L’industria britannica della cybersecurity è cresciuta senza sosta negli ultimi due anni. Alla fine del 2019 sono state registrate 1.200 aziende attive in questo mercato e con sede nel Regno Unito, contro le 846 del 2017. La cyber sicurezza qui vale oggi 8,3 miliardi di sterline, con ricavi in aumento del +46% nel biennio.
La ricerca della Queen’s University Belfast ha stimato che solo nel 2019 gli investimenti diretti in questo ambito hanno raggiunto le 348 milioni di sterline, complessivamente 1,1 miliardi di sterline negli ultimi 4 anni.
Un trend estremamente positivo, che ora rischia di indebolirsi, o peggio di entrare in crisi, a causa della Brexit. Alla mezzanotte del 31 gennaio 2020, l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea è cosa fatta (tutto da fare invece a livello burocratico e regolatorio). Un passaggio epocale, che secondo gli studiosi potrebbe mettere in difficoltà il nascente mercato nazionale della cybersecurity.
Criticità mercato cybersecurity
I problemi sono diversi, ma tre sono le criticità in particolare preoccupano i ricercatori: la difficoltà di condividere informazioni transfrontaliere, la difficoltà delle aziende nel reclutare esperti, l’eventualità di restrizioni commerciali legate all’uscita anche dal mercato unico europeo che potrebbero ostacolare le misure per la crescita.
L’impatto della Brexit sul mondo del lavoro britannico potrebbe essere molto più forte di quanto si pensasse.
Molte persone qualificate saranno scoraggiate a cercar lavoro nel Regno Unito e gli apporti dei canali universitari per il reclutamento di specialisti della cybersecurity rimangono deboli se non insignificanti.
Uno studio del 2019 di RedSeal prospettava un ulteriore peggioramento della carenza di competenze in questo settore. Un giudizio condiviso dal 90% dei professionisti IT del Paese.
A livello internazionale, d’altronde, è stata già confermata una cronica carenza di competenze nel settore cybersecurity per un totale di 4 milioni di posti di lavoro lasciati vacanti. In Europa queste carenze sono aumentate del +100% nel biennio 2018-2019.
Il periodo di transizione
Il 31 gennaio 2020 ha sancito la fine di 47 anni di collaborazione e partecipazione convinta del Regno Unito all’Unione europea. Ora si apre una nuova fase, travagliata e tutta da vivere. La Gran Bretagna, infatti, solo formalmente è fuori dall’Unione. Dal 1° febbraio al 31 dicembre 2020 si avrà una fase di transizione, che prevede un possibile prolungamento di due anni, ma tutto deve essere deciso entro il 1° luglio di quest’anno.
Il cambiamento sarà repentino da un punto di vista politico, ma non amministrativo e commerciale. Durante il periodo di transizione il Regno Unito farà comunque parte del mercato unico e dell’Unione doganale, con libertà di circolazione per merci e persone.
Il vero problema per le imprese e i lavoratori in patria e nel resto d’Europa sarebbe un’uscita finale della Gran Bretagna dall’Unione senza accordo, cosa che produrrebbe effetti a lungo termine potenzialmente disastrosi proprio dal punto di vista commerciale e transfrontaliero per il mercato della cybersecurity (senza contare gli effetti politici sul concetto stesso di Gran Bretagna, con Scozia e Irlanda piuttosto indecise se rimanere con Londra o abbracciare Bruxelles).