Il Governo americano minacciò Yahoo! di una sanzione ‘monstre’ da 250 mila dollari al giorno se la società non avesse acconsentito a fornire l’accesso ai dati dei suoi utenti tra il 2007 e il 2008, nell’ambito del programma di spionaggio Prism.
Stando a quanto reso noto dal responsabile legale Ron Bell in un dossier di 1.500 pagine, la società si era rifiutata di concedere l’accesso ai dati, considerandolo sproporzionato e incostituzionale.
Per evitare di essere travolta nello scandalo scoppiato poi effettivamente in seguito alle rivelazioni di Edward Snowden, Yahoo! decise di portare il caso dinnanzi alla Foreign Intelligence Surveillance Court e alla Foreign Intelligence Surveillance Court of Review, che però ritennero legittime le richieste del governo.
Ironia della sorte, sono state proprio le due corti segrete a stabilire che il Dipartimento di Giustizia dovesse togliere i sigilli da un documento del 2008 che dimostrerebbe che la società si è battuta contro un ordine dello stesso tribunale che lo obbligava a rivelare i dati degli utenti.
“La consideriamo un’importante vittoria per la trasparenza e speriamo che questi documenti ci aiutino a promuovere una discussione informata sulla relazione tra privacy, giusto processo e raccolta delle informazioni”, ha scritto Bell in una nota.
Yahoo e le altre web company coinvolte nel Datagate hanno da subito smentito di aver partecipato consapevolmente al programma Prism, sottolineando poi che la fornitura di informazioni è avvenuta sempre nel rispetto di un’ordinanza del tribunale.
Google e Microsoft hanno chiesto alla Corte di togliere il vincolo di segretezza che proibisce loro di divulgare con esattezza l’entità delle richieste del Governo.