La Commissione europea ci riprova e, prendendo a pretesto il sanguinoso attentato terroristico alla rivista satirica francese Charlie Hebdo, potrebbe proporre nuove norme sulla conservazione dei dati telefonici che obbligherebbero gli operatori telefonici e i fornitori di servizi internet a raccogliere e conservare una vasta quantità di dati e informazioni personali e a garantire un maggiore accesso alle agenzie di sicurezza nazionali.
Se così fosse potrebbe trattarsi di un colpo di mano di Bruxelles, visto che lo scorso aprile, la Corte di Giustizia europea ha invalidato la Direttiva europea del 2005 sulla conservazione dei dati telefonici, ritenendola una grave ingerenza nella vita privata dei cittadini e spingendo la Commissione a elaborare ex-novo dele disposizioni volte a rafforzare – e non a indebolire – le tutele contro quella che i giudici hanno definito ‘una schedatura di massa, soprattutto alla luce delle gravi violazioni venute a galla con lo scoppio del Datagate.
La Corte Ue evidenziava, in particolare, la durata eccessiva della conservazione dei dati e la mancanza di tutele adeguate contro eventuali abusi, frutto di un testo che l’allora Commissario Viviane Reding aveva firmato, forse, troppo in fretta, sulla scia degli attentati terroristici di Londra e Madrid.
Una decisione che venne accolta con soddisfazione anche dalle telco, visto che l’obbligo di conservare i dati telefonici implica costi notevoli che non sono rimborsati e sono particolarmente onerosi soprattutto per gli operatori più piccoli.
Gli operatori telefonici, tra l’altro, sono tenuti a rispettare i termini della direttiva ePrivacy, che li obbliga ad assicurarsi che le conversazioni dei loro clienti restino private e non vengano ascoltate senza il loro consenso.
Con la minaccia terroristica che incombe di nuovo sull’Europa, il tema della data retention torna in auge con forza, pur con i dovuti distinguo e inviti alla cautela. Per il Commissario Ue agli Affari interni, Dimitris Avramopoulos ha ricordato, da un lato “Il ruolo fondamentale che i dati telefonici rivestono nella lotta al terrorismo e, dall’altro, l’importanza di adottare un approccio prudente e misurato”.
Non si tratta, comunque, di una decisione imminente: Avramopoulos lancerà una consultazione per comprendere entro quali confini muoversi.
In Italia, il tempo di conservazione dei dati è sceso da 4 a 2 nel maggio 2008, quando il nostro Paese decise di allinearsi alla direttiva 2006/24/CE (quella annullata dalla Corte di Giustizia). La direttiva è stata adottata in 26 paesi europei: solo Germania e Belgio non l’hanno recepita.
Va inoltre chiarito che la sentenza della Corte Ue non ha effetti sulle leggi nazionali – che restano valide – ma può esporre gli Stati al rischio di ricorsi.