L’amministratore delegato di Apple Tim Cook si cosparge il capo di cenere e ammette che sulla data protection degli utenti le cose non funzionano e vanno regolate. In un’intervista concessa al sito specializzato Axios, sul tema caldo della privacy il numero uno della mela morsicata ha detto che “bisogna ammettere quando il libero mercato non funziona” e sulla privacy “non ha funzionato”, per questo un certo livello di regolazione è “inevitabile”.
E ancora, “credo che il Congresso e l’amministrazione ad un certo punto faranno qualcosa”.
Un’inversione a U in piena regola, quella di Tim Cook, che in passato si era invece schierato a favore di un’autoregolazione soft, da parte dei player della rete in tema di privacy. Ma visto il quadro negli Usa e soprattutto dopo l’avvento del GDPR in difesa dei cittadini e delle imprese europee, il numero uno di Apple ha cambiato registro. Nonostante la sua storica ritrosia nei confronti di interventi regolatori sul libero mercato, Cook ha di fatto cambiato posizione, auspicando un intervento normativo da parte delle autorità americane.
E dire che all’indomani dello scandalo Cambridge Analytica Cook aveva detto al sito Recode che “la miglior regolazione è la non regolazione o l’autoregolazione”.
Da qualche tempo però il riposizionamento di Cook, che ha iniziato a parlare apertamente dell’opportunità di nuove regole governative come di un aspetto importante nel dibattito in corso sulla privacy degli utenti. In un’altra intervista al sito Vice, Cook ha detto che “un certo livello di regolazione da parte del governo è importante”.
Nell’intervista a Axios il numero uno di Apple ha dato il benvenuto alla nuova regolazione sulla data protection in cantiere, precisando che è un errore disegnare privacy e business come elementi contrastanti e in conflitto.
Cook, infine, si è detto disponibile a collaborare con il Governo su questi temi, avendo incontrato il presidente Trump in diverse occasioni quest’anno.