Tanti hobby danno dipendenza – quasi tutti, in verità, se si hanno tempo e voglia sufficienti – ma pochi sono dispendiosi come l’audiofilia. Anche per chi non si vuole unire alle ricerche di vinili originali nei mercatini e diffusori vintage di marche astruse, la cosiddetta “musica liquida” – i file digitali, insomma – oggi offre diverse opzioni: basta un computer per bypassare gli ingombranti hi-fi di una volta, se coadiuvato da cuffie over-ear con prezzi da centinaia se non migliaia di euro, amplificatori e DAC con cartellini del prezzo che non si discostano molto da quelle cifre non proprio alla portata di tutti. Ci vuole davvero poco, insomma, per trasformare la ricerca dell’audio perfetto in un vero buco nero per le proprie finanze. E ora ci si sono messi pure i servizi di streaming che puntano tutto sulla qualità, a prezzi non proprio popolari.
Perché oggi è possibile lo streaming di alta qualità
Storicamente, la musica digitale è sempre stata guardata con sufficienza dagli inossidabili dell’analogico, anche perché i primi MP3 a 128 o addirittura 96 kbps avevano, è il caso di dirlo, una qualità di poco superiore a quella di un’audiocassetta con il mix per la compagna di scuola registrata direttamente dalla radio.
Col tempo e una tecnologia sempre più sofisticata le cose sono rapidamente cambiate, e ora servizi come Tidal e Qobuz sono in grado di offrire un’esperienza audio in grado di soddisfare anche i più esigenti. E il mondo dell’audio lossless, ovvero con la compressione dei dati dalla fonte eseguita senza perdita di alcuna parte dell’informazione originale.
Fino a pochi anni fa, lo streaming lossless – considerando che si tratta di file molto più “pesanti” rispetto a un normale mp3 di media qualità – non era praticabile, visto che il trasferimento dei dati su una comune ADSL avrebbe richiesto interminabili attese per costituire un buffer decente o, ancora peggio, interruzioni frequenti.
Ora, con i costi della fibra ottica che in Italia viaggiano sui 25 euro al mese per una velocità da 1 Gbit/s di download (per controllare tutte le offerte attualmente disponibili si può usare il comparatore di SosTariffe.it), lo scenario è ben diverso, e i servizi che si sfidano sul piano della qualità sono sempre di più, con un platea di potenziali clienti molto vasta.
Da Tidal a Qobuz
In principio c’era Tidal (o meglio TIDAL), un servizio di streaming musicale norvegese fondato nel 2015 che trasmetteva musica lossless nel suo formato più diffuso, il FLAC. Quello che probabilmente è il più grande rapper vivente, ma che è anche senza dubbio il più ricco, Jay-Z, ha acquistato per 56 milioni di dollari la casa madre di Tidal, la Aspiro, nel 2015, attraverso la sua società Project Panther Bidco Ltd. Di fatto l’ha ribaltata, puntando non solo sull’alta fedeltà ma anche sui contenuti esclusivi (oltre a royalties più alte per gli artisti, grazie a un abbonamento più costoso per l’utente).
Più avanti – anche se l’azienda è stata fondata nel 2007, ma ha trovato nuovi investitori solo nel 2015 – sono arrivati i francesi di Qobuz, la prima a offrire file lossless a 24-bit (per quanto riguarda i file FLAC di Tidal, questi di norma arrivano fino a 16-bit, ovvero qualità CD, ma quelli contrassegnati con la “M” di Master – circa 150.000 tracce in tutto – sono stati realizzati con il formato Master Quality Authenticated di Britannica; ovvero, 24 bit con una frequenza di campionamento di 96/192 KHz, ma un bitrate basso e quindi dimensioni minori, grazie alle eliminazione delle frequenze non udibili dall’orecchio umano).
Infine anche Deezer, dopo aver sperimentato Deezer Elite in esclusiva per i sistemi Sonos, ha lanciato Deezer Hi-Fi, sempre con audio a 16-bit. Proprio Deezer e Tidal stanno di fatto facendo di tutto per rendere indigesto lo sbarco oltreoceano a Qobuz, con la complicità di un’app che, almeno per Android, finora si è dimostrata piuttosto deludente.
Quali sono i piani di Spotify
Chi è che manca all’appello? Ovviamente il convitato di pietra è il servizio più famoso e diffuso del mondo, Spotify, che da due anni ha lanciato in beta e solo per alcuni utenti selezionati un servizio Hi-Fi che però non è ancora stato rilasciato ufficialmente. A detta di molti, la qualità della sua interfaccia, se abbinata a file audio migliore rispetto agli attuali a 320 Kbps, potrebbe significare la riconquista di chi è migrato (non pochi) verso Tidal, Qobuz o Deezer proprio per un ascolto di livello superiore. Anche perché se la differenza tra i vari formati lossless è talmente sottile da poter essere apprezzata soltanto da orecchi particolarmente fini, lo stesso non si può dire degli ampi margini di miglioramento per i file di Spotify, anche con un equipaggiamento non straordinario.
E poi c’è Apple Music, che teoricamente avrebbe la soluzione già in casa, visto che ha il suo codec lossless personale, l’ALAC. Ma chissà, forse ci sarà un annuncio di questo genere in tempo per l’evento di lunedì 25 marzo. Amazon Music? Ancora troppo poco maturo, sia come numero di tracce che come qualità. Tidal, intanto, ha appena lanciato una novità interessante: gli audio di qualità Master sono da pochi giorni disponibili anche su iPhone, malgrado in molti siano poco convinti sulla possibilità di usare uno smartphone come “base” per i propri ascolti da audiofilo.
Quanto si paga la musica di qualità
Di certo, l’audio di altissima qualità non costa poco. In genere, i “tier” HiFi – come accade con Tidal HiFi e Deezer HiFi – costano il doppio di quelli standard, il che in Italia si traduce in 19,99 euro al mese, al netto di tutte le possibili offerte di mesi gratis per la prova; i prezzi sono ovviamente più alti per gli abbonamenti familiari.
Qobuz ha una politica di prezzo ancora diversa; i tier qui sono tre (oltre ai consueti Premium, a 9,99 euro al mese, e Hi-Fi, a 19,99 euro al mese, per lo streaming in qualità CD, c’è Studio, a 24,99 euro al mese o 249,99 euro l’anno, con qualità FLAC 24-Bit fino a 192 KHz). Interessante anche l’offerta Sublime+, alla cifra non indifferente di 299,99 euro all’anno: oltre allo streaming Hi-Res, c’è anche il download a questa qualità a prezzi scontati. Prezzi non per tutti, insomma. Ma, come si diceva, una volta che si finisce nel tunnel dell’audiofilia è meglio tenere aperto il portafogli.
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