dettaglio sulle “conseguenze negative” derivanti e di collaborare con le autorità di polizia nell’inchiesta.